Per salvare le donne dalla morte, anziché constatare, a cose fatte, che un uomo violento alla fine di un percorso di minacce e provocazioni le ha uccise, è necessario agire subito, agendo “dalle prime, apparentemente piccole, manifestazioni per prevenirne tempestivamente le conseguenze più gravi”.
È il primo 8 marzo di Marta Cartabia ministra della Giustizia. E le sue parole sulle donne vittime della violenza di un assassino fanno riflettere. Proprio per il timing che Cartabia propone, nel senso di cogliere e ascoltare tutti i segnali di tortura su una donna, in modo da agire prima che il fatto di sangue venga compiuto.
“La violenza contro le donne è espressione di una cultura di potere e di subordinazione che deve essere estirpata dalle radici” scrive Cartabia. Ladddove per “radici” bisogna intendere una strategia di ascolto dei primi segnali lanciati dalla potenziale vittima. Quelle, appunto, “apparentemente piccole manifestazioni” che poi sfociano in “conseguenze più gravi”. Basta pensare alle denunce, tante volte ignorate, oppure trattate in modo superficiale. O ancora agli errori strategici, come quello di mandare agli arresti domiciliari l’assassino, dopo appena due anni di carcere, com’è avvenuto per l’omicidio di Fortuna Bellisario a Mianella nel Napoletano.
Era ieri, poche ore prima che arrivi l’8 marzo, e mentre dal Viminale la ministra Luciana Lamorgese rende pubblico il dossier sull’aumento dei femminicidi, Marta Cartabia esprime la sua “sentita partecipazione alla sofferenza di tutte le donne che hanno subìto violenza, fisica e psichica, e a quella dei familiari di tutte le vittime che hanno perso la vita per atti di aggressione e che avvertono bruciante il bisogno di giustizia”.
In questo drammatico quadro, la Guardasigilli Cartabia annuncia che aderirà all’invito della ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti “per ricostituire gli organismi di governance previsti dall’ordinamento per il presidio delle politiche di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne”.
Fonte: repubblica.it
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