
di Leo Beneduci_
Otto mesi di condanna, attenuanti generiche, sospensione della pena e interdizione di un anno dai pubblici uffici, così si è concluso il primo grado di giudizio per il sottosegretario per la Giustizia con delega al personale delle carceri Andrea Delmastro, ritenuto colpevole di rivelazione di segreto d’ufficio sulla vicenda Cospito. “Spero ci sia un giudice a Berlino ma non mi dimetto”, ha dichiarato lui dopo la sentenza, mentre il Guardasigilli Nordio ha prontamente rinnovato “incondizionata fiducia” al suo “collaboratore più caro”.
Come OSAPP abbiamo espresso piena solidarietà al sottosegretario Andrea Delmastro, anche se a lui probabilmente non interessa né, a dire il vero, a noi interessa che a lui interessi o meno.
Del sottosegretario Delmastro come O.S.A.P.P. condividiamo quasi niente di quello che fa e che dice né condividiamo quello che, a nostro avviso di disastroso e grave, al Dap stanno facendo, spesso in suo nome e/o con la sua “benedizione”, ma riconosciamo, guai se così non fosse, il suo diritto alla presunzione d’innocenza fino all’ultimo grado di giudizio.
Tuttavia, non possiamo esimerci dal rilevare la contraddizione evidente e mai risolta in una Amministrazione penitenziaria centrale forte con i deboli e debole con i forti, che se al posto dell’esponente politico ci fosse stato un appartenente alla Polizia Penitenziaria, a quest’ora sarebbe già stato sospeso dal servizio, con stipendio dimezzato e carriera compromessa, ben prima di qualsiasi sentenza definitiva, anzi persino senza nessuna sentenza.
La situazione assume contorni ancora più paradossali se si considera che tra le sanzioni disciplinari che l’O.S.A.P.P. aveva chiesto proprio a Delmastro di abolire, oltre ad attuare un condono disciplinare nei confronti degli appartenenti al Corpo per le sanzioni meno gravi ed in ragione delle attuali gravissime condizioni delle carceri e del servizio, vi era quella relativa alla “frequenza di persone pregiudicate”.
Ironia della sorte, oggi è lo stesso sottosegretario che, seppur presunto innocente fino al terzo grado di giudizio, risulta tecnicamente “pre-giudicato” da una sentenza di condanna.
Perciò, non avrebbe pregio invocare la presunzione d’innocenza, poiché questo principio sembra applicarsi con geometrie variabili: vale per i sottosegretari & C. , ma non per i poliziotti penitenziari, sistematicamente sospesi in pendenza di procedimento disciplinare.
Come recitava un noto film, “…un gatto in tangenziale passa e non lascia traccia”, mentre in questo caso Delmastro sembra più come un felino che, anziché attraversare velocemente, si è fermato proprio nel bel mezzo della carreggiata giudiziaria, illuminato dai fari della giustizia e dalle polemiche politiche che seguiranno, che crediamo dureranno parecchio e nelle quali, temiamo, sarà nuovamente coinvolta ed ulteriormente affossata la Polizia Penitenziaria.
Di certo, come sindacato, non invochiamo dimissioni che, tra l’altro, non sarebbero di alcuna utilità pratica, ma auspichiamo almeno atti di “redenzione” efficaci e veri quali quello di rivedere le posizioni delle centinaia di poliziotti penitenziari sospesi senza titolo definitivo e con le carriere ferme da anni e di smembrare quel “gruppo di potere” a Largo Daga sempre più inadeguato nel gestire e risolvere le emergenze delle carceri quali che siano le invenzioni di volta in volta immaginate, dal GIO al “Grande Fratello Penitenziario”…
E, nel frattempo, nonostante l’articolo 5 – comma 3 – lettera e) del D.lgs 449/1992 (Sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria), che nessuno si permetta di procedere disciplinarmente nei confronti dei poliziotti penitenziari che si trovassero a colloquiare con il sottosegretario delegato, anche se in realtà sarebbe già accaduto.
Un abbraccio a tutti.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria