
di Leo Beneduci_ Per la Polizia Penitenziaria, il problema qual è? Noi disporremo, loro eseguiranno e all’organizzazione con i problemi conseguenti penseremo poi…come sempre. In tempi non sospetti la vice capo DAP, oggi ascesa al ruolo di f.f. (e domani chissà), in risposta alle mie forti perplessità per l’assai probabile (allora solo probabile, oggi imminente) predisposizione, ad invarianza di organico di formazione e di mezzi, dei locali e delle installazioni per l’esercizio della affettività in carcere da parte della popolazione detenuta, mi aveva chiesto di non preoccuparmi e di attendere i risultati del “gruppo di lavoro” appositamente nominato. Un anno alla fine è passato o forse più, ma alle promesse di progetti tanto miracolosi quanto risolutivi non è seguito alcunché, al pari di quanto avvenuto per il nuovo regolamento di servizio o per il miglioramento degli improbabili protocolli operativi e per tanto altro ancora. Sarà un destino immutabile e beffardo quello che mi ha condannato, ogni qual volta mi soffermo a parlare di problemi e di progetti possibili quanto necessari con qualche alto responsabile del Dap, ad essere preso, immancabilmente, in giro? Ma la questione non è se prendono in giro me, che dal punto di vista pratico-operativo conta poco e, comunque, me ne accorgo, quanto il fatto che prendono in giro la Polizia Penitenziaria che non lo merita e avrebbe ben altre esigenze e, forse, anche che prendono in giro loro stessi, auto-attribuendosi capacità e competenze che non hanno. È in tale “clima” che la sentenza n. 10/2024 della Consulta sull’affettività in carcere si sta trasformando nell’ennesimo fardello per il Corpo di Polizia Penitenziaria, grazie all’incredibile superficialità dei vertici del DAP. Mentre si discetta e si preannunciano alla stampa soluzioni mirabolanti, in alcuni istituti sono già partite iniziative isolate e scoordinate che però il personale delle sedi ancora ignora. Nessun documento chiaro da Largo Daga, nessuna informazione precisa, nessuna risorsa aggiuntiva: solo direttive vaghe scaricate sui poliziotti di trincea già stremati da turni massacranti e carenze d’organico. L’improvvisazione dei vertici è palese e disarmante: incapaci di tradurre il monito della Corte Costituzionale in procedure operative concrete, lasciare che sia il personale in prima linea a gestire le conseguenze è l’unica cosa che riescono a fare. I poliziotti di trincea si trovano così esposti a rischi professionali e legali in un contesto già esplosivo. Ancora una volta, l’incompetenza dirigenziale si paga sulla pelle della Polizia Penitenziaria. Mentre i burocrati teorizzano, in trincea devono risolvere problemi concreti senza strumenti adeguati. Un’altra dimostrazione che al DAP l’unica costante è quella di vivere alla giornata in danno di chi lavora sul campo. La politica imperante e che conta nel Dap nel frattempo che fa? Pensa ad altro, come ha sempre fatto, (popolo bue dei poliziotti penitenziari) ad esempio per accaparrarsi e sistemare propri fedeli dirigenti generali in posti e posizioni funzionali anche per le prossime elezioni. I rimescolamenti, inaspettati quanto repentini ed inutili avverranno presto e Noi ne dovremo parlare con altrettanta celerità. Per adesso lecchiamoci le ulteriore ferite e prepariamoci a combattere ancora. Uno speranzoso abbraccio a tutti.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP