Le indicazioni della Commissione sulla riforma: “Accesso a tutti i benefici anche per condannati per mafia e terrorismo che non collaborano”.
“Prevedere una pregiudizialità espressa per rendere inammissibile, per assenza di un presupposto di legge, la richiesta di accesso ai benefici da parte dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis dell’ordinamento penitenziario“.
E’ questa una delle varie proposte formulate dalla commissione parlamentare Antimafia nella relazione sull’articolo 4 bis (quello sul cosiddetto ‘ergastolo ostativo’) – la cui riforma ha avuto un primo via libera dalla Camera dei Deputati – e le conseguenze derivanti dall’ordinanza della Consulta di un anno fa.
Si tratta della seconda relazione, la prima approvata dalla Commissione nel maggio 2020, i cui relatori sono il senatore Pietro Grasso e la deputata Stefania Ascari, e anche questa è stata votata all’unanimità dai componenti dell’Antimafia.
Le indicazioni sono state in gran parte già recepite nel disegno di legge, all’esame in Senato, sollecitato dalla Corte Costituzionale che nel maggio 2021 aveva dato un anno di tempo alle Camere. Nel testo, i relatori – premettendo di “non dover valutare il ‘Testo unificato proposte di legge C. 1951 e abb.’, non ancora licenziato ed oggetto di proposte emendative, e non volendo in alcun modo sovrapporsi all’attività, peraltro in itinere, svolta dalla Commissione giustizia della Camera” – sono dell’idea che anche i detenuti per reati di mafia e terrorismo che non collaborano con la giustizia possono ottenere tutti i benefici.
Al contempo ritiene opportuna un’apposita previsione per rendere inammissibile la richiesta da parte dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis. In 58 pagine di documento, la Commissione illustra le sue valutazioni sulla scorta delle audizioni di uffici inquirenti, magistratura di sorveglianza, costituzionalisti, politici (i parlamentari avevano audito la ministra della Giustizia Marta Cartabia) e membri del Csm (come Sebastiano Ardita).
Otto sono i punti conclusivi, preceduti da analisi degli auditi nonché le indicazioni delle varie ordinanze di Tribunali di Sorveglianza e soprattutto delle numerose sentenze della Corte Costituzionale sul tema. In merito ai detenuti condannati per mafia, inclusi, come detto, anche quelli che non collaborano con lo Stato, l’Antimafia si auspica che la nuova legge, il cui disegno è ora in esame al Senato, apra, come detto, alla possibilità di accesso a “tutti i benefici” non solo per i permessi premio – oggetto di un primo intervento della Consulta nel 2019 – ma anche per lavoro all’esterno, semilibertà, affidamento in prova al servizio sociale e liberazione condizionale: “Se non fosse operato tale intervento, non potrebbe escludersi l’ipotesi di una illegittimità consequenziale da parte del giudice delle leggi”, si legge nella relazione. Secondo la Commissione, all’interno dell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario – che elenca i cosiddetti “reati ostativi” che precludono l’accesso ai benefici in assenza di collaborazione – vanno distinte due categorie, facendo rientrare nella prima, con un onere probatorio più stringente, la criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico-eversiva, e nella seconda tutte le altre fattispecie (ad esempio i vari reati contro la pubblica amministrazione).
Tra chi non collabora, si legge ancora, è necessario distinguere tra “silente per sua scelta” e “silente suo malgrado”: questo secondo caso rientra nell’ipotesi di collaborazione “impossibile o inesigibile” sottolineata dalla stessa Corte Costituzionale.
“Sarà compito, quindi, della magistratura tenere conto delle ragioni della mancata collaborazione al fine di verificare l’assenza di collegamenti attuali con il mondo criminale di appartenenza e il pericolo di ripristino”, scrive l’Antimafia. Sostenendo che la riforma non dovrebbe “avere alcun riflesso” sui detenuti al 41-bis, “regime che per sua natura richiede non solo la pericolosità sociale ma anche l’attualità dei collegamenti con il mondo criminale di appartenenza”.
Quindi, “si potrebbe prevedere (com’è stato fatto nella proposta approvata alla Camera, ndr) una pregiudizialità espressa per rendere inammissibile, per assenza di un presupposto di legge, la richiesta”: “Questi detenuti potranno accedere ai benefici, a partire dal permesso premio, solo dopo la revoca o la mancata proroga del provvedimento del ministro”. La deadline per le modifiche della norma è il 10 maggio, allo scadere dell’anno concesso dalla Consulta per ritoccare la normativa, il Parlamento ha qualche settimana di tempo per concluderla.
Fonte: antimafiaduemila.com