
di Leo Beneduci_ Non sono storie edificanti da libro “Cuore” eppure loro sorridenti e in posa, forse lo pensano, con lo sfondo di Parigi, Gjader o Città del Messico (dove le Ande non ci sono) – i vertici del nostro sistema penitenziario collezionano selfie in giro per il mondo mentre le carceri italiane esplodono. Il Sottosegretario Delmastro e i dirigenti del DAP hanno trasformato la gestione penitenziaria in tour vacanzieri etichettati quali “missioni istituzionali” che non producono nessun risultato concreto. La contraddizione più eclatante? Non riescono a stabilire un semplice collegamento TEAMS con il carcere di Avellino – al punto da dover precettare direttore e comandante ordinando loro di raggiungere Roma entro due ore – ma pretendono di implementare un sofisticato sistema di collegamento tra la Sala Situazioni del DAP e le sale regia di 190 istituti penitenziari. Il tour mondiale è iniziato in Francia, per “apprendere” tecniche antisommossa che hanno partorito GIO e GIR, gruppi che sottraggono personale prezioso agli istituti già in affanno. Poi l’Albania, dove un contingente intero presidia da mesi (in missione internazionale) un carcere fantasma e che potrebbe tranquillamente coprire un intero istituto italiano di terzo livello o garantire un turno completo in uno di primo livello superiore. Ora il Messico, per “esportare antimafia” mentre il Procuratore Nazionale Antimafia denuncia (in Italia..) che nelle nostre carceri i detenuti ordinano qualsiasi cosa con i telefoni cellulari che nessuno riesce a bloccare. Le fotografie istituzionali di questi viaggi sono tutte uguali e ad ogni giro si arricchiscono di “esperti”: sorrisi a 32 denti, strette di mano, pose composte davanti a bandiere e gonfaloni, ma dietro questi scatti non c’è nessuna sostanza, nessun protocollo operativo, nessun nuovo regolamento di servizio e nessuna soluzione concreta per i problemi che affogano il sistema. Messa in posa perfetta, messa in opera inesistente. Hanno tempo per volare da un continente all’altro ma non per visitare Avellino, dove la situazione è talmente fuori controllo che il presidio non è nemmeno garantito dal GIR territorialmente competente, ma da quello della Toscana! Chilometri di distanza, sprechi economici, inefficienza operativa – tutto questo mentre il vertice dipartimentale col curriculum impeccabile e le pubblicazioni evanescenti assicurava che “ad Avellino va tutto bene”.
La tecnologia funziona a intermittenza per i nostri globetrotter: impossibile collegarsi con un istituto italiano in emergenza, possibilissimo progettare futuristici sistemi di controllo da remoto che assorbiranno 1.100 unità di personale in turni da 2 ore h24. Il Sottosegretario che non riesce a parlare con i suoi dirigenti locali tramite un computer è lo stesso che promette rivoluzioni digitali per il sistema penitenziario mentre inaugura un carcere vuoto in Albania. Nei penitenziari italiani la droga circola liberamente, i detenuti si massacrano per controllare lo spaccio e il mercato dei cellulari, ma i nostri esperti viaggiatori hanno deciso che la priorità è dotare gli agenti di caschi e scudi, vietando però lo sfollagente perché il Capo Dipartimento f.f. l’ha classificato come “dispositivo di protezione” e non come strumento per l’adempimento del dovere previsto dal codice penale. La ciliegina sulla torta? Le “stanze dell’affettività”, altra brillante iniziativa che creerà un nuovo problema: i detenuti che faranno di tutto per raggiungere le sedi sperimentali, anche creando disordini fino a quando, per il principio di territorialità, non verranno trasferiti nella destinazione desiderata. Ogni selfie, ogni stretta di mano, ogni sorriso in camera è uno schiaffo agli agenti che ogni giorno entrano in servizio sapendo di rischiare la propria incolumità, è un insulto a chi non riesce a fruire dei riposi spettanti, a chi accumula straordinari che non verranno mai pagati, a chi vede sistematicamente ignorate le proprie segnalazioni. Ma per i nostri globetrotter tutto questo sembra non esistere – l’importante è accumulare timbri sul passaporto e foto da pubblicare sui social, mentre il sistema penitenziario italiano affonda sotto il peso dell’improvvisazione e dell’indifferenza di chi dovrebbe guidarlo.
Il paradosso più grande? Mentre esportano competenze che non hanno, importano problemi che non sanno risolvere. Mentre a Gjader presidiano celle vuote, ad Avellino le celle scoppiano. Mentre studiano tecniche antisommossa in Francia, i nostri agenti affrontano sommosse con i dispositivi di protezione ma senza gli strumenti adeguati. Le foto in Messico coronano il fallimento di un sistema che sembra ottenere risultati solo sui social o nella propaganda pre-elettorale ma non sicurezza nelle carceri.
Fraterni Saluti a tutti
Leo Beneduci – Segreteria Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP