
di Leo Beneduci_ In questi giorni circola un video che immortala il vice direttore generale del personale che coordina i passi di danza del direttore generale della formazione in un’armoniosa coreografia, esibita probabilmente durante i festeggiamenti dell’Annuale del Corpo. Intanto la formazione della Polizia Penitenziaria resta drammaticamente ferma al palo. Come ballerine di lap dance costrette a sorridere mentre dentro muoiono, i poliziotti penitenziari fingono di apprezzare corsi formativi vuoti e inutili, piegandosi alle esigenze di un sistema che li vuole solo esecutori senza competenze, ostaggio di ricatti disciplinari. Eppure le Regole Penitenziarie Europee sono chiare: il personale deve ricevere formazione specifica su gestione dei detenuti pericolosi, tecniche di contenimento, identificazione del traffico di generi vietati e oggetti proibiti (qualcuno ha mai visto in una scuola ketamina, fentanyl, contramal, spike?) e gestione delle dipendenze da sostanze. Ma queste disposizioni restano lettera morta nei corridoi del DAP, mentre il sottosegretario alla Giustizia si proclama orgoglioso di qualcosa che non funziona come dovrebbe
Chi è in trincea lo sa bene perché affronta quotidianamente emergenze sempre più complesse: detenuti violenti, spesso sotto effetto di sostanze, traffico interno di farmaci, droni che sorvolano le strutture e introducono stupefacenti. Ma la formazione è tutta GIO – GIR – GOM (prelevi l’esagitato e lo porti in un altro istituto magari con l’aereo militare – abbatti il drone e sequestri la sostanza). Ma la gestione del dopo? L’esagitato violento che arriva in un’altra struttura o il mercato interrotto e quindi le situazioni di debito-credito, chi le gestisce? La formazione e i protocolli sono improvvisati penosamente. Si interviene nell’emergenza (se si interviene; qualcuno ha visto il GIO ad Ariano Irpino o il GOM ad Avellino) ma poi la quotidianità, gli effetti della situazione critica sono sempre e solo nelle mani dei poliziotti di trincea. Poliziotti lasciati soli, esposti a rischi crescenti e a procedimenti disciplinari per situazioni che non sono stati addestrati a gestire. Mentre nella sala (circolo ufficiali tanto per creare divisioni come un tempo nelle mense degli agenti di custodia c’era la saletta sottufficiali) il pubblico prescelto applaude entusiasta, nelle trincee delle carceri italiane gli agenti improvvisano soluzioni, privi degli strumenti conoscitivi necessari. La competente direzione generale sembra aver dimenticato che la sicurezza degli istituti e l’incolumità del personale dipendono in modo cruciale da programmi formativi concreti e non da eleganti performance di valzer. È ora di smettere di ballare e iniziare a lavorare seriamente sulla formazione del personale, perché la realtà penitenziaria non ha nulla a che vedere con i balli festosi.
Un abbraccio come mille abbracci.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP