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Botte in carcere: ASSOLTI i 9 agenti di Polizia Penitenziaria. La Corte contro il detenuto: «Riconoscimenti inattendibili»

Reggio Emilia, in Appello i giudici ritengono non credibile il detenuto picchiato: «Non si è mai interessato al procedimento».

Violenze in carcere, detenuti picchiati dalla polizia penitenziaria.

Un argomento al centro della recente cronaca nazionale (per quanto sarebbe avvenuto in una struttura detentiva campana nel 2020, in piena pandemia) su cui ora piomba una sentenza – in Appello a Bologna – di tutt’altro indirizzo che assolve i nove Agenti di Reggio Emilia finiti sotto processo per una vicenda del 2012, con al centro un giovane ladruncolo georgiano (Guram Shatirishvili, ora 27enne) arrestato e già condannato per concorso nel tentato omicidio di un poliziotto nelle cantine di un complesso residenziale di via Mantegna.

I PUNTI-CHIAVE. Decisione di secondo grado che conferma l’assoluzione di primo grado «per non aver commesso il fatto» nei confronti degli agenti Andrea AmbrogiVincenzo CoccoliMarco LettieriAndrea Affinito,Roger FarinaroPasquale ZorobbiCarmine NoceraDomenico Gasparro e Claudio Pingiori. E il collegio giudicante di Bologna – presieduto da Alberto Pederiali – nelle motivazioni della sentenza mette in rilievo i punti-chiave di questa vicenda. I giudici ritengono il georgiano «del tutto credibile quando narrava dei pestaggi subiti, oltre che presso la questura, anche in carcere, emersi solo casualmente e confermati con estrema difficoltà dovuta alla paura di ritorsioni». L’allusione è al fatto che le botte emersero solamente in un colloquio intercettato in carcere fra Shatirishvili e la madre, facendo scoprire lesioni (frattura alla settima e ottava costola sinistra) giudicate guaribili in 40 giorni. E per gli inquirenti quel pestaggio ha come movente la ritorsione contro chi aveva messo in pericolo la vita di un poliziotto in quelle cantine condominiali. Ma parallelamente la Corte ha ritenuto il georgiano inattendibile nell’identificazione degli aggressori.

LE FOTOGRAFIE. «Occorrerebbe accertare – scrivono i giudici d’appello – se al momento dei pestaggi la parte lesa fosse effettivamente in grado di riconoscerne gli autori e sulla base di quali elementi essi siano stati dalla predetta individuati, tanto più necessaria in quanto il riconoscimento era meramente fotografico e per di più eseguito su fotografie non nitide e di piccole dimensioni». Ma un nuovo riconoscimento non è stato possibile – rimarcano i magistrati giudicanti – per la condotta processuale di Shatirishvili che viene censurata: «Costui faceva ritorno nel Paese d’origine manifestando un sostanziale disinteresse per l’esito del procedimento, atteggiamento che induce a ritenere che lo stesso – scrivono i giudici – anche se citato avanti all’autorità locale, non sia animato da alcun intento di contribuire all’accertamento dei fatti, peraltro reso assai difficoltoso dal lungo lasso di tempo trascorso».

LA RINUNCIA. In questo contesto si colloca anche la rinuncia, in Appello, della costituzione di parte civile da parte di Shatirishvili. Pur non rinunciando al processo di secondo grado, il sostituto pg Nicola Proto ha chiesto, in requisitoria, l’assoluzione per i nove agenti penitenziari. Stessa richiesta fatta, durante le arringhe, dagli avvocati difensori Federico De Belvis (tutela Ambrogi, Coccoli, Lettieri e Affinito), Liborio Cataliotti (assiste Nocera e Pingiori) e Donata Cappelluto (difende Farinaro, Zorobbi e Gasparro). Assoluzione che verrà confermata dalla prima sezione penale della Corte d’appello di Bologna a nove anni di distanza dai fatti.

 

 

 

Fonte: gazzettadireggio.gelocal.it

 

Redazione OSAPPoggi

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