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Carcere, a Catania e Palermo vaccinazione al via

Si inizia con il personale penitenziario,  subito dopo le persone detenute, che nell’isola sono seimila. Intervista al Garante regionale Fiandaca: “Si procederà in ordine anagrafico, dando la giusta priorità a coloro che soffrono di patologie”.

E’ già in atto la campagna vaccinale contro Covid per il personale carcerario delle carceri di Catania e Palermo. Non appena si completerà quella del personale nelle sue varie mansioni (polizia, amministrativo, educativo) si passerà alle persone detenute. A confermarlo è il garante regionale dei diritti dei detenuti Giovanni Fiandaca che è in contatto continuo con le direzioni degli istituti di pena.

Il governo nazionale ha ritenuto importante procedere alla vaccinazione dei detenuti.
Sì, è di notevole importanza e nello stesso tempo confortante che, dopo una mobilitazione nazionale a cui ho partecipato pure io, si sia arrivati alla decisione di vaccinare tutta la popolazione carceraria. Chiaramente,  risulta più semplice la vaccinazione del personale carcerario perché può essere vaccinato nelle stesse strutture dei cittadini. Diversamente, la vaccinazione dei detenuti, richiederà un particolare e specifico assetto organizzativo tale da garantire l’accesso dei medici dentro le carceri.

Come è organizzata la situazione delle carceri siciliane?
Abbiamo 23 istituti di pena, alcuni anche piccoli, con una presenza complessiva di circa seimila persone detenute. Le carceri più grandi sono a Catania e a Palermo che ha il carcere Antonio Lorusso Pagliarelli che è il secondo istituto di pena più grande d’Italia.  La maggior della popolazione detenuta non è anziana. Per la vaccinazione  si procederà prima in ordine anagrafico e, dando nello stesso tempo, la giusta priorità a coloro che soffrono di patologie come diabete, malattie cardiache, vascolari, respiratorie, ipertensione e obesità.

Come si è cercato finora di affrontare la pandemia e quanti casi ci sono stati?
Sicuramente abbiamo avuto dei momenti difficili anche in Sicilia ma, fortunatamente fino a questo momento, non sono stati determinati da grandi numeri ma da una piccola presenza che è stata prontamente arginata. Il numero di positivi detenuti in Italia ha oscillato tra 800 e mille. In Sicilia, secondo gli ultimi dati aggiornati dal provveditorato dello scorso 22 febbraio, i detenuti positivi erano una ventina. Nella maggior parte dei casi si è trattato di asintomatici o con sintomatologie lievi. Nel personale tra polizia, educatori e altre categorie ci sono stati circa 45 casi che adesso però sono scesi a 10. C’è stato un picco di qualche tempo fa al carcere Pagliarelli con 58 casi di detenuti che però sono stati poi subito contenuti. Nei giorni scorsi la direzione del carcere mi ha informato che la gran parte delle persone si sono negativizzate, facendo scendere il numero a 7 casi. Certamente, la prudenza e la cautela è d’obbligo perché il rischio c’è sempre. E’ stato finora, anche da parte delle direzioni,  tutto gestito discretamente bene perché, finora,  non si è arrivati a situazioni drammaticamente preoccupanti.

I colloqui con i familiari risultati ancora sospesi in presenza?
Purtroppo, in questo momento si avverte un certo disagio come è normale che sia perché per riattivare i colloqui in presenza bisognerà ancora aspettare e nessuno è in grado di potere dare per adesso delle date. In buona parte però, pur con le limitazioni dovute a livello di ricezione, che richiederebbe lavori di potenziamento di tipo tecnologico piuttosto complicati che per ora non si possono fare, le video-chiamate si riescono lo stesso a svolgere. Per queste, però è sempre necessario l’impiego di un certo numero di agenti penitenziari che non sempre è possibile.

Un altro nodo da sciogliere è quello relativo al blocco dell’accesso delle associazioni di volontariato.
Sì, anche questo per adesso è fermo. Solo alcune associazioni come l’Asvope, pur non potendo essere presenti direttamente, hanno cercato lo stesso di impegnarsi, per raccogliere il vestiario e beni di prima necessità per farlo arrivare ugualmente alle persone detenute. Se pensiamo a quante attività venivano svolte dentro le carceri, è evidente immaginare le conseguenze della loro sospensione.

 

 

Fonte: difesapopolo.it

Redazione OSAPPoggi

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