Un trillo di notifica soffuso, ma sufficiente a far scattare l’allarme. Perché non è stato sentito nel silenzio del cinema o di una chiesa, ma in un reparto del carcere al alta sicurezza di Opera dove, in teoria, i telefoni nelle celle non dovrebbero proprio entrarci. Eppure era un trillo quello che un agente di polizia penitenziaria era sicuro di aver sentito, una sera mentre passava vicino alle stanze. Da lì è scattata l’indagine interna e poi la perquisizione in una delle celle. E un po’ a sorpresa, alla fine, mimetizzato alla grande su un pensile del bagno tra barattoli di generi alimentari, è spuntato fuori l’aggeggio: un micro-cellulare dotato di minuscolo cavo di ricarica.
È successo lo scorso novembre e ora in Procura hanno chiuso le indagini nei confronti del detenuto che ha ammesso di essere proprietario del gioiellino telefonico. Sarà processato per il reato specifico introdotto da poco, (prima era solo un illecito disciplinare per il carcere)e che ora prevede da 1 a 4 anni per chi “introduce o detiene telefoni cellulari o dispositivi mobili di comunicazione all’interno di un istituto penitenziario”.
C’è da dire che, una volta scoperto, il proprietario del micro telefono, un italiano 38enne, si è subito assunto la responsabilità dei fatti per evitare che anche i compagni di cella dovessero risponderne. “Complimenti a tutti voi, devo riconoscervi che siete stati bravi”, ha detto sportivamente il giovane (stando agli atti) rivolto ai poliziotti che avevano perquisito la stanza. “D’altronde – ha aggiunto – stiamo a Opera! Sono stato io un coglione a non buttarlo via”.
Fra l’altro, mentre gli inquirenti sospettavano che il cellulare potesse essere stato usato per traffici illeciti tra dentro e fuori il carcere, l’analisi della scheda telefonica ha fatto emergere che il 38enne lo utilizzava solo per parlare con i propri familiari (in un periodo nel quale, del resto, il virus non ha certo facilitato i colloqui di persona). E che poi, nei sei mesi di utilizzo, aveva messo il cellulare a disposizione anche di altri detenuti, visto che sono risultate chiamate a mezzo mondo, dall’Albania alla Romania, dall’Egitto all’India.
Fonte: ilgiorno.it