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Carcere più umano? Bastava pagare: 7 arresti a Busto per corruzione

Busto Arsizio (Varese)

Tremila euro. A tanto ammontava la mazzetta che alcuni detenuti del carcere di Busto Arsizio avrebbero pagato per ottenere un permesso premio. Il “boss” del sistema tangentizio, piglio beffardo di chi è convinto di non poter essere scoperto e contatti con ricettatori in cerca di armi da guerra, sarebbe Dino Lo Presti, assistente capo della polizia penitenziaria nella casa circondariale di via Cassano Magnago, fino a qualche tempo fa impiegato nell’area trattamentale.

L’ufficiale è stato arrestato ieri insieme ad altre sei persone dalla Guardia di Finanza di Varese. A quanto emerso dalle indagini coordinate dalla procuratore capo Giuseppe D’Amico, in cambio di denaro o regalie, Lo Presti avrebbe aiutato i detenuti pronti a pagare la decima a ottenere relazioni mendaci. In questo modo sarebbero stati loro garantiti permessi premio o lavori all’interno e all’esterno del carcere. “Non arriveranno mai a me, non sono io che firmo i permessi”, dice Lo Presti in un’intercettazione telefonica, riferendosi alla sua capacità di persuasione rispetto a chi doveva compilare le relazioni. Il sistema, a quanto emerge dagli accertamenti, era stato architettato con grande cura. Avendo accesso alle situazioni patrimoniali dei carcerati, l’assistente capo avrebbe puntato i detenuti più facoltosi, avvicinando i loro familiari fuori dal carcere per esporre la proposta corruttiva, in modo da non attirare l’attenzione dei colleghi, dei vertici del carcere o di altri detenuti. Una volta stretto l’accordo partiva la richiesta. Denaro o beni concreti, ad esempio elettrodomestici, in primis una lavatrice nuova. Con Lo Presti sono stati arrestati anche marito e moglie (lui in carcere, lei ai domiciliari), amministratori della cooperativa “La mia voce ovunque” di Busto Arsizio, attiva nella fornitura di servizi di facchinaggio, sgombero e piccoli lavori di manutenzione fra giardini e case private. I due, secondo gli inquirenti, promettendo denaro al funzionario, avrebbero “ricevuto” i detenuti da impiegare nei loro appalti. Arrestati anche i tre detenuti presunti corruttori. A far partire le indagini è stata una segnalazione da parte degli agenti della polizia penitenziaria in servizio a Busto Arsizio che, insospettiti dalla presenza di cellulari in alcune celle, hanno manifestato i loro dubbi in Procura, facendo partire il lavoro delle Fiamme gialle.

C’è un settimo arrestato (ai domiciliari), per un secondo filone emerso dalle intercettazioni, un albanese dal pedigree criminale. Lo Presti è stato ascoltato dagli inquirenti mentre parlava al telefono con lo straniero, presunto componente di una banda dedita a furto e ricettazione. Gli avrebbe promesso aiuto per recuperare una mitraglietta da guerra. “Ho una Uzi, ma manca un pezzo”, dice l’albanese. “Non ti preoccupare, te lo trovo io”, lo assicura l’assistente capo, al quale sono stati sequestrati 30mila euro, ritenuti guadagno della presunta attività illecita.

Tutti gli indagati si dichiarano innocenti e pronti a rispondere alle accuse loro rivolte in sede di interrogatorio.

 

 

Fonte: ilgiorno.it

Redazione OSAPPoggi

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