Deriso, offeso, picchiato, bullizzato e perfino abusato sessualmente.
L’orrore si è consumato nel carcere della Dogaia di Prato dove a farne le spese è stato un detenuto, un giovane italiano in carcere per furto, che è stato preso di mira dai suoi compagni di cella, altri due italiani. Gli episodi, che sono durati in tutto una settimana, risalgono a qualche mese fa e si sono interrotti quando il giovane pratese, assistito da Olivia Nati, è uscito dal carcere e ha denunciato l’incubo vissuto in quei terribili sette giorni.
La procura ha aperto subito un fascicolo contestando il nuovo reato di tortura oltre alla violenza sessuale di gruppo. Sul registro degli indagati sono finiti i due detenuti che adesso sono stati trasferiti in un altro carcere per precauzione. La scorsa settimana si è tenuto l’incidente probatorio della vittima per ricostruire quelle ore passate in cella durante le quali l’uomo è diventato il bersaglio delle prevaricazioni dei suoi due aguzzini.
L’incidente probatorio è stato chiesto dal pm Valentina Cosci per cristallizzare il racconto del giovane, un tossicodipendente che era finito in carcere per un furto commesso ai danni di un familiare. In realtà, l’uomo è stato solo una settimana in cella in quanto un’aggravante che ha pesato sulla condanna a un anno e quattro mesi per furto ha fatto sì che prima di poter usufruire della pena sostituiva (l’affidamento in prova) l’uomo sia stato costretto a entrare per una settimana alla Dogaia.
Sette giorni che gli sono stati fatali. Secondo quanto riferito dal detenuto, i due compagni di cella lo avrebbero prima preso a male parole e in diverse occasioni lo avrebbero anche picchiato in modo feroce. Secondo quanto riferito, c’è stato un episodio molto violento nel quale i due hanno messo sulla testa della vittima una pentola bollente. E poi sono cominciate le violenze sessuali dei due contro l’uomo. Il tutto è stato accompagnato da minacce e offese, parolacce tanto da infondere nell’uomo un senso di paura e soggezione nei confronti dei sue aguzzini. Nessuno si è accorto di nulla e la vittima non ha avuto il coraggio di denunciare quello che accadeva dentro quella cella della Dogaia.
Fonte: lanazione.it