Una storia di omissioni, falsi ma soprattutto di violenza avvenuta nel carcere femminile di Rebibbia. I fatti risalgono allo scorso luglio e ora per due agenti penitenziari, una sovrintendente e un assistente capo coordinatore in servizio nell’istituto, è arrivata la sospensione dalle funzioni per un anno. Per i due, dopo le indagini della procura di Roma, l’accusa è di concorso in falso ideologico e di abuso di autorità contro arrestati o detenuti.
La misura cautelare interdittiva è stata disposta dal gip di Roma: i due come documentato anche dal sistema delle telecamere per la sorveglianza interna, hanno fatto uso della forza nei confronti di una detenuta, attestando in maniera falsa quanto avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 luglio scorso, riportando nella successiva relazione di servizio fatti risultati non veritieri, come l’aggressione della detenuta nei confronti della poliziotta in realtà mai avvenuta, e omettendone altri.
“Non risulta che la detenuta stesse tenendo un comportamento aggressivo che abbia reso necessario l’intervento di un agente di sesso maschile, né dai filmati risultano situazioni che rendessero necessario l’uso della forza per lo spostamento della detenuta, come sostenuto dagli indagati nell’interrogatorio” si legge nell’ordinanza. La detenuta, come scrive il gip Mara Mattioli, è stata “trascinata di peso a terra con la forza in un’altra cella” dove tra l’altro non era in funzione la telecamera. “Il trascinamento di peso della detenuta, nuda e sull’acqua fredda, non è stato posto in essere per salvaguardare l’incolumità della stessa (avendo la detenuta già da un po’ cessato le intemperanze) apparendo invece chiaramente motivato da stizza e rabbia per i danni causati dalla donna” si legge ancora.
La detenuta, secondo quanto ricostruito, aveva danneggiato un termosifone in seguito al diniego di una sigaretta. “Nella relazione di servizio risulta omesso quanto accaduto” sottolinea però il gip: l’agente di sesso maschile, alla presenza di altre 5 agenti donne, “entra nella stanza n.3 e ne esce tenendo ferma la nuca della detenuta che in quel momento appare collaborativa ed è completamente nuda, la accompagna all’interno della stanza n.1 resa nuovamente agibile. Circostanza questa che doverosamente doveva essere riportata nell’atto trattandosi di un eccezionale intervento di personale di sesso maschile non autorizzato, peraltro su detenuta completamente nuda e che, come si vede dai filmati, mostra particolare soggezione e tenta di coprire le parti intime”.
“Inoltre la telecamera esterna alle ore 2.01 del 22/7/2020 riprende nuovamente l’agente entrare nella stanza n.1 ove è rimasta la detenuta ed uscirne circa 24 secondi dopo. Di questo accesso non vi è traccia nei verbali né – dai filmati – si capisce sulla base di quale necessità un agente di sesso maschile sia intervenuto da solo presso la cella della detenuta (peraltro ancora completamente nuda)”. Su questo, la detenuta ha riferito che l’agente della penitenziaria le “avrebbe intimato il silenzio su quanto avvenuto, consegnandole una sigaretta e minacciandola che qualora avesse parlato le violenze si sarebbero ripetute”.
Tutti gli elementi in mano agli inquirenti, dichiarazioni degli indagati, della detenuta e i video di sorveglianza, per il gip “appaiono indicativi circa il fatto che gli indagati abbiano agito concordemente per il medesimo fine, ossia per coprire gli abusi compiuti quella notte attraverso l’intervento del tutto ingiustificato dell’agente sulla detenuta”.
Fonte: romatoday.it