Trasferito nel carcere di Corigliano Rossano, l’ex attivista del Pac non ha fatto altro che collezionare punizioni a causa del suo comportamento.
Piagnistei, lettere di lamentela, scioperi della fame: da quando Cesare Battisti è tornato in Italia per scontare la propria pena in carcere non ha fatto altro che comportarsi da vittima, eppure l’atteggiamento tenuto all’interno dei penitenziari la dice lunga sulla sua reale natura.
A settembre, l’ex membro dei Pac aveva scritto un’accorata missiva al Garante nazionale dei detenuti per esprimere le sue preoccupazioni in merito alla presenza di alcuni terroristi islamici all’interno del penitenziario di Corigliano Rossano (Cosenza) nel quale era stato da poco trasferito. I jihadisti, scriveva Battisti, un tempo lo avevano minacciato e per tale ragione aveva paura dei detenuti affiliati all’Isis. Eppure, a distanza di poche settimane, l’ex terrorista non ha subito alcun attacco, anzi. Il suo discutibile atteggiamento all’interno del carcere e la sua irriverenza nei confronti dei rappresentanti delle forze dell’ordine lo hanno piuttosto portato a ricevere ben 37 giorni di punizione, accumulati in pochissimo tempo.
Secondo quanto appreso da “La Verità ”, 24 ore dopo il suo trasferimento nel carcere di Rossano, il 65enne si è scagliato verbalmente contro un ispettore della polizia penitenziaria, cosa che gli è valsa 15 giorni di esclusione dalle attività comuni. Successivamente, il 25 settembre scorso, l’ex attivista del Pac (Proletari Armati per il Comunismo) si è rifiutato di lasciare i locali adibiti a quarantena anti-Coronavirus per i detenuti. I poliziotti si sono visti costretti a portarlo via con la forza, motivo per cui il carcerato ha ottenuto altri 15 giorni di punizione. Non pago, il giorno successivo (26 settembre), Battisti ha chiesto ed ottenuto il permesso di fare una telefonata al fratello, ma è stato poi sorpreso mentre parlava con una donna: per lui, altri 7 giorni di punizione. Altro che buona condotta.
Ormai tutti hanno compreso la sua vera natura, anche l’ex presidente brasialiano Luiz Inacio “Lula” Da Silva si è pentito di aver dato asilo nel proprio paese a Battisti, condannato all’ergastolo per ben 4 omicidi.“Quando è stato arrestato e ha confessato, ho sentito una grande frustazione”, ha raccontato Lula nel corso di un’intervista concessa a “Tv Democracia”. “Abbiamo fatto questo errore e dobbiamo delle scuse. Non ho alcun dubbio”.
Dal canto suo, il 65enne non ha mai smesso di recitare la parte della vittima. Dopo aver improvvisamente confessato i propri crimini ed aver chiesto scusa (forse nella speranza di ottenere un qualche beneficio), ha cominciato a protestare per la sua situazione all’interno del carcere di Oristano, arrivando addirittura a presentare una denuncia tramite il proprio legale per abuso d’ufficio contro il regime di isolamento a cui era stato sottoposto ed a dichiararsi “prigioniero politico”. Dopo essersi lamentato per il cibo servitogli all’interno del penitenziario ed aver espresso i propri timori di contrarre il Covid-19, alla fine, dopo anche uno sciopero della fame, Battisti ha ottenuto il trasferimento nel carcere calabrese, ma pure in questo caso ha avuto da ridire, definendo il penitenziario come la“Guantà namo italiana”. Dopo aver denunciato di essere vittima di“una feroce censura”, il 65enne ha aggiunto di stare subendo una vera e propria persecuzione che ha il chiaro intento di“impedirmi di interagire con le istanze esterne, culturali e mediatiche, grazie alle quali starei guadagnando consensi democratici e garantisti, di fronte alla vendetta dello Stato”.
“Anche se dovessero ridurmi al silenzio”, ha drammaticamente affermato l’ex terrorista, come riportato da “La Verità ”, “i compagni e gli amici qui e altrove sapranno adoprarsi come hanno sempre fatto”.
Fonte: ilgiornale.it