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CARCERE TRAPANI – Droga in carcere ordinata da detenuto con cellulare e spedita per posta: “Arrivò la pasta!”

I retroscena dell’inchiesta che ha portato a 8 arresti anche per una serie di furti nei supermercati. Un carcerato avrebbe utilizzato un micro-telefonino dalla sua cella e uno degli indagati gli avrebbe inviato l’hashish all’interno di alcune lettere: “Spruzzaci il profumo, si sente u ciavuru”.

“Arrivò la pasta, a posto quel discorso, ci siamo divertiti!”, è così che avrebbe commentato un detenuto palermitano recluso nel carcere di Trapani quando avrebbe ricevuto una lettera molto speciale, perché all’interno, secondo la Procura, ci sarebbe stato dell’hashish. L’uomo dalla sua cella, in base alla ricostruzione dei carabinieri, sarebbe riuscito a comunicare con l’esterno grazie a un microcellulare e questo gli avrebbe consentito anche di fare altre ordinazioni, invitando il mittente a “spruzzare il profumo” per tentare di nascondere l’odore del “fumo”. E’ uno dei retroscena dell’inchiesta che ieri ha portato ad 8 arresti, in relazione ad una serie di furti nei supermercati e proprio allo smercio di droga.

“Fallo con la Posta Uno così arriva subito”

La vicenda della lettera viene ricostruita nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Giuliano Castiglia e risalirebbe a giugno del 2019, quando sono state captate dagli investigatori una serie di telefonate tra il carcerato, soprannominato “il leone”, e uno degli arrestati, Salvatore Dragotta, che avrebbe spedito la droga. Il 12 maggio il primo raccomandava all’altro: “Fallo con la Posta Uno, Totò… Domani, allora li fai domani? Io già mercoledì… Guarda, falle anche con la Posta Uno, così io già martedì, mercoledì, io le ho qua”. E Dragotta rassicurava: “Domani te li imbuco, domani te li dovrei imbucare… Già domani te la mando, tranquillo quelle cose, come se fossero fatte”.

“Mandala a nome di questo picciotto”

Dragotta chiedeva anche: “Per ora dove sei? Nel bagno?” e il detenuto rispondeva: “No, no… nella cella, con un palermitano, uno della Roccella” e tornava sulla lettera, che non avrebbe dovuto essere spedita direttamente a lui: “Mandala a nome di questo picciotto di qua, nome e cognome, hai capito?”.

“Arrivò la pasta, ci siamo divertiti!”

Circa due settimane dopo, il 28 maggio 2019 “una conversazione telefonica – scrive il gip – confermava che la spedizione era andata a buon fine”: “Arrivò la pasta, niè, a posto quel discorso… eh, ci siamo divertiti!”. Ma dalle conversazioni emergerebbe anche “la predisposizione e l’imminente effettuazione di un’altra analoga spedizione”: “Fanne qualche 3, 4, Totò… Te li fai oggi, così se domani già me li buca mio fratello a me venerdì con la posta”, diceva infatti il detenuto a Dragotta, che replicava: “Eh ma mancano… mancano tutte cose”, ma l’altro insisteva: “Totò, tu più presto lo puoi fare, meglio è! Va bene?”.

“Spruzzaci un po’ di profumo”

Il carcerato avrebbe poi dato ordini precisi per il confezionamento della lettera, affinché non desse nell’occhio: “Ma non lo puoi fare di farli tutti pari, così non si vedono i vuozzi? Perché l’altra volta… Li devi fare tu pari pari… spruzzaci pure un poco di profumo, hai capito?” e Dragotta: “Tranquillo, a posto… Perché faceva ciauru, vero?”. Il detenuto dava poi le indicazioni sul destinatario da indicare: “Prenditi carta e penna che ti do un nome e un cognome, guarda come si chiama…”.

“Per domani devono partire!”

Il primo giugno, Dragotta rassicurava il destinatario in cella: “Vedi che quelle cose… lunedì te li buco, già le ho pronte… lo vedi, c’è piazza morta… due sono… se riesco a farne qualcuna superchio, tu sai che sono due”, l’altro ribadiva: “Falli pari pari, il profumo non ti dimenticare!”. Tuttavia ci sarebbero stati dei ritardi e il detenuto si lamentava: “Mi aveva detto due in più, due birre in più”. Il giorno dopo chiamava nuovamente Dragotta e ordinava perentorio: “Per domani devono partire!” e l’indagato rispondeva: “Già li ho pronti, parola mia d’onore, domani mattina mia sorella li va a bucare… Io mi spavento solo se, per esempio, se dovessero bloccare la cosa… perché un poco, purtroppo, quanto stretto lo puoi fare, si vede sempre… però è fatta sistemata”. E le preoccupazioni sarebbero state fondate perché il 5 giugno la polizia penitenziaria aveva effettivamente intercettato la lettera con all’interno 6,15 grammi di hashish e l’aveva sequestrata.

Il furto della cassaforte con 40 mila euro

Agli indagati sono contestati anche una serie di furti sostanziosi in alcuni supermercati, come quello avvenuto il 9 febbraio 2019, quando dal “Paghi Poco” di via Amedeo d’Aosta era stata portata via la cassaforte con 40 mila euro. Un fatto che, come ricostruiscono i carabinieri, verrebbe ammesso dagli indagati in diverse intercettazioni.

“U Paghi Poco l’abbiamo fatto io, Totò e altri due picciotti”

Il 2 maggio 2019 Giuseppe Ferruggia parla con Filippo Raccuglia e gli dice: “Lui non se lo deve scordare quando eravamo senza picciuli che scendevamo insieme pure per annagghiare la carta di 100 euro, all’inizio… Lui non se lo deve scordare che lui (Salvatotre Ferrantendr) fuori e mi ha chiuso a me lì dentro ed io gli ho uscito la cassaforte” e l’altro chiede: “Tu solo? Il primo lavoro tutti e due ve lo siete fatti?” e Ferruggia: “Io con altri due di lì centro, u Paghi Poco, l’abbiamo fatto io, Totò (Salvatore Ferrante, ndr) e altri due picciotti… Non li conosci, poi te li faccio vedere. Lui fuori, lui a me mi ha chiuso dentro con quei due! Io gli ho uscito la cassaforte… Totò conosceva a quello di lì dentro, al direttore, Cioè con me si è portato qualche… ne abbiamo aperta una, due, tre casseforti… ci siamo portati 29, 28″.

Il rimprovero della compagna: “Corri rischi per 40 euro di fumo”

Ferruggia per “arrotondare” averebbe anche spacciato droga. Ma senza grande successo, tanto che il 16 luglio del 2019 veniva quasi rimproverato dalla compagna: “Ma ne hai venduto fumo?” e lui: “Sì, perché? Senza premura…”. E la donna: “Alla fine non fai niente! Che fai? Non è che hai lo sgubbo di granché”, ma Ferruggia si difendeva: “Come non faccio niente? Ma pure che annagghio quei 40, 50 euro, che sono schifo?”. E la compagna rimarcava: “Ma dopo quanto? Li stai arrisicando quanto? Pure tu di devi fare ‘sti conti, cioè rischi tanto, non sia mai Dio, e per quanto? Per 40 euro?”.

 

 

 

Fonte: palermotoday.it

Redazione OSAPPoggi

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