Sulmona – Dal fronte emergenza carceri il timore che le scelte del governo portino ad una nuova ‘emigrazione carceraria’ per la seconda ondata di Covid19 scuote le trincee. In questa tremenda inquietudine l’associazione Vittime del dovere mette nero su bianco i suoi timori sulla concessione dei domiciliari con il braccialetto elettronico, prevista dal decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 per chi deve espiare non più di 18 mesi di reclusione. Può essere intesa come pseudo-indulto che mortifica il lavoro delle Forze dell’Ordine e dei Servitori dello Stato, sottolinea l’associazione a cui non può bastare l’esclusione dal beneficio degli esponenti della criminalità organizzata e terrorismo, dei condannati per corruzione, voto di scambio politico-mafioso, violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e stalking, per i detenuti con sanzione disciplinare o procedimento disciplinare pendente per la partecipazione a tumulti o sommosse nelle carceri.
“Seppure involontariamente, si declina in una vera e propria “autorizzazione” a delinquere –spiegano dall’organizzazione che si fa portatrice degli interessi di quelle Vittime del dovere tragicamente colpite da efferati assassini e criminali che aggiunge – In un momento storico in cui gli Italiani e la gran parte dei cittadini del mondo è costretta a stare in casa, a causa della pandemia in corso, la detenzione domiciliare è diventata la difficile quotidianità di tutte le persone oneste. Sarebbe stato più opportuno rivedere il sistema della ‘sorveglianza dinamica’ che, in questo periodo di elevato rischio di contagio, favorisce, nelle carceri a ‘custodia aperta’, focolai incontrollabili e rappresenta, senza dubbio, una delle cause più evidenti di propagazione del contagio”. L’associazione nutre seri dubbi anche sulla scarsa disponibilità dei braccialetti elettronici, evidenziata già dalle lunghe attese primaverili di chi poteva accedere al beneficio e denunciata poi a giugno con le ulteriori 1000 scarcerazioni garantite dal governo.
Sul campo di battaglia del Dl sicurezza anche il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma che, in audizione in Commissione affari costituzionali alla Camera ha proposto di posporre la norma che istituisce il reato per il possesso di telefonini in carcere al momento in cui l’amministrazione penitenziaria potrà fornire strumenti per facilitare la comunicazione tra detenuti e familiari.
Ribatte Vittime del dovere, promotrice della nuova norma: “Va scongiurato il tentativo di rimettere in discussione questa nostra proposta accolta dal ministro Alfonso Bonafede, con il Consiglio dei ministri che ha finalmente introdotto il reato sul possesso e/o l’utilizzo in carcere di cellulari da parte dei detenuti. Fatto prima relegato a mero illecito disciplinare sanzionato nelle prigioni – sottolinea Emanuela Piantadosi, presidente dell’associazione – Le sollecitazioni di quanti vorrebbero una marcia indietro su questo non tengono conto di quanto sia importante per un detenuto comunicare all’esterno, troppo spesso, per tenere le redini di un’organizzazione mafiosa, per commissionare un omicidio o per gestire traffici di sostanze stupefacenti”.
“Se è vero che la comunicazione dei detenuti con la realtà esterna può avere 2 profili, sappiamo che quello di ordine criminale prevale sull’altro di ordine affettivo. E quest’ultimo è stato comunque soddisfatto in carcere con la possibilità di accesso ad Internet dei detenuti, durante il lockdown, nel periodo di sospensione delle visite dei parenti – conclude Piantadosi – Non prevedendo nel breve tempo, misure logiche di distanziamento e contenimento, in prospettiva una seria politica di edilizia carceraria, l’associazione Vittime del dovere rivolge un ennesimo appello al ministro Bonafede affinché si valutino misure di contenimento e soluzioni che non sviliscano il prezioso lavoro dei servitori dello Stato e garantiscano la certezza della pena affinché i cittadini non siano esposti ad ulteriori rischi”.
Tratto da: corrierepeligno.it
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