Sono tante le voci dalle prigioni che vivono l’incubo del Covid. Patrie galere dove, a oggi, sono chiuse 54.078 persone. Tantissime. Ci sono le voci angosciate dei parenti di chi è detenuto. Ne vedremo una che parla con Repubblica. Ma c’è, e per la prima volta dal suo insediamento all’inizio di maggio, quella del direttore delle carceri Dino Petralia, anche a nome del suo vice Roberto Tartaglia. In un video diretto agli agenti dice: “Parlo a chi è sofferente per il virus, per un lavoro che è più difficile e complicato di sempre. Quindi a voi esprimo massima solidarietà. So che mettete grande passione nel vostro lavoro, lo sento quando ogni sera vi parlo al telefono, sia che abbiate subito un’aggressione, sia che abbiate salvato una vita. Ma oggi serve una passione collettiva in più. Serve solidarietà reciproca e bisogna aiutarsi a vicenda. Più siamo credibili, più possiamo chiedere e ottenere”. Poi ecco a seguire una raccomandazione sanitaria: “Oggi occorre molta attenzione, stare attenti ai contatti, ai rapporti, curare e custodire la nostra salute e la nostra integrità fisica, perché così salvaguardiamo la salute di tutti. Così potremo superare il disagio che ci attanaglia. Sono sicuro che vinceremo”.
L’appello della madre di un detenuto
Non diremo il carcere, né tantomeno il nome, perché questa mamma parla con Repubblica, ma non vuole che le sue generalità vengano svelate. “Mio figlio è in cella da ormai venti mesi. Si trova in custodia cautelare. Fino a qualche giorno fa erano in tre in uno spazio piccolissimo. Con chiari sintomi di influenza. La situazione è gravissima, gli agenti si raccomandano di non divulgare le notizie per non creare allarmismo, perché poi si possono scatenare delle proteste. Certo c’è il reparto Covid, ma ormai i contagiati sono troppi e poi hanno in comune il bagno, la doccia, la distribuzione dei pasti, quindi non c’è via di scampo. Il nervosismo è alle stelle. Sono angosciata perché spesso né io, né il mio avvocato riusciamo ad avere notizie, e anche il giudice dice che non riesce ad averle. C’è una sola strada, alleggerire le carceri, mettere fuori chi non ha commesso reati gravi. Io capisco l’emergenza, ma anche in carcere ci sono essere umani rinchiusi, non carne da macello”
Bernardini, sciopero della fame per indulto e amnistia
L’appello di questa donna non è l’unico. C’è quello di Rita Bernardini, in sciopero della fame dal 10 novembre, con l’obiettivo di aprire la pagina di un possibile indulto oppure di un’amnistia, che in un articolo sul Rifomista cita la protesta dei detenuti di Novara, i quali preannunciano la battitura delle inferriate due volte al giorno e lo sciopero dal lavoro interno al carcere contro le misure anti Covid del governo che ritengono troppo deboli rispetto all’emergenza Covid (fuori dalle celle per pene sotto i 18 mesi, esclusi i delitti gravi e gravissimi, e con l’obbligo del braccialetto elettronico). Allo sciopero della fame, promosso con Bernardini dai Radicali e da Nessuno tocchi Caino, hanno aderito Luigi Manconi e Roberto Giachetti.
L’allarme del Garante Palma e di Anastasia
E c’è il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma che parla del carcere di Terni dove è esploso un cluster di Covid con 75 detenuti risultati positivi. “Mi preoccupa soprattutto il fatto che ci sia stata una crescita esponenziale della diffusione del virus in soli 4 giorni, prima 5 positivi, poi 20, fino ad arrivare a 75”. Una situazione che, secondo Palma, è simile a quella di un’altra dozzina di prigioni in tutta Italia, tra cui Poggioreale, Secondigliano e Alessandria, “in cui i numeri del contagio crescono rapidamente”.
Preoccupazioni confermate da Stefano Anastasia, garante dei detenuti del Lazio, che parla allarmato del cluster di Terni: “Ci sono 70 positivi in carcere e tre in ospedale, di cui uno in terapia intensiva. Tutti detenuti in regime di alta sicurezza”. Al punto che due sezioni sono state dedicate al solo Covid. Ovviamente la richiesta – conferma Anastasia – è quella “di alleggerire la situazione numerica di Terni, spostando in altri istituti i detenuti negativi”. Alla domanda se oggi, in questa situazione, sono possibili proteste dure, Anastasia risponde: “Questo caso di Terni è una dimostrazione di scuola, le carceri sono un pagliaio in cui se cade anche solo un mozzicone si rischia di far scoppiare l’incendio”.
Ma il Garante Palma ribadisce però che “i numeri vanno riportati senza enfasi allarmistica e devono essere analizzati considerando la loro distribuzione, individuando possibili focolai su cui intervenire e valutando l’incidenza di situazioni sintomatiche all’interno del loro complessivo valore, considerando che l’accertamento in entrata del possibile contagio di persone appena detenute e provenienti dal contesto esterno incide sui numeri complessivi delle persone contagiate, ma, dato il loro isolamento, non incide sulla diffusione del contagio nell’Istituto. Ciò a patto – e qui va posto un rigoroso controllo – che l’isolamento e le misure preventive inziali siano effettive rispetto al contatto con altre persone detenute e con il personale”. Per questo Palma chiede alcune modifiche al decreto di Bonafede. In particolare “l’estensione della misura della liberazione anticipata in relazione al periodo connesso alla diffusione pandemica e, sempre per lo stesso periodo, il rinvio dell’emissione dell’ordine di esecuzione, relativamente a fasce contenute di pene o di residui di pene da scontare, per persone che, provenienti dalla libertà, dovrebbero entrare in carcere appunto per la loro esecuzione”.
Palma fornisce anche delle cifre su coloro che possono usufruire della detenzione domiciliare per un residuo di pena inferiore a sei mesi e che non hanno una preclusione ostativa e sono 1.142, mentre coloro che sono nella stessa posizione ma con un residuo di pena compreso tra i sei mesi e i diciotto mesi sono 2.217. Quindi, scrive Palma, “un numero di 3.359 persone, però meramente teorico, perché la norma prevede anche preclusioni di tipo disciplinare; ma soprattutto perché 1.157 tra esse sono senza fissa dimora. E qui si apre il tema del ruolo che i territori devono avere se non si vuole che l’esito di tali provvedimenti accentui la divaricazione tra soggetti deboli e soggetti forti anche in questo grave momento”.
Dap ottimista su Terni
La situazione però è in evoluzione continua. Tant’è che, a oggi, dai vertici del Dap viene diffusa la notizia che, degli oltre 70 detenuti contagiati durante il focolaio di Terni, già 32 si sarebbero “negativizzati”. E solo due di questi sono attualmente ricoverati in ospedale perché risultano ancora sintomatici. Stesso discorso, sempre a Terni, per il personale, degli 8 agenti contagiati, al momento solo 3 sarebbero ancora positivi.
L’allarme Covid nelle prigioni
Resta una progressione numerica che rivela nelle carceri, come nel Paese, un subitaneo diffondersi dell’epidemia nel mese di ottobre. Gli ultimi dati forniti dal Guardasigilli Alfonso Bonafede il 27 ottobre parlavano di 145 detenuti positivi e di 199 agenti. Ma dal 10 novembre la situazione si è aggravata: i detenuti contagiati sono 537, di cui 513 in carcere e 24 in ospedale, mentre ben 728 tra agenti e personale sono in gran parte in quarantena a casa. Ovviamente la situazione è più grave nelle zone dove i contagi in generale sono più elevanti, in Lombardia e in Campania. Dati comunque che vanno confrontati non solo con il numero complessivo degli istituti penitenziari in Italia – 200 appunto, di cui 71 coinvolti con contagi – ma con la popolazione reclusa che oggi risulta di 54.078 detenuti, rispetto a una capienza massima di 50.552 posti, di cui però 3.447 non disponibili.
Le cifre del contagio fornite dai sindacati della polizia penitenziaria dimostrano come i numeri più pesanti si registrano soprattutto in Lombardia, in cui il Covid colpisce 161 detenuti e 183 tra agenti e addetti alle carceri. Nella provincia di Milano i numeri più significativi, 84 detenuti e 32 addetti positivi tra San Vittore e Monza, rispettivamente 52 e 16 a Bollate. Nel carcere di Opera invece risultano 24 contagiati solo tra il personale. Situazione pesante anche in Campania, tra gli istituti di pena di Poggioreale e Secondigliano, con 73 detenuti positivi e 157 casi tra il personale. Focolai ad Alessandria con 37 positivi, Larino con 29, Livorno con 27 e Genova Marassi con 24.
Fonte: repubblica.it