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Carceri, serve maggiore sicurezza e rieducazione: parla un poliziotto penitenziario

(Tania Frongillo) – Per l’articolo di questa settimana, ho voluto intervistare un poliziotto penitenziario attualmente attivo nel Triveneto con esperienze precedenti in Campania e in Emilia, in modo tale che potesse darci una panoramica generale su quella che é l’attuale situazione delle carceri Italiane. Ci tengo a precisare che la persona che ho scelto per quest’intervista si é limitata a descrivere la realtà che ha vissuto in prima persona dall’interno accompagnata da numeri e statistiche. Buona lettura…se vi va!

  • A grandi linee, com’è stato il tuo impatto col carcere da giovane poliziotto penitenziario? Quali sono le principali differenze tra regime carcerario ordinario e 41 Bis?

Io ho svolto un brevissimo tirocinio di 15 giorni in una città dell’Emilia. Durante questo tirocinio, in realtà, ho visto ben poco la realtà del carcere. Ho conosciuto più quella degli uffici mentre durante un successivo tirocinio in un’altra città Emiliana ho vissuto proprio la realtà delle sezioni. Ogni sezione è diversa dall’altra: varia in base al numero dei detenuti, in base alle regole di funzionamento vigenti, in base all’istituto in cui ci si trova, e al regime carcerario. Le persone detenute sono inquadrate in categorie e sottocategorie differenti: a seconda del tipo di reato che hanno commesso, del comportamento che assumono, del loro status giuridico ossia se sono giudicabili ( coloro che sono appena stati arrestati e, dunque, viene applicata una misura cautelare) o rientrano nelle categorie di “appellante” o “definitivo”. Nel caso dei giudicabili che sono dentro per una misura cautelare, vigono i 3 gradi di giudizio prima di essere condannati o meno in via definitiva e, ovviamente, nei loro confronti vige un regime differente.

Nella città Emiliana in cui ho fatto il tirocinio, ho potuto visitare solo l’area colloqui della sezione 41 Bis; non sono entrato in sezione perché non è consentito eccetto a coloro i quali lavorano in quei reparti. Gli unici contatti ammessi per i detenuti al 41 Bis sono le telefonate e i colloqui. Le telefonate sono tutte registrate, avvengono in numero ridotto rispetto agli altri detenuti e sempre in modalità protetta, vale a dire che il familiare deve recarsi al carcere più vicino alla sua abitazione per contattare la persona detenuta al regime di 41 Bis . Come ti ho detto, in questa sezione vige un regime carcerario che è unico, costituito da talmente tante regole che non trovo giusto paragonarlo al regime carcerario ordinario.

  • Tutti abbiamo visto cosa è avvenuto durante l’emergenza covid nelle carceri Italiane. Ma cosa si é verificato realmente all’interno?

La sensazione che abbiamo avuto noi poliziotti penitenziari è stata, sin dall’inizio, quella che poi si è dimostrata reale. Al momento, infatti, sono in corso delle indagini da parte di diverse procure di Italia sulla gestione da parte della criminalità organizzata, sulle rivolte che si sono verificate a partire dal 7 Marzo. All’inizio anche l’opinione pubblica era mossa dal pensiero che fosse possibile che c’erano dei contagiati e, addirittura, dei morti in carcere. Dopodiché, si è passati a parlare dell’assenza dei rapporti fra i detenuti e i familiari poiché -logicamente- sono saltati i colloqui. Il fatto che saltassero i colloquio li ha innervositi per un motivo molto semplice: in quel periodo in carcere non sono potuti entrare illegalmente telefoni e droga. Perché, purtroppo, questo rappresentano i colloqui per molti di loro. Poi, invece, ci sono persone che hanno sbagliato, stanno pagando i loro errori e in quell’ambiente non vogliono più tornarci perché capiscono la negatività del contesto carcerario ma c’è anche chi preferisce il carcere alla strada perché almeno qui ha una sistemazione che non ha fuori. Può lavorare e avere dei piccoli guadagni stabili…e instaura dei rapporti all’interno che gli torneranno utili ai fini criminali una volta fuori.

  • Ci sono persone che preferiscono vivere in carcere perché fuori avrebbero una situazione peggiore?

Assolutamente sì. Leggendo le statistiche sul sito del ministero della giustizia nell’area statistiche, mi è parso evidente che man man che ci si avvicina all’inverno i numeri dei detenuti aumentino. Non è una questione casuale questa ma è certamente legata al fatto che fuori faccia più freddo. Infatti, molti tra questi detenuti sono clochard, vengono da situazioni di contingenza tali da risultare inadeguate per superare l’inverno. Perciò preferiscono finire in carcere dove il vitto e l’alloggio sono gratuiti, ed è possibile accedere in egual modo a tutte le spese sanitarie necessarie.

  • Solitamente chi sceglie di venire in carcere perché fuori starebbe peggio, che tipo di reati commette?

Dipende, cose di poco conto! Ad esempio, c’è un ragazzo nella sezione dove lavoro io che -per entrare in carcere- ha rubato diverse biciclette così come tutti i barboni i quali solitamente commettono piccoli reati ovvero furti di poco conto per i quali la legge impone la carcerazione se sono recidivi.

  • In quale sezioni operi attualmente? E qual è la giornata tipo di un detenuto?

Io sono nella sezione dei giudicabili, coloro i quali hanno appena commesso un reato, entrano per la prima volta in carcere e ci rimangono fino alla sentenza di primo grado per applicazione di una misura cautelare. Quindi, non sono definitivi.

Nel periodo covid, ovviamente, le attività sono state azzerate ma normalmente sono a regime aperto vale a dire che per gran parte della giornata le celle sono aperte, possono passeggiare in corridoio e andare nelle celle degli altri fino all’orario di chiusura delle celle che normalmente va dalle 20 di sera alle 8.45 di mattina. Durante la giornata, invece, devono rimanere nelle proprie celle solo quando passa il carrello del vitto.

In quasi tutte le celle c’è la TV e ci sono due o tre detenuti per ogni cella. Negli orari stabiliti, possono andare dove possono giocare a pallavolo, a calcetto, a basket e -in alcune palestre- ci sono anche gli attrezzi. Negli istituti carcerari ci sono le scuole: a seconda degli istituti, possono frequentare scuole medie, superiori, facoltà universitarie e svariati corsi di formazione. Tutto questo non è obbligatorio ma facoltativo.

  • Secondo te, i detenuti vivono in adeguate condizioni igenico sanitarie? A cosa hanno accesso nelle celle?

Le celle, almeno qui dove sono io, sono più che adeguate dal punto di vista igienico sanitario. I cellulari non potrebbero entrare ma, comunque, entrano. Un detenuto che è riuscito a farsi portare un cellulare, si è persino iscritto su Tiktok e ha diffuso un video per mostrare la sua cella. Da questo video, si vede che gli spazi sono ristretti ma hanno tutto: TV, piccola cucina, bagno. Se ti facessi vedere la stanza della caserma in cui vivo, vedresti che più o meno stiamo là con gli spazi ma io pago per viverci. Lol.

Da quando sono entrato in questo mondo, lotto affinché si conosca il mondo carcere per quello che é. Ho la sensazione che finora sia stato fatto il contrario…cioé è stato chiuso questo mondo. Non si è voluto farlo conoscere. Paradossalmente -in buona fede anche- sono entrati solo volontari “inesperti” che alla fine sono andati sostenere dei meccanismi più grandi di loro, andando incontro a persone detenute ancora fortemente legate alla criminalità organizzata. Quasi tutti i detenuti, infatti, fanno di tutto per restare in contatto con la criminalità organizzata riorganizzando le reti dall’interno del carcere cosicché -una volta fuori- trovano una pronta occupazione.

  • Nelle carceri, di fatto, entra la droga?

Sì, purtroppo! Le carceri sono piene di droga. Noi dovremmo accorgercene e prenderla ma praticamente è impossibile, senza una soffiata! A volte, un buon intuito aiuta…ma non basta. Lo Stato non ci offre gli strumenti necessari per intercettarla. Il punto è che i telefoni riusciamo ad intercettarli anche grazie alle nuove tecnologie mentre per la droga non abbiamo nulla che ci aiuti.

  • Qual è il rapporto numerico tra poliziotti penitenziari e detenuti?

Tutto varia a seconda dell’istituto. I numeri precisi si trovano sul sito del Ministero della giustizia. In Italia le persone attualmente detenute si aggirano intorno alle 53.000 aggiornato al 31 agosto e siamo circa 40.000 poliziotti penitenziari. Ci sono delle strutture che hanno una pianta organica completa -come quello in cui lavoro io- ed altri in cui la pianta organica è praticamente scoperta. Mediamente diciamo che negli istituti carcerari del Nord Italia trovi 1 poliziotto ogni 50 detenuti mentre 1/100 al Sud.

  • Mi dicevi che i detenuti non hanno celle singole. Quante persone detenute ci sono in ogni cella? Varia anche questo in base all’istituto?

Sì. Anche questo varia in base all’istituto. Qui ci sono 2 detenuti in ogni cella. A Poggioreale, per esempio, si trovano anche 6-10 detenuti nella stessa cella purtroppo. Ci sono carceri in cui trovi i letti a castello, altre dove i letti sono uno accanto all’altro anziché uno sopra l’altro. Considerando che sono chiusi solo nelle ore serali dalle 20 alla 8.45, non mi sento di dire che vivono uno sopra l’altro. Durante il resto della giornata hanno 4 ore d’aria in cui vanno nei cortili e possono ascoltare la musica, sedersi, passeggiare, fare attività fisica. Anche se buona parte del tempo scelgono di restare nei corridoi per gestire i loro “traffici”. Poi, c’è chi è pigro e si mette a giocare a carte.

  • Ci sono persone detenute che si sentono sollevate dallo stare dentro e che hanno paura di tornare fuori?

Sì, fondamentalmente i barboni. I barboni classici, quelli che lo fanno per scelta di vita, sono pochissimi. I nuovi barboni sono i tossicodipendenti. Purtroppo, è pieno di ragazzi appena ventenni che sono finiti sulla via della tossicodipendenza e vivono ai margini della società. Molti di questi provengono da realtà familiari molto difficili dalle quali si sono volontariamente allontanati mentre altri sono stati allontanati dai genitori stessi. Altri ancora i genitori non ce li hanno mai avuti. Ci sono anche i cosiddetti figli di papà tra i tossicodipendenti ma la maggior parte di loro è cresciuta ai margini della società.

  • Ti sei mai sentito in pericolo?

Assolutamente sì. Mi sento in pericolo tutti i giorni. E dico sempre che loro non scappano perché non vogliono. Non ci aggrediscono perché non vogliono…altrimenti hanno tutti i mezzi per evadere, e anche per ammazzarci. Basta immaginare che siamo tutto quasi 8/8h vis a vis perché quasi tutti scelgono di restare nel corridoio a fare avanti e indietro. Non abbiamo tutele. Non abbiamo, ovviamente, né armi né manganelli.

  • Qualora un detenuto dovesse aggredirti in corridoio come -secondo la legge- è previsto che tu ti difenda?

Questo è un grande buco legislativo perché l’uso della forza -qualunque tipo di forza si intende- deve essere autorizzata dal direttore dell’Istituto. In ogni caso, posso difendermi solo con le mani poiché -di fatto- i manganelli e gli scudi sono stati impiegati solo nel periodo delle rivolte o nei casi di detenuti malati psichiatrici fortemente pericolosi; in questi casi si può intervenire con un TSO.

Gli strumenti di contenzione non possono essere usati in carcere. Il manganello è stato usato, per esempio, nel caso di un detenuto che ha urinato e defecato per una settimana intera a terra lungo tutto il corridoio. Questo era alto 2 metri, pesava 100 kg, aveva una muscolatura importante ed era poco più che ventenne: ecco, in questi casi si deve per fora usare il manganello.

Io sono stato vittima di un’aggressione, e mi sono potuto difendere solo con la forza delle mani. C’era questo detenuto che voleva andare dal medico, era in forte crisi di astinenza da cocaina. Il medico aveva rifiutato la sua richiesta e -per andare verso il medico- mi ha stretto le mani al collo.

Quando si è aggrediti per la prima volta è uno choc perché non ce lo si aspetta ed è difficile anche prendere le difese. Là per là cercai di allontanarlo ma non ci sarei riuscito da solo, se altri detenuti non avessero capito la situazione e fossero venuti in mio aiuto.

C’è quest’altro aspetto importantissimo, infatti, che è il rapporto che si instaura tra poliziotto e detenuto. I detenuti sanno bene chi può aiutarli e chi no, e si comportano di conseguenza. Benché godano di ampi spazi di movimento, per qualunque cosa devono chiedere a noi. Anche per sapere quanti soldi hanno sul loro conto corrente.

  • I detenuti hanno un conto corrente che possono usare normalmente?

Più o meno. Nel momento in cui entrano aprono un conto corrente dal quale vengono sottratti i soldi se loro vogliono acquistare della pasta, il fornetto del gas, i saponi: quando gli vengono consegnati questi beni , automaticamente gli vengono sottratti i soldi dal conto corrente.

  • I detenuti seguono un percorso rieducativo? Pensi che questo percorso di rieducazione riesca a raggiungere lo scopo per il quale è preposto ovvero limitare le possibilità di una recidiva?

Bisogna dire anzitutto che il numero di educatori e psicologi presenti in carcere è irrisorio al Nord Italia e quasi assente al Sud e che si tratta sempre di percorsi personali, non obbligatori. La scuola non è obbligatoria, i corsi di formazione e il lavoro non sono obbligatori.

Nel mio istituto circa il 70% dei detenuti sono stranieri (buona parte magrebina ma anche albanesi e rumeni) : la maggior parte è qui per rapina e droga. Sono in buon istituto e hanno la possibilità di lavorare -anche per Amazon- stipendiati e con i contributi versati ma spesso scelgono di non farlo. Anche a chi passa semplicemente la scopa in corridoio, viene dato un compenso e vengono versati i contributi. Non tutti vogliono lavorare: c’è chi preferisce guardare la televisione o camminare lungo i corridoi della sezione, non facendo niente dalla mattina alla sera!

Penso che il percorso di rieducazione attuale non raggiunga lo scopo di limitare possibili recidive per diverse ragioni: da un lato perché le poche risorse che ci sono si distribuiscono male e, dall’altro, perché abbiamo di fronte una gran fetta di popolazione detenuta che non sempre vuole essere riabilitata.

  • A quale fetta di popolazione detenuta ti riferisci?

Ti parlo per quello che vedo io nel mio istituto ma anche in base ai racconti di colleghi che lavorano in altri istituti d’Italia. La popolazione Magrebina detenuta, spesso, rigetta ogni regola: dello stato, morale, etica, sanitaria, civile. Appare completamente reietta ad ogni comportamento socialmente condiviso. I reati più comuni per i quali finiscono in carcere sono droga, furto e rapina. E il dato reale è che quasi tutti una volta usciti commettono nuovamente il reato: quindi, c’è la recidiva.

Basti pensare che quando sono ancora dentro esprimono anche con noi poliziotti penitenziari la volontà di commettere nuovamente il reato perché così possono guadagnare soldi in maniera più rapida e facile rispetto a quanto avviene con il lavoro. Detenuti di origine Tunisina e Marocchina -che sono quasi tutti qui senza permesso di soggiorno- dicono con molta nonchalance che sono venuti in Italia esclusivamente per trafficare droga. A differenza di altri detenuti, quasi nessuno tra loro manifesta la volontà di andare a scuola, imparare l’italiano, fare un corso qualsiasi. Le uniche cosa che scelgono di fare sono giocare a calcio e andare in palestra. A riprova del fatto che non sono intenzionati ad integrarsi nella comunità Italiana una volta usciti. Malgrado ciò, non sono in grado di costruire una rete di criminalità organizzata cosi come quella Italiana e Nigeriana che, invece, sono molto più articolate e forti a livello territoriale.

La rieducazione non funziona ma potrebbe funzionare se il numero di educatori e psicologi fosse superiore e se studio e lavoro fossero obbligatori. Nel mio istituto (organica completa, pensa te!) ci sono solo 5/6 educatori per 450 detenuti. Gli educatori, comunque, possono affiancare solo quelli condannati in via definitiva perché i giudicabili non possono accedere né al lavoro né ad altri percorsi mirati alla rieducazione poiché -come ci dice la costituzione- nessuno è colpevole fino alla condanna definitiva e -dunque- non essendo ancora stati riconosciuti colpevoli per lo Stato Italiano non necessitano neppure di essere rieducati.

  • Hai mai conosciuto persone detenute che sono finite in carcere ingiustamente?

Su alcuni il dubbio ce l’ho. Non posso avere certezza perché conosco le loro storie in base a quello che leggo su internet ed in base a quello che decidono di raccontarmi. C’è chi mi ha raccontato la sua storia, poi va via all’improvviso e non lo trovi il giorno dopo. E quindi, magari, c’è da pensare che sia stato accusato ingiustamente. Quindi, sicuramente ci sono degli errori giudiziari ma solitamente colpiscono principalmente i giudicabili, per fortuna!

  • Voi poliziotti potete usufruire di un sostegno psicologico gratuito?

Si, possiamo. Soprattutto a livello Regionale, nell’ultimo periodo stati fatti numerosi passi avanti. Non è obbligatorio, e secondo me dovrebbe esserlo periodicamente. Ritengo che sia fondamentale perché il lavoro che svolgiamo è alienante. È molto pesante a livello psicologico.

  • Spesso sentiamo parlare del codice d’onore dei carcerati. Esiste davvero? Su quali principi pone le basi?

I detenuti che rubano -ad esempio- non vogliono essere paragonati a chi ha stuprato, ucciso un bambino, violentato una donna. Infatti, la legge prevede percorsi differenti a seconda del tipo di reato che si è commesso. Quindi, per gli ex forze dell’ordine che commettono reati, i sex offender, i violentatori c’è una sezione dedicata. Queste categorie di persone detenute non possono assolutamente stare a contatto con gli altri detenuti: è previsto che facciano attività lavorative a sé e che non incrocino mai gli altri perché teoricamente sono sempre a rischio. Di fatto, le ragioni a sostegno di questa separazione col tempo stanno venendo meno proprio perché sono entrati nel nostro sistema carcerario molti stranieri che dimostrano di non avere nessuna regola dal punto di vista etico, morale e nessun principio che noi Italiani riconosciamo. Questo codice d’onore, dunque, negli istituti del Nord Italia non trova più molto spazio mentre nel Sud Italia -dove la popolazione detenuta è quasi esclusivamente Italiana- , invece, è ancora piuttosto sentito!

  • Secondo te il tuo salario è adeguato al ruolo che ricopri?

Il salario varia in base all’anzianità e si aggira intorno ai 1800 netti. Date le condizioni di lavoro attuali, penso che sia necessario un adeguamento perché le condizioni di lavoro sono davvero difficili e i livelli di stress sono piuttosto elevati. Spesso, non ci si riflette veramente…ma il fatto è che, così come il detenuto, anche io vivo in carcere in un certo senso. Il poliziotto, il carabiniere, il finanziere viene a contatto anche con brava gente….noi no. Noi lavoriamo con quel tipo di persona…Ovvio che ci sono detenuti più educati e più tranquilli di altri ma il livello di allerta è sempre alto. Dunque, anche i livelli di stress!

  • Ci sono dei miglioramenti che si devono essere fatti per migliorare la situazione delle carceri Italiane?

Certo! Qui non c’è nulla che è soddisfacente. Il problema è che finora si è investito male e gli investimenti che sono stati fatti sono stati fatti in una direzione più filosofica che concreta. I progetti che vedo sono orientati sul modello Nord Europeo dove le carceri assomigliano a dei veri e propri hotel, e sono senza sbarre. [La Norvegia detiene il primato per tasso di recidiva più basso d’Europa mentre l’Italia è uno dei Paesi con il più alto tasso di recidiva!]

Noi in Italia abbiamo un problema grosso che è la criminalità organizzata la quale vive di manovalanza: se non c’è manovalanza, non c’è più criminalità organizzata. E un poliziotto in che modo può rieducare? Facendoti comprendere la necessità di rispettare le regole. Un certo tipo di politica, quasi, non ci vorrebbe più con la divisa ma ci vorrebbe con il camice. No comment!

  • Se potessi, che cosa cambieresti subito?

Toglierei la possibilità di passeggiare tutto il giorno in corridoio, porrei come obbligo -e non facoltativo- studio e lavoro. Ovviamente, aumenterei l’organico, farei assolutamente celle singole per garantire tranquillità ai detenuti e sicurezza ai cittadini.

Se la sicurezza deve venire meno -e i fatti di Marzo ce lo hanno di mostrato- è inutile tenere le persone in carcere. A quel punto, dico io, manda i servizi sociali a casa, se per te Stato la sicurezza non è prioritaria. Se devi garantire sicurezza facendo rieducazione, l’approccio da utilizzare è un altro! Il passeggio nei corridoi -secondo me- è la cosa più inutile e dannosa che ci sia…i traffici sono infiniti…il poliziotto lì non ha controllo…e non c’è nessun fine rieducativo. È come se uno stesse in piazza dalla mattina alla sera.

Purtroppo, i fatti di Marzo durante l’emergenza ci hanno dimostrato che lo Stato ha perso: 70 detenuti evasi da Foggia. 10 morti, una ventina in Italia. Decine di milioni di euro di danni in alcuni istituti carceri!

Oltre ad una maggiore attenzione alla prevenzione, occorre più coraggio e concretezza da parte dello Stato nelle scelte future se lo scopo primario é garantire la sicurezza ai cittadini!

 

 

Fonte: imolaoggi.it

Redazione OSAPPoggi

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