Ecco solo alcuni ‘casi’ di una più generale, e critica, situazione in cui versano le carceri italiane.
“Notizie di cronaca spicciola che non fanno “notizia”: in aumento i casi di Covid-19 nelle carceri italiane, sia tra i detenuti che tra i poliziotti penitenziari. In base ai dati pubblicati sul sito del ministero della Giustizia sono 70 i detenuti positivi sul totale di 52.199; tra gli agenti i casi sono 108 su 36.939. La scorsa settimana erano rispettivamente 63 e 92; all’inizio di agosto 38 e 63 agenti. Tra i detenuti positivi, 64 sono asintomatici, 5 hanno sintomi e sono gestiti all’interno degli istituti, uno è ricoverato in ospedale. Tra i poliziotti 100 sono asintomatici in isolamento domiciliare, 6 sono ricoverati in caserma, 2 in ospedale. Quattro sono infine i positivi tra le 4.021 unità del personale dell’amministrazione penitenziaria, tutti in isolamento domiciliare.
Monza. Carcere, una polveriera dimenticata. Paolo Piffer, operatore di una coop che lavora in quel carcere, dopo la maxi rissa tra detenuti osserva: “Se in carcere ci sono risse tra detenuti, aggressioni contro gli agenti, suicidi e manifestazioni di disagio è colpa di un sistema fallimentare che non rieduca. In una struttura su cui non si investe in modo oculato ed efficiente non è pensabile rieducare“. Piffer punta il dito contro “decenni di governi che hanno parlato di riforma, ma non è mai cambiato nulla“. Forse il Covid ha appesantito l’insofferenza nel carcere e bloccato molte attività all’interno degli istituti, ma “non si devono nascondere le difficoltà antiche del carcere dietro all’emergenza sanitaria“. In un luogo già “pieno di limiti, fatiche e contraddizioni“, il virus “non ha stravolto un granché“. Il vero problema è la mancanza di una cultura alla rieducazione: “Siamo in un Paese che sul tema non ha né cultura né competenza. Restituire alla società persone più incattivite di prima è eticamente scorretto ed economicamente sconveniente“. Se il carcere fosse un’azienda “fallirebbe domattina perché non raggiunge il suo obiettivo, cioè quello di rieducare. La politica deve capire che investire nel carcere è il primo passo per una città più sicura“.
Carcere di Oristano: i detenuti lamentano “condizioni di invivibilità“, i sindacati la carenza di organico. L’associazione ‘YairaihaOnlus’ ha raccolto le loro doglianze e portato la situazione all’attenzione del ministro della Giustizia con una lettera inviata anche al capo del Dap e al direttore della casa circondariale di Oristano. In particolare i detenuti lamentano la gestione della vita intra-muraria. “La circolare sui ventilatori e sui frigoriferi nelle celle non viene applicata“, denuncia la Onlus, riportando le parole dei detenuti, “la circolare per l’apertura delle celle mattina e pomeriggio non viene applicata. I condizionatori sono presenti solo negli uffici e nelle sale colloquio con gli avvocati e magistrati; negli altri spazi, tra cui le sale di ricreazione in sezione, non c’è nessun condizionatore. Il telefono e il sistema computerizzato non funziona; i detenuti hanno problemi ogni volta che devono fare una telefonata perché la scheda non viene riconosciuta”. Disagi anche per quanto riguarda i rapporti con il mondo esterno: “Chi ha sei colloqui al mese, tramutati in videochiamate non li può effettuare perché deve fare quattro videochiamate di cui due di due ore, mentre tutti vorrebbero fare 6 videochiamate di 1 ora ciascuna“.
Carcere di Sollicciano: senza luce e senza acqua per oltre un mese nelle celle della dodicesima sezione che doveva essere evacuata perché inagibile ma per settimane ha continuato ad ospitare una quarantina di detenuti. L’ennesimo caso nel carcere fiorentino inizia all’indomani della protesta di 5-6 reclusi, saliti sul tetto incendiando lenzuola e coperte lo scorso 11 luglio. Le fiamme hanno danneggiato gli impianti elettrici della sezione, tanto da richiedere l’evacuazione dell’area. Eppure, se i primi detenuti sono stati trasferiti in altre sezioni, nei giorni successivi all’incendio, gli ultimi sono rimasti in quell’ala senza luce né acqua fino a pochi giorni fa. Con non pochi problemi per i detenuti e gli agenti penitenziari sul fronte della sicurezza: “Di notte parte della sezione era al buio e noi guardie giravano con le torce per sorvegliare i reclusi“. Il sindacato Uil degli agenti penitenziari annuncia una denuncia alla Procura della Repubblica per segnalare “il mancato rispetto dei diritti umani…Scriveremo dell’accaduto alla Procura, racconta un sindacalista. Il disagio è descritto in una lettera scritta dal cappellano di Sollicciano don Vincenzo Russo e dal presidente della Camera Penale di Firenze Luca Maggiora al ministero della Giustizia, al provveditorato regionale e alla direzione del carcere: “La sezione a differenza di ciò che dovrebbe rappresentare uno spazio vivibile e minimamente accettabile, risulta sprovvista di luce ed acqua corrente dall’11 luglio. Inutile rammentare le condizioni meteo dell’ultimo periodo che sono risultate inadeguate alla stragrande maggioranza della popolazione italiana libera. Inutile ricordarvi le condizioni di assoluta inadeguatezza di tutta la struttura in oggetto, carente sotto molteplici profili e divenuta un contenitore di uomini e donne, private non solo della libertà ma financo del minimo rispetto della dignità umana“. Aggiunge don Russo: “Il carcere di Sollicciano vive da anni in uno stato di abbandono nonostante l’impegno del comandante e della direzione per cambiare le cose. Molti reclusi sono rimasti in una sezione inagibile ben oltre il tempo necessario. Inoltre Sollicciano sta diventando un nuovo Ospedale Psichiatrico Giudiziario, dove dentro ci sono troppe persone con problematiche psichiatriche in condizioni di grave disagio“.
Carcere di Messina: i detenuti denunciano alla Corte europea per i diritti dell’uomo condizioni disumane e degradanti: costretti per 19 ore al giorno in minuscole celle, con gravissime carenze igieniche (Bagni piccolissimi da condividere, nella migliore delle ipotesi con 4 detenuti), ora d’aria in spazi angusti e ammassati in un container per telefonare. E ancora: coperte strappate e sporche, i detenuti non ricevono nemmeno i prodotti di prima necessità per l’igiene; finestre che presentano infiltrazioni di acqua. Poi ci sono i detenuti che fanno il primo ingresso in carcere: messi in quarantena preventiva per la questione del Covid 19, sono costretti a dormire in letti privi di lenzuola e su materassi in pessime condizioni igieniche. Questo e tanto altro segnalano i detenuti ristretti nel carcere di Caltanissetta, al punto di mandare una missiva alla Corte europea di Strasburgo per denunciare condizioni disumane e degradanti. Una lettera, con decine di firme, che i detenuti del carcere nisseno hanno inviato anche al Dap, al ministero della Giustizia, al magistrato di sorveglianza, al garante nazionale delle persone private della libertà, al Partito Radicale e all’associazione Antigone.
Sono solo alcuni ‘casi’ di una più generale, e critica, situazione in cui versano le carceri italiane. Se e quando accadrà qualcosa di grave come già accaduto in passato, non ci si sorprenda e non si finga di non sapere. Le corde, anche le più resistenti, a forza di tirarle, si rompono.
Fonte: lindro.it
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