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CARCERI – TELEMEDICINA come soluzione per l’accesso alle cure

“Il carcere è un luogo malsano e le persone detenute hanno spesso bisogno, anche a causa dei contesti di provenienza, di interventi di cura rilevanti ed urgenti. Ma ancora oggi ci sono troppi ostacoli per un dignitoso diritto alla cura”, è la denuncia di Alessio Scandurra dell’Osservatorio diritti e garanzie Associazione Antigone, nel suo intervento in occasione dell’evento phigital sul tema: “L’ecosistema integrato della Digital Health nei diversi istituti” – La telemedicina e il teleconsulto come miglioramento dell’accesso alle cure in regime di restrizione”, che si è svolto ieri nella sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale di Roma.

Scandurra ha evidenziato che: “nelle strutture penitenziarie manca il Personale e le risorse adeguate per garantire all’interno tutti i servizi necessari e non è facile organizzare scorte e traduzioni per portare fuori i detenuti. Inoltre non tutte le carceri sono vicine a un ospedale e molti grandi istituti, come Gorgona, sono piuttosto isolati. In un quadro simile la telemedicina, ed in generale un rafforzamento di tutti i servizi digitali, dovrebbe essere scontato, ma nella realtà il carcere vive ancora una anacronistica arretratezza informatica”.
La convention ha avuto l’obiettivo di avviare un dibattito su un tema importante come quello della telemedicina e del teleconsulto all’interno delle carceri italiane, ma anche nelle Rsa, e sul contributo che questi nuovi strumenti possono apportare per migliorare la qualità di cura e della salute dei detenuti e degli anziani.

Nel Lazio negli ultimi 12 mesi Antigone ha visitato 9 istituti. Nel 2020 ci sono stati 2 suicidi e 7 morti(non per suicidio). Solo nel carcere femminile di Rebibbia è garantito alle donne detenute (presenti anche a Civitavecchia e Latina) l’accesso a un’assistenza medica ginecologica. Nei 9 istituti visitati il 47,7% dei detenuti risultava in terapia psichiatrica (farmacologica). 7 istituti su 9 hanno sottoscritto un protocollo per la prevenzione del rischio suicidario (non c’è a Frosinone e a Cassino).

“Fui il primo rappresentante istituzionale in veste di assessore regionale a promuovere e portare nelle carceri del Lazio insieme al Garante dei detenuti un progetto pilota di telemedicina, – ha ricordato Giuseppe Emanuele Cangemi, vicepresidente Consiglio Regionale Lazio) – in quella occasione i detenuti dell’istituto Regina Coeli affetti da problemi cardiaci hanno potuto contare su un nuovo servizio di telemonitoraggio e teleconsulto specialistico gestito da una struttura di eccellenza, il Dea cardiologico dell’ospedale San Giovanni di Roma – e ha poi evidenziato che – occorre creare un fascicolo sanitario elettronico e una cartella clinica digitale e mettere in funzione una piattaforma informatica a livello nazionale che consenta ad Asl e istituti di detenzione di dialogare e avviare un servizio di teleassistenza in ambito carcerario, sia adulto che minorile”.

“La Telemedicina – ha spiegato Sergio Pillon, coordinatore della trasformazione digitale ASL di Frosinone – che negli istituti penitenziari funziona bene solo se è una costola della Telemedicina dell’azienda sanitaria che eroga i servizi clinici, con gli stessi meccanismi con cui vengono offerti sul territorio. La telemedicina ha un ruolo importantissimo per gli aspetti psichiatrici. Stiamo sviluppando un progetto pilota per le REMS (Residenze per Esecuzione in Misure di Sicurezza) che, tramite un sistema di Teleconsulto, consente di avere uno psichiatra presente anche dal suo smartphone H24 che interagisce con il paziente e con gli infermieri presenti nella struttura. Parallelamente stiamo avviando un percorso di teleconsulto psichiatrico e cardiologico per gli istituti penitenziari della nostra ASL”.

A livello nazionale il dato allarmante è che il 70% dei detenuti ha almeno una malattia. Il 70% fuma, quasi il 45% è obeso o sovrappeso, oltre il 40% è affetto da almeno una patologia psichiatrica, il 14,5% da malattie dell’apparato gastrointestinale, l’11,5% da malattie infettive e parassitarie, circa il 53% dei nuovi detenuti è stato valutato a rischio suicidio (Fonte DAP concessi da Antigone).
Ad oggi lo Stato spende oltre 8 miliardi per l’amministrazione della giustizia e il 35% di queste risorse sono destinate al carcere che, attualmente, ospita circa 53.000 persone, un anno fa erano oltre 61.000.

Tra il 2017 e il 2021, il bilancio del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) è cresciuto del 18,2% passando da 2,6 a 3,1 miliardi, una cifra che batte ogni record negli ultimi 14 anni e rappresenta il 35% del bilancio del Ministero della Giustizia. Entrando nel dettaglio di alcune voci si nota che, rispetto al 2020, aumentano i fondi, tra gli altri, per il funzionamento del servizio sanitario e farmaceutico, il mantenimento detenuti tossicodipendenti presso comunità terapeutiche (da 152 a 168 milioni), 4,5 milioni sono destinati a professionisti psicologi per le attività di osservazione e trattamento dei detenuti (fonte XVII rapporto sulle condizioni di detenzione Ass. Antigone). Alcune delle criticità più evidenti del SNN penitenziario sono la disomogeneità delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione; la farraginosità, obsolescenza e lentezza delle procedure per l’erogazione delle prestazioni sanitarie; l’inefficiente programmazione della spesa sanitaria e assenza di dati statistici sul “fabbisogno di salute»”.

 

 

 

Fonte: ilfaroonline.it

Redazione OSAPPoggi

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