Quando si dice certezza del diritto si pensa ad un sistema coeso, logico e lineare di norme delle quali è quasi intuitivo cogliere la ragione giustificativa e gli obiettivi. Quando si parla di certezza della pena allo stesso modo si intende un ordine coerente di sanzioni per cui appaia chiaro a tutti che violare una prescrizione, commettere un reato comporta una punizione già nota o comunque facilmente immaginabile.
Entrambi i principi stanno alla base di una società moderna, orientata ed ordinata.
Quel che accade nella grandi comunità riproduce spesso dinamiche e comportamenti già noti nei piccoli gruppi.
Pensiamo alla famiglia, alla scuola, ai contesti lavorativi e alle comunità sociali, religiose o scientifiche.
Ognuna di queste ha un proprio regolamento che disciplina il corretto funzionamento del gruppo. Esiste un ordine e vengono fissate delle regole la cui violazione comporta delle sanzioni che vanno dalle più blande ( avvertimento/ammonimento) alle più gravi ( l’allontanamento/l’espulsione).
L’organismo funziona non tanto e non solo se si rispettano le regole, perché la deviazione è purtroppo un dato strutturale, endemico, quanto se le regole sono chiare e funzionano le sanzioni.
Non a caso la nostra Carta costituzionale, sintesi encomiabile di principi e valori, riconosciuta ed apprezzata in tutto il mondo, sancisce il dettato della rieducazione della pena.
A chi piace, come al sottoscritto, illustrare concetti elementari, basta pensare al valore ed alla forza educativa di una “bella punizione”, del tipo “non esci per una settimana” oppure “vai a letto senza cena”, che i nostri cari genitori ci comminavano alla prima marachella. Non certo con spirito punitivo, quanto piuttosto con valore esemplare ed educativo.
Ecco pensate alla confusione che si crea quando il messaggio punitivo non è chiaro o addirittura contraddittorio, o peggio ancora quando la prescrizione violata non è ben chiara.
“Ma perché, sei cattivo!” È il minimo che si possa sentire controbattere dal confuso bimbo punito.
Se non comprendiamo quale è stato Terrore e quindi quale sia il motivo, la causa della sanzione, difficilmente saremo in grado di trarne il giusto insegnamento. Con la conseguenza che continueremo a sbagliare.
Mutatis mutandis (che per inciso non è una brutta parola), cioè cambiando il contesto di riferimento, il principio non cambia ed anzi acquista ancora maggiore forza. Se le istituzioni non sono in grado di dare prescrizioni chiare e facilmente riconoscibili non sono buone istituzioni.E come i cattivi genitori tireranno su cattivi cittadini.
Ho fatto tutto questo “paraustiello” ( termine della lingua napoletana che indica una premessa particolarmente argomentata) per sottolineare come l’atteggiamento contraddittorio delle nostre istituzioni nei confronti dei mafiosi sia assolutamente pericoloso, deleterio e sintomatico di una confusa linea politica, o forse peggio ancora di una assenza di strategia.
Alcuni commentatori hanno infatti riportato di una circolare, per me completamente sbagliata, emessa dalla direzione generale dei detenuti e del trattamento del Ministero della Giustizia. Trattasi di una circolare su un tema delicatissimo quale è quello dei reclami giurisdizionali avverso i provvedimenti di accoglimento di istanze provenienti dai mafiosi, detenuti al 41 bis. Una circolare che due o tre giorno dopo essere stata emessa è stata clamorosamente smentita dai vertici del Dap, che Fhanno sospesa appena se ne sono accorti, con un provvedimento, peraltro, condivisibile nel merito, ma con molta probabilità illegittimo perché adottato da un organo incompetente.
La prima circolare praticamente invitava i responsabili delle carceri a non fare reclamo avverso alcuni tipi di provvedimenti di accoglimento di istanze dei mafiosi sulle ore d’aria e sui contatti con gli altri detenuti, sull’assunto della esistenza di orientamenti giurisprudenziale consolidati della Corte di Cassazione.
Peccato che si sono dimenticati al Dap che nel nostro Paese non vige il principio del “precedente vincolante” e quindi la giurisprudenza di oggi può cambiare domani. Certo però se non si fanno i reclami è difficile ( impossibile) che l’orientamento cambi.
Posso solo immaginare la reazione dei vertici del DAP alla lettura di tale pasticcio e la decisione quindi della immediata sospensione.
Che brutta situazione! È come da piccolo mamma dice una cosa e papà ne fa un’altra. Praticamente un’altra bella frittata. E sempre creando situazioni imbarazzanti per le istituzioni, poco istruttive, per essere buoni, e che si traducono spesso in favori per le mafie.
I genitori che loro malgrado fanno il male dei loro figli non si possono cambiare, ma gli amministratori che fanno il male dei cittadini mi sembra di sì. Soprattutto quando questi errori iniziano ad essere troppo frequenti e spesso gravi.
O sono io che sbaglio?
Fonte: juorno.it