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CORONAVIRUS – LA CURA DEL PLASMA

 

La terapia a base di plasma dei guariti per il trattamento dell’infezione Covid-19 è sotto i riflettori e continua ad accendere grandi speranze in attesa dei risultati delle sperimentazioni in corso anche in Italia. Il ministero della Salute però avverte che “non è ancora un trattamento consolidato, perché non sono ancora disponibili evidenze scientifiche robuste” ma, parallelamente, si pensa già alla messa a punto di un possibile farmaco basato sul plasma e prodotto su scala industriale.

Cos’è il plasma e quando è  stato usato per curare – Il plasma è la parte più “liquida” del sangue ed è composto da acqua, proteine, nutrienti ed ormoni. Ma soprattutto contiene una quota di anticorpi che si sono formati dopo la guarigione dal virus i cosiddetti anticorpi “neutralizzanti”. Usare il plasma di un paziente guarito per un curare un malato è una tecnica che viene utilizzata da oltre 30 anni. Anche nelle due epidemie da coronavirus, la Sars del 2002 e la Mers del 2012 è stata adoperata con successo.

Come funziona – La terapia con plasma da convalescenti prevede il prelievo del plasma da persone guarite dal Covid-19 e la sua successiva somministrazione (dopo una serie di test di laboratorio, anche per quantizzare i livelli di anticorpi “neutralizzanti”, e procedure volte a garantirne il più elevato livello di sicurezza per il ricevente) a pazienti affetti da Covid-19 come mezzo per trasferire questi anticorpi anti-SARS-Cov-2, sviluppati dai pazienti guariti, a quelli con infezione in atto. Gli anticorpi (immunoglobuline) sono proteine coinvolte nella risposta immunitaria che vengono prodotte dai linfociti B in risposta ad una infezione e ‘aiutano’ il paziente a combattere l’agente patogeno (ad esempio un virus) andandosi a legare ad esso e “neutralizzandolo”. Tale meccanismo d’azione si pensa possa essere efficace nei confronti del SARS-COV-2, favorendo il miglioramento delle condizioni cliniche e la guarigione dei pazienti.

Dove viene usato attualmente in Italia – La sperimentazione è in corso negli ospedali di Pavia e Mantova. A Pavia la prima sperimentazione ha coinvolto 52 pazienti, la prossima ne dovrebbe coinvolgere 150. A Mantova questo approccio è stato sperimentato su 25 pazienti , tra questi anche una giovane donna incinta che è guarita.

Nuove sperimentazioni con il plasma verranno avviate anche all’ospedale di Pisa e presso l’Azienda sanitaria del Trentino. In corso test pure all’ospedale di Crema. I risultati tra i primi pazienti coinvolti nello studio sono incoraggianti. Secondo Giuseppe De Donno, primario del reparto di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova, intervistato da Tgcom24,  “il plasma, in questo momento, è l’unico farmaco specifico contro Covid-19”.

I costi della terapia – Il direttore del centro trasfusionale del Carlo Poma di Mantova Massimo Franchini ha spiegato: “I costi sono contenuti. Il plasma viene infatti donato gratuitamente. Il costo per la cessione ad altri ospedali è abbastanza basso, attorno ai 172 euro. Considerando che da ogni sacca si ricavano due dosi da infondere nei pazienti, ogni trattamento ha un costo di 86 euro”.

Il problema dei donatori e la questione sicurezza – Affinché ci sia a disposizione un buon quantitativo di plasma iperimmune servono tanti donatori ma non tutti i convalescenti hanno un numero di anticorpi sufficiente. Con il plasma donato da una persona guarita possono essere curate al massimo altri due pazienti. Cesare Perotti, primario di immunoematologia del San Matteo di Pavia, ha invitato tutti gli ospedali a “raccogliere più sacche possibile e congelarle, in vista di un possibile ritorno del virus a ottobre”. Non va trascurato neanche il problema riguardante la sicurezza: il sangue è vettore di altre eventuali infezioni, a partire dall’epatite o dall’Hiv. Prima di un prelievo vanno fatti controlli rigorosissimi, il che fa aumentare anche i costi della terapia.

L’uso del plasma dei guariti per creare un farmaco – Il direttore generale del Cns (centro nazionale sangue), Giancarlo Liumbruno, esprime “cautela in attesa delle evidenze scientifiche”, ricordando che la rete trasfusionale già da inizi marzo ha iniziato a selezionare i volontari guariti da Covid per la donazione del plasma da destinare agli studi sperimentali. Anche per Liumbruno, questa può essere una “opzione terapeutica ‘ponte’ in assenza di farmaci specifici o di un vaccino”. Strada parallela, ha spiegato, “è quella di utilizzare il plasma dei guariti per una produzione su scala industriale delle immunoglobuline, ovvero degli anticorpi, al fine di mettere a punto un farmaco. Ma questo dovrà poi essere testato. Su questo fronte – afferma – le aziende farmaceutiche si stanno attrezzando”. Uno sviluppo interessante e possibile, quest’ultimo, anche secondo il virologo Roberto Burioni che, sul suo sito Medical Facts, sottolinea come “la tecnologia ci consente di isolare i geni degli anticorpi dal plasma e produrne in laboratorio una quantità illimitata. A questo punto avremmo un siero artificiale che potrebbe essere prodotto in modo illimitato e a costi molto inferiori rispetto a quelli necessari per il plasma”.

TGcom24

Redazione OSAPPoggi

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