Mi hanno avvertito questa mattina, mentre “pensieroso e preoccupato” stavo leggendo, dopo l’accoltellamento di un 79enne a Milano da parte di un detenuto in permesso premio, che tali permessi vanno male solo nello 0,67% dei casi – SIC!
Ieri su LA7, in una trasmissione condotta da Massimo Giletti, si è parlato di Polizia Penitenziaria, ma non della Polizia Penitenziaria degli istituti, quella che si prende ogni giorno botte e insulti dai detenuti e neanche quella che prende gli schiaffi (immotivati) dal Garante dei detenuti Mauro Palma e quella delle sospensioni dal servizio da parte del Capo D.A.P. Francesco Basentini, con tanto di noncuranza-indifferenza da parte del Guardasigilli Alfonso Bonafede.
No! C’era la Polizia Penitenziaria di alcuni componenti della Banda musicale del Corpo (5 forse 6) che mesi or sono, avevano suonato al matrimonio della vedova di un boss della Camorra con un cantante neo-melodico napoletano e che, per tale ragione erano stati e tuttora sono, a quanto mi risulta, sospesi dal servizio.
Tra l’altro tra gli ospiti della trasmissione, per quello che mi è parso di vedere, c’era Alfonso Sabella magistrato, famoso “cacciatore di mafiosi”, che così tanto ha fatto per la Polizia Penitenziaria durante la sua permanenza al D.A.P….. e che, quindi, a ben ragione ne può parlare.
Ad un certo punto, durante la trasmissione si sente la voce di un sindacalista sedicente dell’O.S.A.P.P. (nessuna indicazione di chi fosse..) a difesa degli appartenenti alla suddetta banda musicale a detta dello stesso con un incarico nazionale (?) nel sindacato e poi, successivamente di un altro sindacalista di altro sindacato, in questo caso “vero” almeno nell’incarico nazionale che si sarebbe dissociato dal precedente intervento – SIC!.
Fermo restando che non risulta che alcun componente delle segreterie nazionali e regionali dell’O.S.AP.P. fosse l’intervistato da Giletti e che l’operazione posta in essere in quella trasmissione dall’altro sindacalista, non O.S.A.P.P. appare a mio avviso almeno sciocca dato il contesto, il problema ancora una volta quello delle motivazioni e dei perché.
Perché trattare un argomento del genere riguardo alla Polizia Penitenziaria in una trasmissione nazionale (senza tra l’altro invitare alcun appartenente o sindacalista del Corpo direttamente in trasmissione)?
A chi può giovare, dopo 7 mesi da quella vicenda, invero già mediaticamente trattata per diversi giorni, con tanto di servizi giornalistici e per la quale i 5 responsabili sono tuttora in “punizione” (non per eventuali contatti con la criminalità organizzata ma per doppio lavoro..), riproporre adesso questa immagine del Corpo?
Perché non parlare e non rappresentare, MAI, nelle trasmissioni televisive la Polizia Penitenziaria per quello che è e fa quotidianamente nelle carceri italiane, a contatto con i peggiori delinquenti e con i malati mentali, del tutto abbandonata a se stessa e senza neanche le uniformi da indossare?
Cosa volevano dimostrare ieri sera sulla “la 7”? Che i Poliziotti Penitenziari sono corrotti, infedeli e servi della criminalità organizzata?
Ho parlato solo una volta, qualche hanno fa, con Massimo Giletti per circa mezz’ora per una telefonata che mi avrebbero fatto in trasmissione. Mi aveva “promesso” che sulla Polizia Penitenziaria gliele avrebbe cantate perché lui è persona “senza peli sulla lingua” – il virgolettato è mio – ; poi in trasmissione mi ha fatto parlare per 7 secondi (forse perché eravamo su “la 7″…)!.
Ovviamente non ho più cercato contatti con Massimo Giletti, per carità ottimo giornalista, ma forse non proprio il giornalista interessato a trattare adeguatamente i problemi e le condizioni della Polizia Penitenziaria.
Resta quindi irrisolta la domanda del perché quel tipo di argomento, trattato in quel modo e con quel tipo di interventi in trasmissione riguardo alla Polizia Penitenziaria?
O forse i perché e i nomi del quando e del come li conosciamo già e li trattiamo-citiamo ogni giorno, contro il tentativo palese di abbattere la Polizia Penitenziaria e svilire le condizioni di sicurezza e legalità nelle carceri italiane.
Leo Beneduci