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Covid a Salerno, morto Sommella: era il cappellano storico del carcere

l Covid 19 fa ancora vittime tra sacerdoti e religiosi, che continuano a coprire la prima linea dello spirito, celebrando messa, confessando, consigliando, soccorrendo. Sabato si è spento, all’età di 97 anni, padre Riccardo Sommella, Missionario vincenziano, napoletano d’origine, ma salernitano d’adozione.

Un uomo coraggioso. Fino al 2011, per 44 anni, ha svolto il servizio di cappellano della casa circondariale di Fuorni. Più che un cappellano è stato un padre per detenuti, famiglie, direttori che si sono susseguiti, agenti di Polizia penitenziaria, personale amministrativo.

«Questo pomeriggio – ha scritto padre Salvatore Farì, confratello di padre Riccardo, che attualmente viveva nella Casa dei Vergini, amministrata a Napoli dalla Congregazione – ha iniziato la sua missione in cielo ricordandoci quanto egli stesso ha vissuto nella sua vita sacerdotale: “Ricordatevi dei carcerati come se foste loro compagni di carcere”». La citazione è tratta dalla Lettera agli Ebrei e sembra essere il testamento spirituale di padre Riccardo, che fino a tempi recenti, più forte dell’età avanzata, continuava a fare il missionario nel carcere napoletano di Poggioreale.

«Non lo avevo mai visto in diocesi – racconta don Rosario Petrone, suo successore nel carcere di Fuorni – poi ho capito il perché. Il lavoro con i detenuti non conosce sosta». Non voleva mai lasciare i detenuti tanto che, per casa, s’era scelto il secondo piano della canonica parrocchiale di Santa Maria Regina Pacis, sempre a Fuorni, dove fu accolto dal parroco don Lorenzo Gallo. «Mi ricordo – continua don Petrone – quando nel 2011 lo incontrai per il passaggio di consegne. Mi donò una reliquia della santa Croce, perché nei detenuti è proprio il volto di Cristo sofferente e crocifisso. È stato un modello di sacerdote che si è speso totalmente per i fratelli. Un sacerdote povero, nascosto, capace però di far sentire il profumo di Gesù.

Spesso ha vissuto in solitudine, non sempre compreso da tutti, anche all’interno della Chiesa, ma ci lascia un messaggio. Tutti dobbiamo pensare a questa parte di Chiesa che soffre. La pastorale carceraria non può essere curata da un uomo solo. È una responsabilità di Chiesa».

 

 

Fonte: ilmattino.it

Redazione OSAPPoggi

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