Intorno all’avvocato Alfonso Bonafede ruota il destino del governo. E Firenze torna a essere la capitale sottotraccia della crisi.
Fofò Dj. Dicono che nelle torride estati di Mazara del Vallo, dalla consolle della discoteca “Extasy“ si divertisse un mondo a sparare negli altoparlanti The rithm of the night invitando poi tutti in pista a ballarla: “Su le mani!”. In questo, anche se da allora il ruolo è cambiato, non più dj ma ministro di Giustizia, non sembra cambiato poi molto, visto che a ogni imputato pare ancora oggi idealmente dire: “Su le mani“, nella convinzione ipergiustizialista da lui espressa dalla Gruber che “un innocente non può finire in carcere”.
Che storia fantastica che è quella di Fofò dj , al secolo Alfonso Bonafede, guardasigilli col gusto della disco music. Siciliano di nascita ma fiorentino di studi e poi di residenza, per evitare il giudizio sul suo operato Giuseppe Conte, fiorentino per titolo accademico, rischia di saltare in aria sotto i colpi al curaro di un fiorentino di periferia come Matteo Renzi. Firenze caput crisis. L’ennesima suggestione di una vita, quella di Fofò, eepiena di meraviglie, a metà fra un romanzo di Francis Scott Fitzgerald e una commedia vernacolare di Tina Vinci e Ghigo Masino.
A Firenze l’attuale ministro della Giustizia arrivò a metà anni ’90 come giovane studente iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Una laurea con 105/110, quindi l’incontro destinato a cambiargli la vita (a lui e a noi): quello con il professore di diritto privato Giuseppe Conte.
E’ nei corridoi dell’ateneo fiorentino, in quel pezzo di Firenze che sembra un quadro di De Chirico, che nasce quel rapporto destinato a generare il più fantasmagorico esperimento di politica populista mai tentato prima nell’Italia repubblicana. Un premier venuto dal nulla e una maggioranza venuta da ogni dove. Ma torniamo a noi.
Allievo di Giorgio Collura, Bonafede chiese a Conte di potergli fare da assistente per il suo corso di diritto privato. Non solo. Grillino antelitteram e affascinato dalla battaglie antitutto, Bonafede a Firenze si fece notare come avvocato paladino dei No Tav, preoccupati che il previsto tunnel sotto i viali potesse danneggiare le abitazioni. Ma furono spiccioli di notorietà: in quegli anni i colleghi raccontano di averlo visto pochissimo a palazzo di giustizia e di averlo incontrato solo nei pressi del suo studio o nel bar sottostante, preso a grattugiare gratta e vinci del quale pare fosse appassionato. Una sorta di premonizione.
E’ infatti allora , e parliamo del 2006, che Bonafede pesca il Gratta e Vinci della vita. Ovvero entra a far parte del gruppo “Amici di Beppe Grillo” del Meet-up di Firenze. Che bingo!
A quei tempi il mondo grillino era una ridotta del sistema politica, un’entità così poco partecipata che i congressi si potevano tenere in una cabina del telefono. Lo dimostra il fatto che, candidatosi a sindaco nel 2009 contro Matteo Renzi, il nostro se ne uscì con l’1,9% dei voti, nemmeno il Partito delle Buone Maniere o i Neo monarchici. Ma la stagione del “vaffa“ e dell’abbondanza populista doveva ancora arrivare. Eccome se doveva arrivare.
Così quando nel 2013 il vento della protesta grillina si alzò impetuoso, lui lo intercettò nelle sue vele finendo dritto in Parlamento con altri 107 sconosciuti venuti da chissà dove. Il fatto che per diventare onorevole gli fossero bastati i 227 voti delle “parlamentarie“ la dice lunga sulla caratura del movimento, dove bastava avere una famiglia larga per diventare segretario, cardinale o generale. Tant’è.
Appena arrivato a Roma Alfonso mostrò di nuovo la sua qualità migliore: vederla lunga sul cavallo da scegliere, legandosi indissolubilmente a Luigino Di Maio. Cosa sia successo grazie a questa amicizia al vinavil ormai è storia.
Fu Bonafede, quando i grillini dovettero indicare un nome per il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, a suggerire quello di Giuseppe Conte e fu sempre lui, quando le trattativa per il governo fra Salvini e Di Maio erano in stallo sul nome del premier, a tirar fuori “l’avvocato degli italiani”. Per questo è stato ricompensato con lo strapuntino di Guardasigilli sia nel Conte I che nel Conte II, unico ministro ad avere conservato il ruolo nei due dicasteri
Con questa carica, dopo aver fatto proprio il credo forcaiolo Travaglio-Davigo, ha provocato la più clamorosa ondata di proteste forensi che la storia giuridica italiana ricordi, non sfuggendo ad alcune gaffe clamorose. Come quando a Porta a Porta confuse “dolo“ con “colpa“. Come quando sbagliò il 41 bis (carcere duro) con il 416 bis (associazione a delinquere di stampo mafioso ).Come quando andò a ricevere il terrorista Cesare Battisti vestito da piccolo secondino, trasformando le manette in uno show. O come quando diede vita a una polemica feroce con Di Matteo dopo le scarcerazioni facili per il Covid.
Adesso, la crisi rischia di farlo saltare in aria. Sarebbe un dispiacere. Perché Bonafede Guardasigilli, come Di Maio agli Esteri o Casalino boss di Palazzo Chisi, in fondo rappresentano una sorta di sogno americano buono per tutti noi. “Se ce l’hanno fatta loro – sembra dire l’uomo della strada – perché non pensare che anche io possa fare il fisico nucleare, l’astronauta o il bomber della Fiorentina?”.
Fofò Dj, l’ultima grande utopia in questi tempi senza speranza.
Fonte: lanazione.it