Le polemiche sulla giustizia a quasi trent’anni dalla strage di Capaci. Di Matteo: “I mafiosi sperano di uscire dal carcere”.
“Giovanni Falcone fu un uomo di Stato che a fronte di un fenomeno così complesso come Cosa nostra riuscì a concepire una reazione altrettanto organizzata e forte, sia da giudice a Palermo e con altrettanta efficacia da direttore degli Affari penali a Roma. Dove concepì un sistema normativo e ispirò una normativa approvata tra il 1991 e il 1992, che purtroppo oggi, anche in esito di alcune sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e della nostra corte costituzionale, stanno smantellando”.
Lo ha detto il consigliere del Csm Nino Di Matteo, intervenendo ad una trasmissione del Tg2 sul ventinovesimo anniversario della strage di Capaci, insieme con i giornalisti Lirio Abbate e Francesco Vitale. “Quello di quest’anno è un anniversario particolare. Dobbiamo avere il coraggio di dire che – ha proseguito Di Matteo – qualcuna delle idee più forti e importanti di Giovanni Falcone viene forse tradita.
E si stanno realizzando degli obiettivi che erano quelli propri anche di chi quell’attentato organizzò ed eseguì. Tra questi l’abolizione dell’ergastolo inteso veramente come fine pena mai”. “Ci sono molti di quei mafiosi che hanno fatto le stragi che sono ancora vivi, hanno dei seguaci in Cosa nostra e sperano anche di potere uscire dal carcere, quanto meno di potere ottenere dei benefici come la liberazione condizionale.
C’è il rischio che qualcuno ha partecipato alla stragi di Capaci e di via D’Amelio, e che è stato arrestato già la prima volta tra la fine del 1992 il 1993, tra un anno, pur non avendo intrapreso un percorso di di collaborazione con la giustizia, possa accedere a dei benefici penitenziari. Io credo che sia come uccidere un’altra volta Falcone e tutte le altre vittime delle stragi”.
Fonte: rainews.it