Quella della digitalizzazione del processo penale è, per la giustizia, la “sfida del secolo”: tempi ristretti, recupero di un gap che si trascina da anni, innovazione che negli ultimi anni ha galoppato (secondo la legge di Moore) sono fattori che si aggiungono a quella che dovrebbe essere il “cuore” della sfida: digitalizzare e non informatizzare, per non replicare gli errori o gli anacronismi a cui si è assuefatto il processo civile telematico.
La ministra della Giustizia Cartabia ha istituito con il D.M. Giustizia 14 aprile 2022il gruppo di lavoro per l’elaborazione degli schemi di decreto legislativo in materia di processo penale telematico e di ufficio per il processo penale, in attuazione della legge delega n. 134/2021 di riforma del processo penale.
Il gruppo di lavoro è coordinato da Michele Caianiello, ordinario di Procedura penale e direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Bologna, e ha davanti a sé tempi ristretti: i decreti delegati devono essere approvati entro un anno dall’entrata in vigore della legge delega (avvenuta il 19 ottobre scorso). Questo gruppo di lavoro è stato costituito a distanza di sei mesi dagli altri e i suoi lavori dovranno essere ultimati entro il 20 giugno 2022.
La riforma dovrà vedere la luce entro il 2022 e prevede un’attuazione progressiva e ulteriori strumenti attuativi verranno realizzati anche nel 2023.
Abbiamo posto qualche domanda al professor Caianiello, soprattutto sulla intenzione o meno del gruppo di lavoro di integrare gli aspetti normativi con quelli più operativi (infrastrutture e standard tecnici), su cui concretamente si gioca la partita. “Le riforme in materia di processo penale telematico e di ufficio per il processo penale coniugano profili giuridici, tecnici e organizzativi e rivestono un’importanza strategica per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza e di riduzione dei tempi del processo penale, stabiliti nel P.N.R.R.”, specifica il decreto del 14 aprile.
“Apparentemente i criteri di delega sono semplici; indubbiamente è centrale il tema della infrastruttura digitale e anche quello della gestione dell’accesso da remoto agli atti del fascicolo. Oggi l’infrastruttura manca. Occorrerà decidere se il deposito degli atti debba avvenire tramite una piattaforma o la Pec, che, al momento, è obbligatoria per gli avvocati ma non per i magistrati. È certo che bisognerà assicurare la parità di trattamento, al tempo stesso individuando soluzioni effettivamente praticabili” specifica Caianiello.
Il gruppo di lavoro si riunirà per la prima volta nei prossimi giorni: “Credo che, se siamo riusciti a realizzare come sistema Paese il fascicolo sanitario, ce la faremo anche con il fascicolo processuale; anche se la giustizia ha grande rilevanza pubblica e occorre tenere ben presente il tema rappresentato da quella forma di degenerazione che è costituita dal processo penale mediatico il tema della degenerazione mediatica”.
Abbiamo chiesto se il gruppo di lavoro affronterà la questione delle modifiche normative al cpp non solo con piglio teorico. L’intento è prevedere norme che siano efficienti in concreto e realizzabili alla luce delle condizioni oggettive della operatività dei sistemi”.
Infine il tema della conservazione a norma dei documenti e l’accessibilità, perpetua o meno: “ce ne dovremo occupare e stabilire se e come ad un certo punto, i fascicoli dovranno essere archiviati per sempre, per così dire”.
Gli avvocati penalisti dell’Ucpi, rappresentati anche nel gruppo di lavoro, chiedono garanzie. “Siamo favorevoli alla digitalizzazione a condizione che essa non vada a nocumento del diritto di difesa”, specifica Domenico Putzolu, referente di giunta Ucpi per l’Osservatorio Informatizzazione. “Nel periodo pandemico abbiamo dovuto sperimentare alcune disfunzioni, ma al danno si aggiungeva la beffa di doverle provare. Alla luce della esperienza pregressa, ci auguriamo due cose: che le infrastrutture siano all’altezza del compito; e che le norme prescrivano percorsi chiari e non defatiganti per il difensore e per il diritto di difesa, se qualcosa andasse male”. In periodo pandemico, per esempio, in caso di impossibilità di uploadare un atto, era l’avvocato a dover dimostrare che in quel preciso momento il portale non funzionava: “l’attestazione dovrebbe essere invece automatica”.
Quanto alla de indicizzazione, abbiamo chiesto se gli avvocati penalisti sono pronti a confrontarsi con i motori di ricerca: “Ci auguriamo che il legislatore delegato prevede un sistema centralizzato per canalizzare queste richieste ai motori di ricerca perché la relazione con queste entità è stata finora difficile”, specifica Putzolu.
Il gruppo di lavoro è sfidante perché vi partecipano non solo studiosi, esperti e rappresentanti ministeriali, con differenti professionalità ed esperienze (docenti universitari di procedura penale, di informatica e di informatica giuridica, avvocati, magistrati, personale della Direzione generale per i Sistemi informativi automatizzati – D.G.S.I.A del ministero della Giustizia e personale amministrativo delle cancellerie e delle segreterie degli uffici giudiziari). Ma anche i Capi e i Vice Capi di Gabinetto, Ufficio Legislativo, e i Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi e per gli Affari di Giustizia, oltre ai rappresentanti della segreteria della ministra: segno della importanza della sfida.
D’altra parte, anche il Documento di Economia e Finanza 2022 ribadisce la centralità delle riforme “orizzontali” della Giustizia previste dal PNRR, che hanno tra i loro obiettivi la riduzione della durata dei processi civili e penali (rispettivamente del 40 e del 25 per cento), nonché il miglioramento dell’efficienza e della prevedibilità del sistema giudiziario. Gli effetti della riforma determinano (stima il Governo) un aumento del livello del PIL nel lungo periodo di 0,7 p.p. rispetto allo scenario di base.
Fonte: Documento di Economia e Finanza 2022
PNRR: IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ORGANIZZA |
Nasce un nuovo dipartimento al Ministero della Giustizia, quello per la transizione digitale, l’analisi statistica e le politiche di coesione. Il Consiglio dei ministri del 21 aprile scorso ha approvato lo schema di Dpcm (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri), che istituisce il quinto Dipartimento all’interno del Ministero della Giustizia, nell’ambito del programma di riorganizzazione della Pubblica Amministrazione previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il Dipartimento della transizione digitale, l’analisi statistica e le politiche di coesione opererà attraverso tre direzioni generali: – Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati – Direzione generale di statistica e analisi organizzativa – Direzione generale per il coordinamento delle politiche di coesione. Si aggiunge ai quattro Dipartimenti già esistenti: Dipartimento per gli affari di giustizia; Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi; Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria; Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità. La costituzione del nuovo dipartimento è strategica rispetto agli obiettivi del Pnrr. Esso fornirà inoltre supporto al nuovo comitato tecnico scientifico per il monitoraggio sull’efficienza del processo civile, che è stato costituito e che si affiancherà all’analogo comitato relativo al processo penale. |
Quattro principali, oltre a quella dell’Ufficio per il processo: disciplinare obbligatorietà di deposito/comunicazioni/notificazioni con modalità digitali (upload) in tutti gli stati e gradi del processo degli atti e dei provvedimenti del giudizio (salvo eccezioni da stabilire con regolamento sentiti CSM e CNF o nei casi in cui la parte agisce personalmente. Il passaggio alla obbligatorietà sarà accompagnata da norma transitoria); la modifica del codice di rito per permettere di video e audio registrare gli interrogatori e le testimonianze e stabilizzare i casi in cui, con il consenso delle parti, sia possibile partecipare all’atto o all’udienza a distanza e da remoto; il varo di un Piano triennale per la digitalizzazione e sul fronte delle garanzie, la previsione del diritto all’oblio con la deindicizzazione delle notizie di processo ove la sentenza fosse di assoluzione e di non luogo a procedere (sicché anche tutti gli avvocati penalisti dovranno fare i conti con Google e altri motori di ricerca).
Il gruppo di lavoro dovrà stabilire i criteri per la formazione la conservazione degli atti processuali in formato digitale, garantendo autenticità, integrità, leggibilità, reperibilità e segretezza (quando prevista), identità del mittente e destinatario e certezza temporale della trasmissione.
Un regolamento ministeriale dovrà stabilire le regole tecniche (gli standard). Saranno disciplinati anche i malfunzionamenti del dominio @giustizia per garantire continuità al servizio con la previsione di meccanismi sostitutivi di deposito che assicurino la generazione di un messaggio di avvenuto perfezionamento.
Le previsioni di deposito/comunicazioni/notifiche on line riguardano anche le misure cautelari.
In nessun atto ufficiale però ho ritrovato una stima del flusso di depositi di atti tutto l’arco della vita del processo penale.
Collegato al deposito on line vi è il tema delle notifiche e del domicilio digitale dell’indagato/imputato, anche se la legge delega razionalizza “il collo di bottiglia” rappresentato dalla sua irreperibilità eventuale, stabilendo che dopo la prima, le altre comunicazioni vengano effettuate al domicilio del difensore.
Se fino ad oggi la documentazione di atti di indagine (interrogatorio non in udienza o prova dichiarativa) era affidata al verbale, con l’entrata in vigore dei decreti delegati varranno anche le riproduzioni fonografiche e audiovisive da affiancare al verbale. Inoltre la delega prevede, nella fase delle indagini preliminari, la registrazione audio per l’assunzione di informazioni dalle persone informate sui fatti. In questi casi, la trascrizione del contenuto delle dichiarazioni non sarà obbligatoria (in deroga a quanto attualmente previsto dall’art. 139 c.p.p., che la esclude solo con il consenso delle parti). Per il CSM questo intervento presenta criticità nella parte in cui sembra richiedere l’audio registrazione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti in ogni caso; una simile modalità obbligatoria di documentazione delle dichiarazioni potrebbe, infatti, compromettere gli esiti di attività di indagine svolte d’urgenza dalla procura.
LA DOCUMENTAZIONE DEGLI ATTI DEL PROCEDIMENTO PENALE |
La documentazione degli atti del procedimento penale è disciplinata dagli articoli 134 e ss. c.p.p. e si basa principalmente sullo strumento del verbale. La riproduzione fonografica o audiovisiva è prevista dall’art. 139 c.p.p. mentre l’art. 141-bis c.p.p. disciplina le modalità di documentazione dell’interrogatorio di persona in stato di detenzione. Tale disposizione, in particolare, prevede che ogni interrogatorio di persona che si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione, e che non si svolga in udienza, debba essere documentato integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti. La Commissione Lattanzi ha affermato che «Lo sviluppo tecnologico e l’abbattimento dei costi hanno reso la videoregistrazione dell’attività di assunzione di dichiarazioni una forma di documentazione diffusa negli altri Paesi e valorizzata, tanto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, quanto dalle fonti eurounitarie (si pensi, tra le altre, alla direttiva 2012/29/UE). Peraltro, la stessa Corte costituzionale ha auspicato l’introduzione di meccanismi di riproduzione dell’assunzione di prove dichiarative, che non solo potrebbero fungere da rimedi compensati nell’ipotesi di deroghe al canone di immediatezza (Corte cost., 29 maggio 2019, n. 132), ma potrebbero valorizzare proprio quest’ultimo principio, consentendo al giudice di motivare sull’attendibilità della prova dichiarativa potendo disporre di una verbalizzazione attendibile e puntuale dell’assunzione della prova. Com’è ben noto, laddove non ve ne sia traccia nel verbale di udienza, il giudice difficilmente potrebbe valorizzare in sentenza i tratti non verbali della comunicazione: con la videoregistrazione della dichiarazione assunta si avrebbe, invece, una documentazione affidabile anche di quei tratti prosodici del discorso, di guisa che il giudice potrebbe essere messo nelle condizioni di apprezzare la prova della testimonianza nel suo complesso. La stessa tecnologia deve essere posta al servizio delle garanzie di corretta esecuzione dell’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini e, almeno nella forma della audioregistrazione, dell’assunzione di informazioni dai potenziali testimoni durante le indagini preliminari. |
Fonte: Dossier Parlamentare Riforma processo penale |
A supporto del processo di digitalizzazione, l’articolo 2, commi 18-19, della legge 134, demanda al Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri per l’innovazione tecnologica e per la pubblica amministrazione, l’approvazione di un Piano triennale per la transizione digitale della amministrazione della giustizia e la costituzione di un Comitato tecnico-scientifico quale organismo di consulenza e supporto nelle decisioni connesse alla digitalizzazione del processo.
La legge 134, infine, delegano il Governo a modificare la disciplina vigente dell’ufficio per il processo istituito presso i tribunali e le corti d’appello, individuando:
Fonte: altalex.com
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