PALERMO- Dentro il carcere Ucciardone di Palermo entravano droga e mini telefonini.
Il nucleo della polizia penitenziaria ha eseguito due ordinanze di custodia cautelare e arrestato cinque persone, tra cui un agente, accusate di corruzione e commercio illecito di sostanze stupefacenti.
L’operazione “Mobile phones in cell” è stato coordinata dalla procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Andrea Fusco. Il giudice per le indagini preliminari Piergiorgio Morosini ha firmato i provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’agente di polizia penitenziaria Giuseppe Scafidi, del detenuto Fabrizio Tre Re, della moglie Teresa Altieri, di Rosario Di Fiore e James Burgio indicati i “fornitori.
Giuseppe Scafidi, Fabrizio Tre Re, Teresa Altieri e Rosario Di Fiore devono rispondere di corruzione; Tre Re e Burgio sono indagati anche per commercio illecito di sostanze stupefacenti.
Le accuse: soldi e telefonini
Secondo le indagini Giuseppe Scafidi, agente di polizia Penitenziaria sospeso dal servizio, in forza all’Ucciardone di Palermo, avrebbe accettato somme di denaro per introdurre uno smartphone e due miniphone all’interno del carcere.
I tre dispositivi erano destinati al detenuto Fabrizio Tre Re, condannato con sentenza della Corte di Appello di Palermo per l’omicidio di Andrea Cusimano, in concorso con Calogero Pietro Lo Presti. Il delitto avvenne al mercato del Capo di Palermo nell’agosto del 2017.
Scafidi avrebbe ricevuto la somma di 500 euro da Teresa Altieri, moglie di Tre Re, avvalendosi della mediazione di Rosario Di Fiore.
La consegna dei telefonini al detenuto fu sventata grazie all’intervento del servizio investigativo della polizia penitenziaria che sequestrò gli apparecchi. Attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali sono stati in oltre acquisiti ulteriori elementi di prova relativi ad un commercio illecito di sostanze stupefacenti.
Cinque chili di droga
E’ stato, infatti, possibile documentare alcuni episodi in cui telefonini illecitamente introdotti in carcere sono stati utilizzati dai detenuti per la vendita di droga.
Di uno di questi episodi si è reso responsabile lo stesso Tre Re che ha trattato telefonicamente con James Burgio, detenuto nel carcere di Augusta, la vendita a dei complici in libertà di una partita di circa 5 chili di droga.
Le intercettazione hanno svelato che all’interno del carcere esisteva un mercato per la vendita di miniphone e di Sim card. Il commercio veniva regolato attraverso un tariffario.
Sono stati iscritti nel registro degli indagati anche altri due detenuti: uno di loro avrebbe promesso a Scafidi 1.500 euro per l’introduzione di telefonini in carcere; l’altro avrebbe cercato di corrompere un altro agente di polizia penitenziaria.
Chi possiede un telefonino in carcere, non solo continua a gestire gli affari illeciti all’esterno, ma scala le gerarchie che esistono fra i detenuti all’interno del penitenziario.
Nuovo reato dal 22 ottobre
Le indagini riguardano il periodo aprile – 4 ottobre 2020 quando l’introduzione di telefonini all’interno degli istituti penitenziari non era penalmente sanzionata, ma aveva solo rilevanza disciplinare. Dal 22 ottobre scorso con l’entrata in vigore di un decreto legge è stato introdotto l’articolo 391 ter del codice penale, che punisce l’introduzione e l’utilizzo in carcere di tali dispositivi di comunicazione.
Fonte: livesicilia.it