Giammai avrei pensato che si arrivasse a tanto. Ma purtroppo ci stiamo arrivando. Noi, stupidi uomini degli anni Ottanta e Novanta, sordi alla litania “ma cu vu fa fari?”, andavamo dritti per la nostra strada pur raccogliendo i corpi inermi di colleghi della Polizia di Stato, carabinieri e magistrati assassinati. E mi domando: perché e per chi sono morti? Per questo imbelle Stato, che dopo Pasqua ci farà trovare nell’uovo la sorpresa? Che Paese ingrato. Che Paese che non rispettava i propri figli da vivi, figuriamoci da morti.
In quegli anni eravamo una sparuta pattuglia di sognatori e patrioti, che onoravano il giuramento di fedeltà verso lo Stato. E ora il gotha mafioso attende trepidante che la Corte costituzionale dichiari incostituzionale la norma del carcere duro. In subordine qualora venisse dichiarata la legittimità, il cerino acceso passerebbe ai magistrati di sorveglianza, che dovranno decidere se concedere ai mafiosi e terroristi permessi premi facendoli uscire dal carcere. Immaginate l’enorme responsabilità che si vuole addossare ai magistrati di sorveglianza.
Quindi, nei due casi calza a pennello un detto: “agneddu e sucu e finiu u vattiu” (agnello col sugo ed è finito il battesimo). La citazione indica uno stato con cui ci si dimentica del passato e si ritorna al presente come se nulla fosse accaduto. Le stragi mafiose, i morti ammazzati per volere di mafiosi e terroristi non hanno lasciato nessun segno? Sono morti che non contano più? Io non capisco questo Paese, che riesce così facilmente a dimenticare il passato. L’ho scritto reiterate volte, l’Italia è uno Stato che soffre di ipoacusia acuta, perché non sente l’urlo di giustizia dei familiari vittime di mafia e terrorismo. Invero, oggi si tenterà di premiare la consorteria criminosa che ha insanguinato il Paese.
Ai familiari di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, di altri magistrati, poliziotti, carabinieri, di Nencioni, famiglia distrutta nella strage di Firenze (morti papà, mamma e due bambine di 9 anni e 50 giorni di vita) oltre allo studente Dario Capolicchio di 22 anni, cosa diciamo? Scusate, è giunto il tempo di far fare ai mafiosi una passeggiata in via D’Amelio, Capaci, in via dei Georgofili a Firenze o via Palestro a Milano? Altro luogo funesto per strage mafiosa. Io, davvero, non capisco come si possa solo pensare di premiare chi si è macchiato di gravi delitti in assenza di pentimento e collaborazione coi magistrati. Oggi, i miei capelli canuti mi consentono di affermare che in questo Paese il fio è un optional. Il sangue innocente versato da chi ha scritto la pagina d’oro della lotta alla mafia non può essere macchiato da una decisione incomprensibile.
Spero che si ravvedano. Qualcuno dice che è l’Europa a voler abolire l’ergastolo ostativo. Ebbene dov’erano i soloni dell’Europa, quando a Palermo era più facile morire che vivere? Io c’ero, non dimentico e non comprendo! E se dovesse essere abolita la norma sul carcere duro, per favore state lontano dai luoghi simbolo della resa dello Stato alla mafia. Smettetela di posare corone d’alloro ad ogni anniversario. Abbiate il coraggio di stare lontano da via D’Amelio, Capaci, via Isidoro Carini (generale Dalla Chiesa), via Federico Pipitone (Rocco Chinnici). L’elenco è lunghissimo, per cui cito per tutti Ninni Cassarà (mio capo), vice dirigente della Mobile palermitana assassinato a Palermo.
Fonte: ilfattoquotidiano.it – Pippo Giordano