GENOVA – Un microfono e le casse acustiche per farsi sentire e dialogare con i reclusi: così una trentina di anarchici e antagonisti ha manifestato nel pomeriggio per l’ennesimo volta per esprimere solidarietà con i detenuti del carcere di Marassi.
Tutto intorno decine di agenti della DIGOS a controllare e i poliziotti del reparto mobile pronti a intervenire a debita distanza.
Si tratta di una protesta nazionale che coinvolge molte città italiane e nasce dalla contestazione iniziata l’otto marzo dello scorso anno, in coincidenza con l’avvio del lockdown che svuotava le strade mentre i reclusi degli istituti denunciavano le condizioni in cui erano costretti a convivere in tanti in una cella a causa della pandemia.
“Quattordici detenuti – si legge sui volantini degli organizzatori della manifestazione – sono morti per il covid negli istituti di Bologna, Modena, Frosinone, Milano, Opera, Milano San Vittore, Roma, Rebibbia, Foggia e Pavia. Nelle carceri sono sono stati cancellati i colloqui con i familiari e con gli avvocati”.
Siccome in zona arancione le manifestazioni sono vietate gli organizzatori di questo sit in, se identificati, rischiano una denuncia per aver contravvenuto le direttive anti covid.
I manifestanti ne sono consapevoli, e al cronista hanno spiegato: “Il rischio che corriamo noi è poca cosa rispetto all’inferno di chi è recluso nelle celle al tempo del covid. Dietro le sbarre non ci sono solo delinquenti pericolosi ma anche poveri diavoli che nella vita non hanno avuto la possibilità di scegliere e cittadini imprigionati solo per avere manifestato le proprie idee”.
Fonte: primocanale.it
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