Si era presentato bene il ministro Bonafede nel 2018, belle parole, bel sorriso ed una asserita vicinanza alla Polizia Penitenziaria che aveva suscitato tanti gradimenti nei Colleghi/e e soprattutto in chi aveva intravisto nelle tesi del movimento dei 5 stelle la possibilità di un effettivo riscatto della politica italiana da decenni di assenza dai bisogni della gente comune.
Trasparenza, uguaglianza, libertà, onestà forse competenza, anche se non subito, ma con il tempo giusto di qualche mese per capire e imparare ad amministrare.
Si era presentato bene il Ministro Bonafede, tante belle parole, un bel sorriso e un PM, Francesco Basentini, come nuovo capo del Dap, uno che la politica degli sporchi interessi personali, si diceva, l’avesse combattuta in campo aperto e che conosceva bene la Polizia Penitenziaria perché utilizzava da tempo una scorta del Corpo.
Tante belle cose i primi tempi: priorità alla Polizia Penitenziaria, Nuclei e Servizi di P.G., forse una direzione generale del Corpo.
Eravamo nel 2018 ma già alla fine di quell’anno i primi segnali del niente in corso e in progetto, né da parte di Bonafede né da parte di Basentini, si erano palesati, anzi negli istituti penitenziari, alcuni dei quali del tutto abbandonati a loro stessi, a cominciare dal caso più clamoroso di San Gimignano, le tensioni si stavano accentuando ed altrettanto il senso di “smarrimento” nel Personale del Corpo che sempre di più riconosceva quale pressoché unico segnale di attenzione dell’Amministrazione quelle sospensioni dal servizio, a firma del capo del Dap Basentini, che alcuni iniziavano a ricevere.
Nulla di meglio neanche per il 2019. Delle principali rivendicazioni dei sindacati della Polizia Penitenziaria, culminate nel mese di marzo con un incontro con il Guardasigilli a via Arenula, prendeva piede solo la possibile revisione “teorica” degli organici, nulla invece riguardo alle aggressioni (una circolare operativa mai varata) o per gli arretrati degli oneri alloggiativi nelle caserme malgrado la “promessa” individuazione di uno stanziamento di 1.5 mln di euro.
Nel frattempo, per le carceri ma di fatto “contro” il Personale di Polizia Penitenziaria, fino persino a sostituirsi in alcune pubbliche esternazioni agli organi dell’Amministrazione, prendevano sempre più piede i garanti dei detenuti, a cominciare da quello nazionale, mentre si intensificavano le sospensioni dal servizio e a seguito di denunce di detenuti-garanti e qualche appartenente al Corpo veniva anche arrestato per presunte percosse divenute torture, per la prima volta nella storia italiana, secondo le ipotesi accusatorie delle Procure .
La breve cronistoria perviene fino ai giorni nostri, con il secondo Governo Conte e la coppia Bonafede-Basentini sempre al proprio posto e con un’Amministrazione arrivata al punto in cui è adesso ed in cui persino lo strumento del Riordino delle Carriere, norma controversa ma riconosciuta quale conquista nelle altre Forze di Polizia/Armate, è diventato per la Polizia Penitenziaria l’elemento utile a dimostrarne l’inconsistenza politica nella vicenda della indipendenza gerarchica, almeno da parte di 147 neo-dirigenti di Polizia Penitenziaria, prima concessa (ma dovrebbe esserlo nei confronti di tutti gli appartenenti) e poi negata dallo stesso ministro a seguito delle proteste di 200, forse meno, direttori penitenziari e di un sicuro interessamento contrario al Corpo dei garanti.
Trasparenza, uguaglianza, libertà, onestà e forse competenza?
Se ci dovessero essere state da qualche parte dal 2018 ad oggi, Noi non le abbiamo viste, però abbiamo visto una infinità di errori a cominciare dalla storia degli oneri alloggiativi e tantissima improvvisazione-frammentazione, oltre all’accentuarsi in concreto dei vecchi luoghi comuni propri di una cultura datata ma, a quanto sembra, rinnovata anche dalla sedicente “anti-politica” che vuole i poliziotti penitenziari brutti, sporchi e oltre che cattivi e picchiatori, non in grado di gestire se stessi e il proprio lavoro senza i necessari padri-padroni.
LEO BENEDUCI
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