Il procuratore di Catanzaro: «Hanno trovato più di 28 milioni di euro per costruire le Case dell’Amore. Avete idea dei messaggi che possono essere mandati all’esterno grazie a questa idea?»
«Nel suo discorso di insediamento Draghi non ha detto una sola volta la parola mafia. Ha un piano? Una visione? Vorremmo sapere se ha delle proposte per contrastare le mafie, ma credo che la giustizia e la sicurezza non interessino a questo Governo e che Cartabia non sia il Ministro che serviva all’Italia. Appena nominata ha incontrato il Garante dei detenuti e Nessuno tocchi Caino, i magistrati li ha incontrati dopo un mese. Non cambia nulla? Forse. Ma la forma è sostanza. E questo fa capire l’indirizzo di questo Governo». Inizia così l’intervento di Nicola Gratteri, Procuratore di Catanzaro, al corso «Le mafie ai tempi dei social», organizzato da Fondazione Magna Grecia e ViaCondotti21 con il Gruppo Pubbliemme, Diemmecom, LaC Network e l’Università LUISS, andato in onda in diretta streaming su LaCNews24.
Nel mirino del procuratore di Catanzaro, in particolare, i fondi per l’applicazione della legge sull’affettività in carcere, che però non è ancora stata discussa in commissione Giustizia del Senato. «Hanno trovato più di 28 milioni di euro per costruire le Case dell’Amore, un luogo dove i detenuti possono incontrarsi per 24 ore con moglie, marito e amanti», ha polemizzato Gratteri. «Avete idea dei messaggi che possono essere mandati all’esterno grazie a questa idea? Questo abbiamo portato a Palermo nel 30esimo anniversario della strage di Capaci, quando tutta la politica è andata a onorare Falcone, le Case dell’Amore».
Il procuratore ha parlato quindi dell’evoluzione delle mafie e dalla ricerca del consenso: «Le mafie oggi sono mimetizzate nel tessuto sociale ed economico, ma non esisterebbe la mafia senza la relazione con le classi dirigenti, sarebbe criminalità comune. La mafia ha bisogno del territorio e del consenso popolare, il boss ha bisogno di pubblicità, è un imprenditore. Così la ’ndrangheta si è presa la Calabria e un quarto di Milano. Certe cose bisogna dirle. Io mi sono creato una vita da recluso, ma sono libero di dire quello che voglio perché non appartengo a nessuna corrente. Il silenzio è complicità».
Fonte: ildubbio.news
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