
di Leo BENEDUCI_ Un sottosegretario alla Giustizia (Andrea Delmastro) che gioca a pallone con un dirigente superiore di Polizia Penitenziaria (l’unico esistente) e un altro dirigente in un campetto ad uso dei ragazzini nelle adiacenze di P.zza del Popolo a Roma sede dell’Annuale del Corpo 2025 e che lo fa pubblicamente a beneficio e consumo di altre decine di appartenenti al Corpo colà presenti e dei molteplici e sporadici curiosi, costituisce una novità assoluta e di estremo interesse. Qualcuno afferma che il livello del giocatore, a parte le esortazioni “palla, palla” a beneficio degli occasionali osservatori non fosse eccelso e persino rammentasse espressioni riferibili a precisi ventenni della storia italiana della storia italiana tipo “guerra del grano”…. Ma non si era a torso nudo e noi non vogliamo offendere nessuno nè di oggi e soprattutto del passato, tra l’altro nel bene e nel male di ben altro spessore, solo ci chiediamo se tali esternazioni dimostrino accresciuti livelli di democrazia e/o di partecipazione degli appartenenti alla Polizia Penitenziaria nello specifico interesse degli stessi, per quanto attiene alla gestione delle vicende, ahimè ad oggi miserevoli, penalizzanti e gravi del servizio negli istituti penitenziari. È così vicino e raggiungibile da tutti il sottosegretario Delmastro e con lui è altrettanto vicino e raggiungibile per il personale “minuto” e di trincea il dirigente superiore unico e immenso del Corpo? Parliamo innanzitutto di verità storiche: questa Polizia Penitenziaria non ha 208 anni come vuole farci credere la propaganda ufficiale. La Polizia Penitenziaria è stata istituita nel 1990, appena 35 anni fa. È come abbattere un rudere di Duemila secoli, costruire una villetta moderna sulle sue macerie e poi affermare con convinzione che l’edificio ha duecento anni. Questa distorsione della realtà è solo il primo segnale di quanto sia inautentica la narrativa che circonda queste celebrazioni. La “Città della Legalità” allestita a P.zza del Popolo a Roma, che sembra tanto il Paese dei Balocchi o Disneyland, è una vetrina patinata che con la realtà penitenziaria ha poco o nulla a che vedere. Negli stand si parla di laboratori DNA all’avanguardia, ma si tace sul fatto che negli istituti reali spesso non viene nemmeno prelevato, con enormi arretrati che giacciono in attesa, così come non viene più effettuata la battitura delle inferriate. Si esibiscono droni e tecnologie avanzate, mentre negli istituti gli agenti lavorano ancora con strumenti anacronistici: cartoncini compilati a mano, biro o matite consumate, anfibi con la suola sfondata che nessuno si preoccupa di sostituire, pesanti mazzi di chiavi che tintinnano lungo corridoi fatiscenti. Perché nessuno ha mostrato immagini delle evasioni recenti, delle aggressioni quotidiane al personale, dei traffici illeciti che prosperano in molti istituti, dei suicidi? Perché non hanno girato un video autentico al Lorusso e Cutugno di Torino o al “transito” di Sollicciano, mostrando le condizioni reali in cui operano gli agenti e vivono i detenuti? Gli oggetti sequestrati esposti negli stand meritano un’attenzione particolare. Le scatolette di tonno, tanto sbandierate come potenziali armi, sono praticamente inesistenti nelle carceri moderne: vietate da anni in quasi tutti gli istituti proprio per ragioni di sicurezza. Ma c’è di più: se autentici, questi oggetti sarebbero “corpi di reato” e dovrebbero sottostare a precise regole di conservazione e, all’esito dei procedimenti disciplinari o penali, essere distrutti. Sono forse imitazioni? Chi le ha realizzate dimostra di non conoscere realmente la galera e le sue dinamiche. Giocare a pallone mentre i colleghi in trincea prendono fornelletti in testa, sputi e bastonate è un oltraggio alla decenza e il sottosegretario con il dirigente superiore nella realtà, dismessa l’immagine bonaria delle maniche di camicia, sono disponibili solo per punire ovvero per attribuire agli altri le colpe proprie. Allestire stand per arruolamenti mentre le persone si dimettono e i concorsi vanno deserti è pura ipocrisia. Presentare una cella che non rispecchia minimamente quelle di Sollicciano, Trapani, Prato, Torino o San Vittore è falsificazione della realtà. La verità è che in molte carceri mancano legalità e sicurezza perché sono nelle mani della criminalità organizzata, mentre i vertici dipartimentali riempiono il personale di circolari e procedimenti disciplinari. I poliziotti si trovano così a combattere su due fronti: contro il rischio quotidianamente nelle sezioni e contro una burocrazia soffocante che sembra più interessata a punire che a supportare. Nessuno ha mostrato i mezzi fatiscenti su cui viaggiano i poliziotti per le traduzioni, spesso insicuri e inadeguati. Nessuno ha parlato delle droghe che circolano negli istituti nonostante i controlli. In tutta questa esibizione dell'”evoluzione”, non hanno fatto vedere il ferro della battitura, né spiegato perché si parla di droni e tecnologie avanzate quando non esiste nemmeno un body scanner nelle carceri. E a proposito di omissioni, perché non hanno mostrato le casette dell’amore che già esistono e presto entreranno in funzione in alcuni istituti? Questa celebrazione centralizzata è un monumento all’ipocrisia di un sistema che preferisce apparire piuttosto che essere. Nel frattempo, migliaia di poliziotti penitenziari continuano a cercare di garantire la sicurezza del Paese con professionalità e sacrificio, meritando ben altro riconoscimento che vedere il loro sottosegretario giocare a pallone mentre loro affrontano quotidianamente rischi concreti nelle trincee del sistema penitenziario italiano…
Andiamo avanti così cari Nordio e Meloni o finalmente voltiamo pagina?
Un caro saluto a tutti.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP