
di Leo Beneduci_ I PROVVEDITORATI REGIONALI CERCANO, SENZA RIUSCIRCI, DI SUPERARE LA PROTERVIA DEL DAP – IN TOSCANA DUE PESI E DUE MISURE NELLA GESTIONE DEI DETENUTI VIOLENTI. Il Provveditorato di Firenze agisce con sorprendente disinvoltura nel trasferimento dei detenuti esagitati, mentre i direttori “a scavalco” e alcuni comandanti brillano per la loro assenza nelle strutture penitenziarie toscane più problematiche. Con impressionante creatività burocratica, motivi di ordine e sicurezza vengono mascherati dietro vaghe “ragioni d’istituto”, permettendo così lo spostamento di soggetti violenti da strutture di primo livello verso istituti di terzo livello, impreparati e sottodimensionati. La realtà è questa: quando si tratta di alleggerire alcune strutture “privilegiate”, il trasferimento diventa immediatamente praticabile; quando invece si tratta di garantire sicurezza al personale delle carceri ipodotate, tutto diventa improvvisamente difficile, complicato, impossibile.
Questo sistema di trasferimenti selettivi crea uno squilibrio evidente: alcune sedi ricevono regolarmente detenuti violenti, spesso nel fine settimana quando il personale è ridotto, mentre altre vengono completamente esonerate da questi carichi. Come per magia, compaiono anche “detenuti redenti” che con un curriculum di oltre cento eventi critici passano al regime aperto senza reali cambiamenti comportamentali. Tutto questo accade mentre il vertice dell’Ufficio Detenuti parla di rigore, ma le sue disposizioni nelle strutture toscane principali restano lettera morta. Il Provveditorato, non contento, starebbe persino dirottando in Umbria altri detenuti esagitati in vista dell’istituzione del PRAP Umbria-Marche. Se ci fossero Provveditorati dei fatti e non delle parole, la distribuzione dei detenuti problematici seguirebbe criteri equi e trasparenti, invece di scaricare il problema su strutture già in difficoltà. Ma quei Provveditorati, evidentemente, non ci sono. Chi lavora nelle sezioni detentive di quegli istituti sfavoriti non dovrebbe temere, oltre ai detenuti violenti, anche l’arbitrarietà delle decisioni dei propri vertici amministrativi. E soprattutto, lo abbiamo già scritto, se ci fosse un Dap dei fatti e non delle parole o delle scelte “interessate”…che invece non c’è perché il posto dell’istituzione, reso vacante, è occupato da altro con altri finalità, metodi, spese e risultati. In tale ottica, peraltro, si dice che oggi in Consiglio dei Ministri sia nominato il o la Capo del Dap, dalla qualcosa deriverebbe la “traslazione” in avanti di incarichi di alta dirigenza (comprese le due direzioni generali del Corpo in affidamento ad un unico plenipotenziario) e, stante l’allestimento presso lo stesso Dipartimento di un ufficio dedicato ad un Sottosegretario alla Giustizia (non sappiamo chi) con l’effettivo passaggio dell’Amministrazione penitenziaria centrale da Protettorato a Feudo (sic!).
Un triste ma comunque solidale abbraccio a tutti, sempre rammentando che l’O.S.A.P.P. c’è e non molla.
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP