Con il voto nettamente contrario di Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo è stato eletto a larga maggioranza (19 voti a favore) come nuovo Procuratore di Roma al posto di Michele Prestipino, Francesco Lo Voi, 64 anni, esponente di Magistratura Indipendente. Una decisione già acclarata e prevedibile. Durante il plenum è stato presentato dal forzista Alessio Lanzi il curriculum di Lo Voi: scintillante, inattaccabile, per chi non conosce i fatti. Tuttavia il consigliere Di Matteo ha rilevato alcune ‘aggiunte’ che “non corrispondono alla realtà”: “È errato – ha detto – indicare a pagina 165 in alto che tra le indagini di gravissima delicatezza che avrebbe condotto in cui era sostituto alla Dda di Palermo ci sarebbero pure quelle relative alla strage di Capaci. Naturalmente procedimento competente fin da allora della procura di Caltanissetta, ex articolo 11. Cosi come, ma soltanto per una precisazione che non vuole essere polemica, ma per amore della verità, è stato più volte fatto riferimento all’esperienza del dottor Lo Voi maturata in questi ultimi sette anni quale responsabile della Dda di Palermo composta (si elegge nel documento, ndr) da 25 magistrati”. “Dovremmo ricordare – ha continuato Di Matteo – che attualmente, e gradualmente, dal 2014 il numero di sostituti addetti alla Dda è sensibilmente diminuito. Al maggio del 2021 la Dda di Palermo è composta da 13 su 25 sostituti. Quindi opera ad organico dimezzato. Solo 5 sostituti fanno parte della Dda di Palermo e provincia, 5 sostituti nel territorio di Trapani e provincia e 3 nel territorio di Agrigento”. Per dovere di cronaca inoltre è necessario ricordare alcuni punti particolarmente rilevanti del percorso professionale del neo procuratore di Roma. Lo stesso Lo Voi è stato uno di quei magistrati che, nei giorni immediatamente successivi alla strage di via D’Amelio, aveva rifiutato di schierarsi con gli otto pm che si erano dimessi – in polemica con il procuratore Pietro Giammanco che aveva osteggiato Paolo Borsellino. Lo stesso Procuratore inoltre, da sostituto pg, aveva rifiutato di rappresentare la pubblica accusa nel processo d’appello a Giulio Andreotti. Oltretutto Lo Voi durante il suo soggiorno alla procura di Palermo aveva emesso una circolare in cui aveva evidenziato il rischio di una “fibrillazione all’interno degli ambienti criminali anche legati a Cosa nostra”.
In quella nota il Procuratore aveva invitato espressamente i colleghi “a prestare particolare attenzione ai profili di sicurezza”. Peccato che non aveva fatto cenno ai 150 kg di tritolo destinati al progetto di attentato nei confronti dell’allora pm Nino Di Matteo che ancora sono nascosti nella città di Palermo o nelle zone limitrofe. Sempre Lo Voi, è bene ricordare, è sempre stato un uomo capace di raccogliere gradimento bipartisan senza troppi problemi, un “uomo a tutto tondo” parafrasando Giorgio Gaber. Soggetto estremamente ‘gradito’ al Quirinale durante gli anni in cui ‘Re Napolitano’ – per usare un eufemismo – non aveva certamente favorito la ricerca della verità sul biennio stragista ’92/’93. Infatti il 22 dicembre 2014 (stessa data di oggi) era stato proprio l’allora Capo dello Stato con un irrituale intervento del Colle ad aver spianato la strada della procura di Palermo a Lo Voi: una scelta che all’epoca qualcuno interpretò come un modo per sopire sul nascere le polemiche su un’elezione contestata poiché all’epoca era, carte alla mano, il più giovane e inesperto dei candidati alla guida dell’ufficio inquirente siciliano. Anni dopo a spiegare che tipo di logiche si erano mosse dietro a quella nomina sarà Luca Palamara davanti alla commissione Antimafia: Guido Lo Forte (al tempo in corsa anche lui per la procura di Palermo) – ha detto – “era considerato un magistrato sostenitore dell’inchiesta sulla Trattativa Stato-mafia, che come noto lambiva, per usare un eufemismo, il Quirinale”. Lo Voi, invece, “veniva ritenuto uno con un atteggiamento più morbido” nei confronti della medesima inchiesta. Il neo procuratore capitolino è ben visto anche da Matteo Renzi, ma pure da Silvio Berlusconi che lo aveva scelto, su indicazione di Angelino Alfano, di rappresentare l’Italia all’interno di Eurojust. Inoltre è altrettanto noto che Lo Voi al momento della sua elezione a Procuratore di Palermo nel 2014 era stato appoggiato da Maria Elisabetta Alberti Casellati, in quel momento membro laico al Csm in quota Forza Italia e oggi presidente del Senato. L’elezione aveva provocato la reazione dall’ala progressista di Area: la corrente aveva sottolineato l’insolita “convergenza dei laici di tutte le forze politiche, quasi che la politica avesse di fatto voluto scegliere il procuratore; e senza che vi fosse quello sforzo sino all’ultimo perorato dai consiglieri di Area per ottenere una nomina condivisa”. Meluis re perpensa, quella stessa ‘convergenza’ si è verificata anche durante la seduta odierna: il suo nome è stato proposto (e poi votato) da un consigliere laico di Forza Italia, Alessio Lanzi, seguito da Alessia Dal Moro, consigliera togata di Area, la corrente progressita delle toghe, il moderato di Unicost Michele Ciambellini, il presidente della commissione Antonio D’Amato, esponente di Magistratura Indipendente, la componente più conservatrice della quale fa parte lo stesso Lo Voi. Questa elezione dimostra come il Csm operi ancora oggi con delle logiche correntiste invece di basarsi sui meriti dei magistrati. Pur essendo accettata dalla legge, questa metodologia può portare a conseguenze di natura illecita, come dimostrato dal Caso Palamara e, cosa ancor più grave, arriva a ledere quel principio fondante dello Stato di diritto che è l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
Il cambiamento non può che arrivare da consiglieri come Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita e altri magistrati come loro: giovani ed estranei a queste “vecchie” logiche di potere ormai imperanti nei Palazzi Capitolini e non solo.
Di Matteo e Ardita: “Viola ingiustamente penalizzato dal caso Palamara”
Lo sconfitto è stato il procuratore di Firenze Marcello Viola il quale ha avuto solo i voti di Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita. Quest’ultimo, in veste di relatore della delibera, ha evidenziato come Marcello Viola abbia “il doppio dell’esperienza direttiva (7 anni e mezzo a fronte di 4 anni e 4 mesi) e otto anni in più di funzioni giurisdizionali tutte svolte con eccellenza, una più variegata esperienza di direzione di Uffici, e ha ottenuto risultati documentati sul piano organizzativo”.
Lo stesso Di Matteo ha ricordato come il pg di Firenze abbia “esercitato le funzioni giudiziarie per 8 anni in più, se consideriamo che invece Lo Voi è stato consigliere al Csm e fuori ruolo ad Eurojust“ evidenziando inoltre quelli che dal suo punto di vista sono i veri motivi che hanno fatto saltare l’elezione di Viola: “Non voglio essere ipocrita: il grande e vero motivo per cui non viene valorizzato il profilo del dottor Viola è legato alla vicenda dell’hotel Champagne del 2019. Infatti la sua nomina, che sembrava avviata in Csm, è stata interrotta in esito ad alcune vicende: per la fuga di notizie sull’esistenza delle intercettazioni di alcuni componenti della V commissione che è stata ripresa anche da due importanti quotidiani”. “Quella fuga di notizie – ha continuato Di Matteo – prendendo spunto da trascrizioni in molte parti approssimative, accreditò l’idea che alcuni partecipanti tra cui l’onorevole Lotti sponsorizzassero Viola perché lo consideravano vicino a loro”. La trascrizione approssimativa è riferita all’ormai nota intercettazione in cui Lotti sembrava dire: “Si vira su Viola”. In realtà il deputato del Pd diceva, come anche verificato dalle stesse commissioni del Csm: “Si arriverà su Viola”. “La frase di Lotti – ha commentato Di Matteo – sembrava quasi un’esortazione, quel ‘si vira su Viola‘, mentre è stato accertato che la frase era diversa ‘si arriverà su Viola”. L’ex pm di Palermo ha insistito su questo punto: “Non bisogna essere ipocriti: Viola è stato ingiustamente penalizzato e lo è anche oggi da quella vicenda. Nessun elemento è in possesso del Csm per ritenere che Viola abbia fatto alcunché per interessarsi alla nomina. Viola è la vittima, è stato ingiustamente penalizzato, e lo è tuttora nel giudizio comparativo, da quella vicenda che è il grande ‘non detto’ di oggi, anche se è chiaro che Viola è la vittima principale di un caso in cui non ha giocato alcun ruolo”.
Giorgio Bongiovanni e Luca Grossi
Fonte: antimafiaduemila.com
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