Parla Giacomo Iaria, difensore dell’ex dirigente del carcere di Reggio Calabria. «Quando la dottoressa Longo non rispettava le circolare lo motivava. Come mai non c’è stato alcun procedimento disciplinare?»
«Nel caso porterò a testimoniare i passati dirigenti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – a partire dall’ex consigliere Ardita, Piscitello e l’ex capo del Dap Basentini – che hanno avuto a che fare con lei e hanno sempre approvato il suo approccio nella gestione dell’istituto». Così spiega a Il Dubbio il penalista Giacomo Iaria, del foro di Reggio Calabria, avvocato che assiste l’ex direttrice del carcere reggino di lungo corso Maria Carmela Longo con la pesante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L’avvocato Iaria ha appena assistito Longo durante l’interrogatorio di garanzia, durato ben cinque ore. L’accusa, ricordiamo, è grave. Ha scritto infatti il gip Domenico Armaleo: «L’indagata Longo non ha lesinato durante il periodo della sua reggenza di intrattenere rapporti quanto mai inopportuni con i parenti di alcuni detenuti, per non dire che ella con il suo inqualificabile comportamento ha sistematicamente violato le norme dell’ordinamento penitenziario così agevolando, ed alleggerendo, il periodo di detenzione dei maggiori esponenti della ‘ndrangheta cittadina e non solo».
Ma davvero ha agevolato le consorterie ‘ndranghetiste concedendo “inqualificabili” favori? L’avvocato Iaria è chiaro su questo punto. «Verissimo che non ha rispettato alla lettera la normativa o l’ultima circolare che arriva, ma ritenere che questo si sia verificato con l’intento di favorire qualcuno ci passa il mondo». L’avvocato spiega che Longo ha per tantissimi anni diretto il penitenziario reggino (dal 2016 si è aggiunto un secondo, quello di Arghillà) senza mai aver ricevuto lamentele da parte dei provveditorati e dal Dap. Non solo. Durante le innumerevoli visite ispettive, la direttrice ha sempre apertamente detto come gestiva i detenuti, favorendo – quando era possibile – il benessere di tutti i reclusi. «La dottoressa Longo ha gestito un carcere sovraffollato – spiega l’avvocato Ilaria -, prevalentemente costituito da soggetti di caratura mafiosa e che si trova immerso in un contesto ambientale dove determinate relazioni sono state inquinate e prontamente denunciate da lei stessa». L’avvocato sottolinea che la gestione di una realtà carceraria del genere non può essere fatta sotto un punto di vista formale. «Le circolari che dettano determinate regole non possono ad esempio essere univoche per tutte le carceri, per questo – continua l’avvocato Iaria – una persona come la dottoressa Longo, che ha diretto quel penitenziario per 16 anni, ovviamente non ha potuto rispettarle alla lettera».
L’avvocato, però, dice qualcosa di più. «Peraltro – aggiunge il penalista -, determinate cose non sono state fatte senza che i superiori non ne siano informati, quindi se dovessimo credere alle accuse, dovremmo estendere il concorso esterno anche nei confronti di tutti i dirigenti dell’amministrazione penitenziaria fino ai massimi livelli». L’avvocato sottolinea che i vertici non solo hanno appreso le modalità della Longo, ma addirittura hanno approvato questo suo modus operandi. Il legale spiega che ha ricevuto così tanti apprezzamenti per la sua gestione, tanto che a fine anno del 2018, alla ex direttrice è stato inizialmente anche offerto un posto come vicecapo del Dap.
Per l’avvocato non c’è nessuna condotta di favoritismo, «semmai si può parlare di una gestione di un carcere con delle problematiche difficili e dove non si può gestirlo solo dal punto di vista formale». Dalle accuse sembrerebbe che l’ex direttrice facesse di tutto per far stare i detenuti legati dallo stesso sangue insieme. «L’accusa è che l’avrebbe fatto per farli comunicare, ma – spiega l’avvocato – lo sanno tutti che nelle carceri anche di alta sicurezza non serve stare nella sezione cella per comunicare. Esiste l’ora d’aria, i luoghi di socialità o di culto come durante la messa». L’ex direttrice, in sostanza, ha dato questa possibilità semplicemente per facilitare i colloqui durante le visite dei familiari. Tutto qui. «Viene stigmatizzata anche la disponibilità che la direttrice ha dato nell’avere colloqui con i familiari dei detenuti – denuncia il legale -, davvero vogliamo anche in questo caso parlare di connivenza con la mafia? Ma quale sarebbe il reato qui? Per i magistrati evidentemente è uno scandalo che i familiari possano andare a parlare con la direttrice del carcere». Resta il fatto che le accuse rimangono pensanti, eppure si trattano di violazioni di regole scritte che teoricamente sarebbero infrazioni punite con una sanzione disciplinare. Nulla più. «Si dà il caso – ribadisce l’avvocato Iaria – che quando Longo non rispettava le circolari, scriveva al Dap motivando perché non le osservava. Come mai non c’è stato nessun procedimento disciplinare?». Per questo l’avvocato, nel caso, porterà in aula come testimoni tutti i dirigenti del Dap che conoscevano molto bene il modus operandi della Longo.
fonte: ildubbio.news.