Con 7.274 detenuti per 416bis (dati al 31/12/2020) la sicurezza nazionale parte dalle carceri. Da Melfi a Monza, da Frosinone a Trani: sovraffollamento dei detenuti e promiscuità con quelli psichiatrici, carenza ed anzianità dell’organico, strutture fatiscenti e sistemi di videosorveglianza e di antiscavalcamento obsoleti o non funzionanti. Cosa sta accadendo al circuito penitenziario? Lo abbiamo chiesto al segretario generale dell’OSAPP, Leo Beneduci.
«Armi rudimentali da taglio, realizzate artigianalmente e ben affilate al pari di coltelli, da stoviglie di vario genere, caffettiere, bastoni ricavati sradicando le gambe dei tavoli in legno in dotazione nelle camere detentive, e tutto quanto potesse servire ad offendere e ferire fortemente. Uno scenario apocalittico, con sangue ovunque e molti feriti medicati con centinaia di punti di sutura nell’infermeria interna e due persone portate all’ospedale». Monza, agosto 2021. «Un cane di razza pitbull di notevoli dimensioni utilizzato presso l’unità cinofila di stanza ad Asti, ha staccato a morsi un piede di un Poliziotto Penitenziario. Il cane prelevato da un canile è stato più volte oggetto di segnalazioni per l’aggressività. L’agente aggredito è stato trasportato in elicottero presso il Cto di Torino dove hanno tentato di riattaccare l’arto. In questo particolarissimo periodo, per i poliziotti penitenziari piove letteralmente sul bagnato». Asti, Luglio 2021. «Un detenuto tunisino di 33 anni ha aggredito un ispettore di Polizia penitenziaria all’interno del reparto circondariale sezione 3 b. Il ristretto pretendeva ulteriore terapia metadonica e non voleva rientrare in cella, nonostante il personale di polizia tentava di calmarlo, ad un certo punto ha proditoriamente colpito l’ispettore con una testata». Perugia, agosto 2021.
Al 31 dicembre 2020, secondo quanto indicato dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), i detenuti in Italia erano 53.364, contro una capienza di 50.562 e le regioni che presentano il più alto numero di detenuti in rapporto alla capienza regolamentare erano la Lombardia (7.602 detenuti per 6.143 posti) e la Puglia (3.501 detenuti per 2.686 posti). Questi alcuni numeri indicativi della situazione del circuito penitenziario dello Stivale. Sempre al 31 dicembre 2020, erano 18.757 i detenuti per aver violato la normativa sulle droghe (13,8mila ristretti a causa della violazione del solo art. 73 del Testo unico, ovvero la produzione o il traffico o la detenzione di sostanze), mentre erano quasi 5mila quelli detenuti per l’art. 74, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, 976 i detenuti esclusivamente per l’art. 74 e 7.274 i detenuti per 416bis. Il fine pena mai, invece, per la prima volta, in base ai dati raccolti al 31 dicembre di ogni anno, è calato. Nel 2019 erano 1.802 i detenuti all’ergastolo, il dato più alto mai registrato, nel 2020 i detenuti con questa condanna erano 1.784. Oltre i numeri e le statistiche ci sono gli istituti penitenziari, teatri di ordinaria follia e di violenza. Il 2020 è stato l’anno della pandemia, che dietro le sbarre ha diffuso il virus della ribellione: «In quel momento più che a proteste poste in essere con toni esagitati c’era la netta percezione che ci trovavamo di fronte a un tentativo di evasione di massa». Così gli agenti del carcere di Melfi hanno descritto gli eventi di marzo 2020 per i quali la Direzione distrettuale antimafia di Potenza ha ottenuto recentemente l’arresto di 11 persone che presero parte alla ribellione, durante la quale per nove ore furono sequestrati oltre ai poliziotti anche il personale medico e infermieristico dell’istituto penitenziario e in molte altre case circondariali tra cui quella di Foggia si verificarono evasioni di massa e decessi come nel caso di Modena. È cronaca di quest’anno, invece, la fuga cinematografica dal carcere di Trani di due detenuti, un salto nel vuoto dal muro di cinta ed un saluto beffardo ripreso dalle telecamere di sicurezza verso la temporanea libertà che ha permesso ad un’omicida ed un rapinatore di fuggire senza procurarsi fratture e raggiungere la provinciale Trani – Andria a piedi. «Armi rudimentali da taglio, realizzate artigianalmente e ben affilate al pari di coltelli, da stoviglie di vario genere, caffettiere, bastoni ricavati sradicando le gambe dei tavoli in legno in dotazione nelle camere detentive, e tutto quanto potesse servire ad offendere e ferire fortemente», è il resoconto della faida a Monza tra detenuti italiani e albanesi contrapposti a quelli africani. «Uno scenario apocalittico, con sangue ovunque e molti feriti medicati con centinaia di punti di sutura nell’infermeria interna e due persone portate all’ospedale», secondo quanto riporta la nota ufficiale dell’OSAPP.
Fino alla recentissima pistolettata di Frosinone. La giustizia “fai da te” di un detenuto, in alta sicurezza per reati legati alla camorra, che era inspiegabilmente in possesso di una pistola per replicare alle offese fisiche e verbali subite alcuni giorni prima da altri detenuti. Tre colpi di pistola. Poteva essere una strage degna delle romanzate carceri sudamericane. Il detenuto era anche in possesso di un telefono che ha consegnato agli agenti insieme alla pistola, dopo aver chiamato il proprio legale e dopo aver ingoiato la Sim. Permane il mistero su come sia stata introdotta l’arma da fuoco, una pistola semiautomatica 7,65 con matricola abrasa, all’interno del penitenziario di Frosinone e da fonti sindacali si apre uno scenario smart e 2.0: verosimilmente con un drone e pertanto con un piano operativo e di pilotaggio ber organizzato dall’esterno. Ma cosa sta accadendo nei circuiti penitenziari italiani?
«Nelle carceri italiane ad oggi c’è una grande confusione e le organizzazioni sindacali ne denunciano da tempo la gravità, ma nessuno ne tiene conto. Il lavoro del poliziotto penitenziario è sempre più difficile e complesso, tra carenze di organico, scarsi mezzi e strutture fatiscenti. Nella fattispecie da Frosinone giungono comunicazioni di agenti che vorrebbero licenziarsi perché la situazione è molto grave, recentemente è stato anche appiccato un incendio in una cella da un detenuto con problemi psichici, tra fiamme e fumo si è registrata l’intossicazione di un altro detenuto che è stato ricoverato ed è venuto a mancare pochi giorni dopo per infarto e di alcuni agenti della polizia penitenziaria che prontamente avevano provveduto ad evacuare la sezione», sono le parole del segretario generale dell’OSAPP Leo Beneduci, raggiunto telefonicamente. «Nessuno ha fatto niente, ravvedo un problema di incapacità istituzionale, gran parte della sicurezza del Paese parte dal carcere», prosegue Beneduci: «Negli ultimi anni sono aumentati i detenuti psichiatrici, per la magistratura ‘purchè siano ristretti’ possono essere allocati anche in carcere con detenuti comuni e questa situazione è promiscua anche per quanto riguarda la gravità dei reati». A proposito di sicurezza del Paese, per quanto riguarda i tanti detenuti islamici, c’è un problema di radicalizzazione dietro le sbarre? «C’è un monitoraggio, nelle carceri esiste questo problema ma in questo momento rappresenta un problema secondario rispetto alla presenza dei clan della criminalità organizzata e dei detenuti psichiatrici. Durante lo scorso decennio, ai tempi di Al Qaida, invece, la situazione era molto più complessa e preoccupante». Arrivano rassicurazioni dai palazzi romani? «Volendo fare un parallelismo la situazione delle carceri oggi è come quella degli anni ’60, durante il periodo pre terrorismo per la violenza degli scontri, delle aggressioni e della tensione sociale e la ministra Cartabia, purtroppo, non se ne rende conto. Denunciamo una carenza consistente di organico ed un’avanzata età media del personale in servizio tra i 47 e i 50 anni, oltre i convegni e le belle parole basterebbe applicare la normativa attuale. Ha fatto molto di più la ministra Severino in pari periodo».
E il Dap? «Il Dap sta a guardare», è l’affondo di Beneduci. «All’interno delle commissioni mettono i provveditori, gli stessi che a loro volta non intervengono nel sistema di riferimento per apportare miglioramenti, è un serpente che si morde la coda». E sulle infrastrutture? «In Italia il 70 per cento delle strutture andrebbe ristrutturato ed il 40 ricostruito ex novo. In molti casi ci sono infiltrazioni, gli stalli detentivi non sono idonei per allocare 4 o 5 persone. Manca una politica penitenziaria che tende a differenziare i detenuti in base alla gravità dei reati e all’età, penso anche a posti differenziati per i detenuti psichiatrici. Il Piano Carceri servirebbe a rendere più civili gli istituti penitenziari e a renderli più sicuri con investimenti sugli obsoleti o non funzionanti impianti di automazione, videosorveglianza e sistemi di antiscavalcamento».
Il fondo complementare del Pnrr, alla lettera ‘g’, prevede genericamente 132,9 milioni di euro, dal 2022 al 2026, per la costruzione e il miglioramento di padiglioni e spazi per le strutture penitenziarie per adulti e minori, ma il segretario generale dell’OSAPP avverte: «Nessuno ha convocato le organizzazioni sindacali e allo stato attuale noi non sappiamo nulla. La ministra Cartabia non tiene in conto le organizzazioni sindacali, ma noi ormai siamo abituati, è il paradosso dell’ex presidente della Corte Costituzionale che non tiene conto di quanto prevede la Costituzione sulle organizzazioni sindacali ed è molto grave».
Fonte: ilmattinodifoggia.it