Dopo una battaglia legale lunga 8 anni, ieri è stato il giorno della sentenza del processo di primo grado riguardante la morte di Alfredo Liotta, il detenuto adranita morto nel carcere di Siracusa nel luglio del 2012. Il tribunale di Siracusa ha accertato che Liotta è morto in cella senza alcuna assistenza sanitaria e con un gravissimo e progressivo deperimento organico e psichico. Da qui la responsabilità di 5 medici, in servizio al carcere Cavadonna di Siracusa, che sono stati condannati per omicidio colposo in concorso. Condanna ad un anno e 9 mesi per il direttore sanitario del carcere Emilio Torrenova, ad un anno e 6 mesi per i medici Emanuele Pistritto, Vincenzo Milintenda e Anna Messina e ad un anno per Marcello Blasco. Assolti gli altri 4 imputati Giuseppe Bongiorno, Pietro Scamporrino, Riccardo Gionfriddo e Corrado Di Rosa. L’amministrazione penitenziaria, quale responsabile civile, è stata condannata con gli imputati al risarcimento del danno a favore dei familiari di Liotta. Alfredo Liotta stava scontando in carcere una condanna all’ergastolo e in carcere è morto nel luglio del 2012, a 41 anni, per un collasso cardiocircolatorio. 3 giorni dopo la moglie Patrizia Savoca presentò un esposto alla Procura di Siracusa per denunciare l’assenza di assistenza sanitaria al marito, sostenuta dall’associazione Antigone, che con l’avvocato Simona Filippi, e altri due avvocati, Salvatore Liotta e Gianluca Cantone, ha composto il collegio difensivo delle parti civili. In una nota congiunta gli avvocati scrivono: “Questa sentenza non è soltanto l’atto di giustizia che i familiari di Liotta hanno atteso da 8 anni, né l’atto conclusivo del calvario patito dal detenuto quando era affidato alle cure dello Stato e dei medici del carcere, è soprattutto una pietra miliare nella battaglia al diritto alla dignità umana e alla salute di uomini e donne custodite nelle carceri del nostro Paese. Un Paese civile e democratico – continua la nota degli avvocati – misura il proprio grado di civiltà con la capacità di assicurare il rispetto dei diritti a tutti, anche a coloro i quali sono accusati di gravi delitti. In questi nostri giorni tormentati questa sentenza è una luce. Che dà fiducia nella Giustizia”. Soddisfazione ha espresso anche Patrizia Savoca: “Dopo 8 anni di battaglie dice – posso dire che sono soddisfatta, i giudici hanno accertato, come avevo sempre sostenuto, che non è stata garantita alcuna assistenza sanitaria a mio marito che è stato lasciato morire in carcere”.
Fonte: tvadrano.com
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