La slot machine dei comandanti europatici: il paradiso economico dietro le sbarre. Quando la conta dei detenuti si scontra con i conti dei comandanti e la giustizia perde la partita.
di Leo Beneduci
Nelle carceri italiane, ogni giorno è una scommessa ad alto rischio. Gli agenti, giovani e inesperti, si trovano in prima linea a fare la conta dei detenuti: alle 8, alle 12, alle 16, alle 20, alle 24, ce ne sarebbe persino una alle 3,00 del mattino. Un rituale che si ripete, mentre la violenza cresce e le celle (o anche i materassi) bruciano.
Ma lontano da questo inferno, nei corridoi del potere, si gioca un’altra partita. I vertici dell’amministrazione penitenziaria hanno inventato un nuovo gioco: il “bonus comandante”. Le regole? Semplici. Prendi un dirigente con un piede già nella pensione, mandalo in “missione forfettaria”, et voilà: 110 euro al giorno piovono nelle sue tasche come monete da una slot machine impazzita e poi magari a compendio un bel trasferimento d’ufficio finale, salvo poi e subito dopo doverne trovare un altro che vada.
Trento, San Gimignano, Verona, Prato: ecco le nuove oasi di questo paradiso fiscale penitenziario, lo spettacolo raggiunge vette surreali. due comandanti si alternano come in un tour operator dell’assurdo. Alfa lascia il posto a Beta, in una danza che farebbe invidia a due giocatori di poker.
La continuità amministrativa? Un concetto elastico come la coscienza amministrativa di chi concede il massimo liquidabile.
Mentre i giovani agenti rischiano la vita nelle periferie delle galere, mentre i giovani dirigenti stanziano al Dap e vi permarranno, alcuni anziani comandanti si godono il luna park amministrativo per il bonus di fine di carriera, quella che per i comuni mortali è lenta e frustrante e per i prediletti del sistema una vincita assicurata. In altri corpi – Finanza, Polizia, Carabinieri – le promozioni per meriti eccezionali sono rare come un’oasi nel deserto. Qui, invece, sembrano essere all’ordine del giorno, come se il Corpo fosse qualcosa di avanzato e superiore agli altri ed i meriti straordinari in servizio venissero veramente considerati, tipo una perquisizione ordinata da altri e svolta con mera regolarità (sic!); premiare gli “amici” e colpire i “nemici” è una delle più elementari regole della politica e oggi…dell’amministrazione.
Nel 2023, il sottosegretario Delmastro da Biella – patria di questo bizzarro casinò amministrativo – aveva promesso un comandante e un direttore per ogni struttura. Parole vane, gettate nell’aria come ogni migliore intenzione che viene delusa dalla burocrazia becera di cui anche le carceri muoiono da tempo.
E i guardiani dei guardiani? Ministro, sottosegretari, capi del Dipartimento: dove sono? Dovrebbero vigilare. Invece, aspettano inerti, anche loro come giocatori incalliti davanti a una slot machine che non paga mai.
“A ciascuno il suo”, diceva Sciascia. Ma in questo luna park dell’assurdo, il “suo” non è deciso dalla legge, ma dalla fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto.
È tempo di staccare la spina a questa macchina mangiasoldi. Di accendere i riflettori su questo sistema truccato. Prima che la tragedia che si sta consumando nelle carceri italiane si trasformi in una farsa burocratica dalle conseguenze irreparabili.
Perché in questo gioco, l’unica cosa certa è che a perdere sono sempre gli stessi: i giovani agenti in prima linea, i detenuti dimenticati, e la giustizia stessa, ridotta a una fiches in un casinò dove il banco vince sempre.