MI hanno detto che l’Amministrazione penitenziaria centrale, il Dap, assomiglia alla “Terra dei Fuochi”.
Non è mia intenzione offendere né la “Terra dei Fuochi” né il Dap, attraverso similitudini azzardate e ci mancherebbe altro, ma ragionando per assurdo può accadere che di cose in comune tra l’una e l’altra si possano persino trovare, come mi hanno fatto notare non senza ironia.
Quella della “Terra dei Fuochi” è una espressione nata intorno al 2000 per individuare un’aerea geografica situata tra le province di Napoli e di Caserta, in cui ai numerosi roghi accessi sarebbero stati da associare allo scarico abusivo e all’interramento di rifiuti tossici; da tali condizioni deriverebbe l’accresciuta insorgenza per gli abitanti della zona di patologie a carattere respiratorio e gravi come le neoplasie, soprattutto in danno della popolazione infantile.
Studi recenti individuerebbero cause di diversa natura alle patologie esistenti in tale territorio, quali ed anche le abitudini alimentari, le carenze del S.S.N. e la predisposizione genetica.
Comunque, sarà quel che sarà, l’incidenza di mortalità della gente della zona in alcune fasce di età risulta superiore a quella del resto d’Italia.
Il Dap è invece il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria deputato a gestire oltre 250 istituti, servizi, scuole e provveditorati regionali con circa 45 mila dipendenti, di cui 38 mila di Polizia Penitenziaria e con “a carico” circa 62 mila detenuti (in crescita e nonostante una capienza di non oltre 54 mila posti).
Nulla di maggiormente dissimile, quindi, dell’una con l’altro eppure un fattore comune sembrerebbe esserci stato riguardo all’abitudine di interrare, ovvero di nascondere ai più, per anni, quello che di maggiormente “tossico” vi accadeva; non a caso il Dap è stato spesso considerato un vero e proprio “porto delle nebbie”, citato in molte inchieste e articoli quali quelli relativi alle presunte trattative Stato-Mafia e poco conta se, a differenza del territorio campano del titolo, ben poche siano state sulla carta le vittime riconosciute tali.
Adesso però è tutto cambiato, tutto è chiaro e trasparente, almeno al Dap o no?
DAVVERO AL D.A.P. NON SI NASCONDE E NON SI AGISCE PIÙ NELL’OMBRA?
Ci sarebbe chi afferma che non è proprio così e che se una differenza si può individuare tra allora e oggi riguarda solo la destinazione di alcuni documenti, anzi di molti, che invece che essere oggetto di interesse per ben definiti luoghi “segreti”, diventano argomento di segnalazione verso Procure della Repubblica, Corte dei Conti e altro ancora.
Invece che intervenire per correggere e migliorare, invece che amministrare con oculatezza per la migliore funzionalità del sistema, si demanda ad altre Autorità, come a dire che la colpa se le cose non vanno non è la propria e non dipende dalla propria incapacità a capire e gestire, ma è il sistema ad essere bacato e gli uomini che vi appartengono ad essere delinquenti, tanto che di questo passo nell’Amministrazione penitenziaria fra due anni hai voglia di rifiuti “inquinanti” e di vittime oggi inconsapevoli.
Persino troppo facile, quindi, disfarsi in tal modo dell’intero sistema come qualcuno si aspetta da tempo e non certo per ottenere qualcosa di migliore soprattutto per la Polizia Penitenziaria.
Noi? Noi nutriamo ancora e nutriremo sempre la speranza che le cose migliorino e che questo momento sia solo un momento di una storia lunga e importante a cui abbiamo dedicato la nostra vita.
LEO BENEDUCI