Nel carcere di Biella vengono prodotte le divise della polizia penitenziaria di tutta Italia. Lo conferma la vice-presidente del Senato, Anna Rossomando, in visita questa mattina nella struttura di via dei Tigli.
“Ho visto i macchinari nuovissimi e le divise del personale, sia per uomini sia per donne. Ci sono circa quaranta persone che lavorano, tutti i giorni, destinate ad aumentare nei prossimi mesi. Il progetto è pienamente operativo, finalmente, nonostante i rallentamenti per via dell’emergenza sanitaria in corso – ha spiegano la senatrice torinese, accompagnata da una delegazione del Pd locale e dalla garante dei diritti dei detenuti -. Questa è la risposta migliore al tema della sicurezza e delle carceri, senza slogan e facili populismi”.
I numeri della produzione tessile/industriale, che vanta la collaborazione dell’Ermenegildo Zegna e di scuole superiori biellesi, non sono ancora a pieno regime. “Il carcere non è una fabbrica – ha spiegato Rossomando -. La produzione migliorerà al superamento della pandemia. Intanto ci sono persone che lavorano, si specializzano, costruendosi un futuro per quando saranno fuori dalle mura del carcere. Non mi pare poco! Questo progetto va nella direzione che intendiamo noi, cioè di un legame tra la struttura, i detenuti e il territorio, con la sua storia e la vocazione industriale che lo rende famoso nel mondo”.
La situazione carceraria biellese è sostanzialmente positiva, rispetto ad altre realtà piemontesi. I detenuti sono circa 380 su una capienza massima di quasi 600.
“C’è però una strutturale carenza di personale, sia di polizia sia amministrativo – ha spiegato la responsabile giustizia del partito -. E soprattutto non c’è abbastanza personale medico, specializzato e non. Inoltre abbiamo registrato la grande difficoltà, una volta usciti dal carcere, per molte persone, a ottenere il “green pass”, per problemi burocratici, dopo un’ottima campagna vaccinale. Sia persone di nazionalità italiana sia straniera. Prossimamente mi recherò in visita in altre strutture penitenziarie”.
Fonte: torino.repubblica.it