LEO BENEDUCI – UN CORPO DIVISO….DALLE DIVISE

Mi dicono che se fossimo stati della Polizia di Stato una cosa del genere non sarebbe stata mai neanche immaginata e forse è vero, però la classe dirigente che comanda al Dap e nelle carceri e le cui indicazioni il capo dell’Amministrazione pedissequamente e-segue non può certo definirsi “poliziofila”, semmai il contrario.

Cambiare (in corso d’opera) la destinazione d’uso degli effetti di vestiario che un appartenente alla Polizia penitenziaria deve obbligatoriamente indossare non già in ragione del contesto di utilizzo ma solo perché magari qualcuno ha sbagliato negli appalti (che novità…) e ce ne sarebbero troppe di un  tipo (le uniformi ordinare) rispetto a quelle, poche,  dell’altro (le tute operative) sarebbe la prova provata di una inefficienza che perdura da anni (“E’ gghiuta a pazziella ‘mmane e’ criature” –  dicono a Napoli), ma  potrebbero essere solo illazioni perché  come stanno veramente  cose lo sanno solo loro e se lo tengono ben stretto.

Non a caso, come scrivemmo, la direzione generale dei beni e servizi prima l’hanno  unificata con quella del personale e poi l’hanno nuovamente disgiunta; nella prossima Legislatura probabile che facciano di nuovo il contrario, che tanto i risultati saranno sempre pessimi, ovvero gli stessi e i politici su queste cose hanno la memoria cortissima.

E così i Poliziotti penitenziari corrono e corrono! Passi dalla sezione ai piantonamenti? Togli la tuta e metti l’uniforme, che se non hai disponibile l’unica che ti hanno fornito, perché magari è in lavanderia, meglio che non ti presenti in servizio. Soprattutto se vai in traduzione occhio che la cravatta non te la prenda in mano qualche detenuto che sennò conoscerai l’esperienza della ‘garrota’ spagnola  ed altrettanti guai seri saranno se qualcuno proverà a scappare, che con quelle scarpette (dell’uniforme ordinaria) chissà come farai ad  inseguirlo e raggiungerlo.

E così i Poliziotti penitenziari corrono e corrono, appresso alle disposizioni del capo del Dap, dei provveditori e dei direttori quasi mai, al pari di tutte le disposizioni che ‘vagano’ per le carceri italiane, uguali le une con le altre, anche in materia di divise di servizio, da sede a sede e da regione a regione, persino da sezione a sezione.

Rammento, anche con una certa nostalgia, non molto tempo fa quel capo del Dap che mi mostrava con orgoglio il manichino con l’uniforme del Corpo nel suo ufficio e che mi raccontava compiaciuto come si premurasse di cambiarla ogni mese, “questo mese è toccato a quella delle donne ispettore” – mi diceva e parecchi anni prima l’altro, compianto e  facente funzioni, che si era fatto arrivare pezze di stoffa blu di varia grammatura “per dare agli appartenenti al Corpo un aspetto degno di considerazione da parte delle altre Forze e per fare bella figura anche io.”  – sosteneva. Tempi passati e menti diverse, se non proprio migliori in assoluto che, almeno, dimostravano maggiori responsabilità e attenzione nei confronti della Polizia penitenziaria.

Uniformi  e tute di servizio? Ma tanto neanche le insegne di qualifica nuove per quelle ci hanno dato, dopo 5 anni che sono state approvate insieme a quelle degli altri Corpi, per non parlare dei tesserini che non ci rinnovano dopo i 10 anni di scadenza!

Dovrebbero essere contenti e silenziosamente operosi  i Poliziotti penitenziari, in quanto parte di quel grande, funzionale e quanto mai a loro riconoscente Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e invece si lamentano sempre!

LEO BENEDUCI

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Redazione OSAPPoggi

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