La giornalista Katya Maugeri è l’autrice del libro “Liberaci dai nostri mali. Inchiesta nelle carceri italiane: dal reato al cambiamento” edito da Villaggio Maori. Primo scritto dell’autrice siciliana, affronta il tema della detenzione in carcere tramite le testimonianze di chi vi si trova al suo interno. Una visione intimista, con testimonianze senza filtri che mirano ad essere un percorso di prevenzione. Con esso l’autrice si insinua nelle vite di sette carcerati in modo discreto, quasi in punta di piedi per non disturbare.
Un prima e un dopo, quello nella vita degli intervistati, che trova una ‘pausa’ simile ad una lente di ingrandimento nel limbo della prigione in cui l’identità si annulla improvvisamente diventando un semplice numero in attesa, come tanti altri, di poter tornare a respirare.
Il volume inizia mettendo in chiaro fin da subito che verranno fatte conoscere le condizioni – non le giustificazioni – che hanno portato questi uomini a compiere determinati reati. Decisioni a volte improvvise, altre partite dalla disperazione, altre ancora sottovalutando la scelta che si stava per fare.
Nel rapporto con i detenuti, l’autrice non è giudice ma veste i panni della giornalista obiettiva, testimone imparziale pronta ad accogliere i messaggi che alle volte tendiamo a non voler ascoltare pensando non ci riguardino.
Vari i temi trattati, dall’importanza dell’articolo 21 che ammette la possibilità del lavoro esterno, alla differenza che può fare il sostegno dall’esterno, fino al fondamentale diritto e bisogno di stimoli per poter vedere una luce di speranza in fondo al tunnel. Sette singoli percorsi, ognuno diverso dall’altro, che hanno portato molto spesso in modo lento ed inconsapevole verso un baratro derivante da uno stile di vita diventato ormai abitudine.
Il messaggio principale che accompagna il libro è l’importanza di raccontare le carceri come strutture rieducative e non più solo come strutture punitive, considerando il detenuto degno di un progetto di vita che lo soddisfi dentro e al di fuori dal carcere per non ricadere nel vortice delle emozioni malate dalle quali era ‘soggiogato’ prima di finire in prigione.
La sfida raccontata da questi uomini è duplice in quanto, oltre allo sconto della pena, c’è il bisogno di trovare in sé stessi la volontà di cambiare, di cadere e riprovarci più volte, di ripulirsi mente e cuore, iniziando a vedere la vita con occhi nuovi e trovando soddisfazione nei piccoli e grandi miracoli del mondo reale. La sfida delle nostre carceri e di coloro che accoglieranno i detenuti al di fuori di esse è quella di renderlo possibile. Quella dei lettori, infine, è di conoscere il lato oscuro che – consciamente o no – fa parte di noi, perché solo comprendendo a fondo è possibile scegliere.
fonte: triesteallnews.it
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