Il 26 agosto del 1982 le Unità “Grado” e “Caorle” della Terza Divisione Navale giunsero a Beirut facendo sbarcare il contingente di “Italcon” incaricato di interporsi tra Israeliani e Palestinesi. Il prossimo 22 agosto, trentotto anni dopo, il “San Giusto” sarà a Beirut per dare inizio ad una nuova missione di supporto umanitario e medico in favore della Popolazione Libanese.
Il Ministro della Difesa Guerini ha infatti messo a disposizione l’unità della stessa Protezione civile (con i cui fondi essa era stata costruita nel 1994 sviluppando capacità logistico-sanitarie) con il coordinamento del Comando Operativo di Vertice Interforze dello Stato Maggiore Difesa,
per il trasporto ed il supporto di un contingente Esercito-Marina. I nostri militari allestiranno un ospedale da campo e saranno impegnanti nella rimozione delle macerie in seguito alle esplosioni che hanno devastato lo scorso 4 agosto la città.
Il San Giusto, salpato da Brindisi, arriverà a Beirut sabato 23 agosto, con a bordo una parte dell´ospedale da campo del 3° REPASAN (Reparto di Sanità) “Milano” di Bellinzago Novarese e un nucleo rimozione macerie del 6° reggimento Genio Pionieri dell’esercito di stanza a Roma.
La rimanente aliquota dell’esercito, tra cui un nucleo specialistico del 7° reggimento CBRN “Cremona”, raggiungerà Beirut intorno al 27 agosto con altri vettori navali (Nave Etna) ed aerei, per esprimere una forza complessiva di circa 210 militari.
Al contingente sono stati assegnati ache altri assetti:
- un elicottero della Marina Militare Mh-101 con al seguito una barella biocontenimento Isoark N36 e relativo personale elicotteristico associato,
- un team di ”force protection” appartenente alla Brigata Marina San Marco composto da circa 60 militari con quattro Vtlm Lince, due battelli pneumatici e altri automezzi per supporto logistico,
- un team di protezione portuale del Gruppo Operativo Subacquei del Comsubin con capacità Eod (Explosive Ordnance Disposal – bonifica di ordigni esplosivi) e Cied (Counter-Improvised Explosive Device – contrasto ordigni esplosivi improvvisati);
- supporto idrografico e una postazione per analisi dati idrografici;
- due mezzi navali (Gis – Galleggiante semovente per Impieghi Speciali) per il trasporto di veicoli ruotati o cingolati e relativi equipaggi del Gruppo Mezzi da Sbarco della Brigata Marina San Marco;
- Nave San Giusto assicurerà il supporto logistico a tutto il contingente operante a terra fino a quando questo non avrà acquisito piena autonomia (circa 20 giorni dopo lo schieramento in area). Tutto il personale presente a bordo effettuerà i controlli sanitari previsti prima della partenza (anamnesi, visita medica, tampone e certificazione).
Un velivolo C-130 dell’Aeronautica Militare è decollato da Pisa per il trasporto a Beirut del comandante del dispositivo terrestre, il generale di brigata Giovanni Di Blasi (Comandante del Comando Supporti Logistici dell’Esercito), di personale dell’Esercito che costituiscono l’Advance Party.
Tra l’operazione “Libano 1” (cui seguì un mese dopo la “Libano 2” sbarcata a Beirut al comando del generale Franco Angioni di cui facevano parte anche i blindati del Battaglione “San Marco” comandato dal capitano di fregata Pierluigi Sambo) e l’odierna missione, l’Italia non ha mai cessato di essere presente nelle tormentate vicende libanesi.
Il nostro Paese è stato sempre percepito dai Libanesi come attore neutrale capace di interporsi tra le fazioni e garantire assistenza umanitaria. Il fatto che il comando dell’UNIFIL (attualmente assegnato al generale Stefano del Col) sia stato affidato per ben quattro volte dal 2006 a ufficiali italiani, ne è la prova più evidente.
Ma non va dimenticata la dimensione marittima del nostro impegno in Libano. Nel 2006 una nostra Forza navale, con componente anfibia, condusse in acque libanesi l’Operazione Leonte al comando dell’allora ammiraglio di divisione Giuseppe De Giorgi, svolgendo vari compiti in applicazione della Risoluzione delle NU 1701 (2006) che aveva decretato la fine del blocco navale israeliano al Libano: tra i compiti allora svolti vi fu la creazione di un corridoio umanitario per l’evacuazione di cittadini stranieri ed il trasporto di aiuti sanitari ed alimentari alla popolazione, nonché la sorveglianza volta ad impedire rifornimenti via mare di armi alle milizie libanesi.
Tutte queste attività si inseriscono nell’ambito concettuale del peace-keeping navale (in cui si inseriscono le missioni antipirateria e di sorveglianza degli embarghi di armi e carburanti come quella dell’Operazione EU “Irini”) funzione internazionale spesso sottovalutata da un’Italia che non ha chiara evidenza dei suoi interessi marittimi.
A questo proposito, sempre in ambito mediorientale, non bisogna dimenticare la missione di interposizione del contingente navale della Multinational Force and Observers (MFO), a noi assegnata dal 1982: le Unità del gruppo navale italiano (Grupnav 10) pattugliano lo Stretto di Tiran per garantire la libertà di navigazione in applicazione degli Accordi di Camp David del 1979 tra Stati Uniti, Israele ed Egitto.
In questi giorni si dice spesso che l’Italia ha perso il suo estero vicino intendendo con ciò le più prossime aree di interesse oltreconfine ed oltremare. In realtà, questo è vero parzialmente. Oltre alla Libia con cui, nonostante tutto, continuiamo a mantenere stretti rapporti, vanno messi appunto in conto il Libano ed il Mar Rosso. Senza che ce ne rendiamo conto, volenti o nolenti, l’antico Mare Nostrum – magari visto nella sua dimensione allargata – è quindi, in definitiva, ancora il nostro principale vicino.
da analisidifesa.it
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