LA STORIA DELLA CAMORRA Le indicazioni del ras dal carcere duro per scatenare la faida.
Sono due – stando alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – gli incontri fondamentali con gli «spagnoli» Raffaele Amato e Cesare Pagano, per ampliare le fila degli Scissionisti e dare il via all’offensiva che scatenerà la prima faida di Secondigliano e Scampia. A partecipare ai summit che si tengono nella penisola iberica (a giugno e a settembre del 2004), «Arcangelo Abete e Vincenzo, fratello di Rosario Pariante, all’epoca detenuto», raccontano i pentiti Luigi Secondo e Carmine Cerrato.
L’adesione del gruppo Pariante – come quella degli Abbinante – al progetto separatista, si rendeva necessaria, principalmente per due motivi: avere il maggior numero di forze a disposizione; trovarsi ad affrontare il minor numero di nemici, e senza sorprese di sorta, quando lo scontro sarebbe iniziato. Del resto, come insegna Cosa nostra americana, quando ci si trova davanti a un tentativo di «attacco dal basso», vale a dire dall’interno della stessa organizzazione – e formalmente, all’epoca, i Di Lauro e quelli che sarebbero diventati gli Scissionisti, formavano ancora un cartello unico – vanno avvisati tutti i capi dei gruppi criminali che si interessa coinvolgere.
Ma come si poteva avere il placet di Rosario Pariante, visto che questo si trovava detenuto, e dal 19 giugno del 2004 era confinato addirittura al carcere duro a Spoleto? Attraverso un «informatore», come si dice in gergo, vale a dire uno che avrebbe fatto da tramite tra il boss recluso e gli «spagnoli» Raffaele Amato e Cesare Pagano, affermano i pentiti e ipotizzano gli inquirenti.
«A maggio del 2004 – è riportato in una informativa di polizia giudiziaria – viene intercettata una conversazione che avviene tra Vincenzo Pariante e (una persona vicinissima ad Arcangelo Abete, anche detto Angioletto). “Sentimi bene, fra un po’ penso che ci dovremmo organizzare perché quello Angioletto mi disse: zio Vincenzo, vogliamo stare qualche volta insieme”, afferma Vincenzo Pariante nel corso della telefonata in oggetto».
Al riguardo, va sottolineato, che un mese dopo, racconta il pentito Luigi Secondo, «Vincenzo Pariante e Arcangelo Abete si recano in Spagna, dove incontrano Raffaele Amato (’o Lello) e si dicono favorevoli ad entrare nel gruppo scissionista». Nel frattempo, però, la situazione precipita. Nell’estate del 2004, i Di Lauro cominciano una campagna «denigratoria» verso gli «spagnoli», con una azione che arriva prima a «deridere pubblicamente gli Amato e i loro parenti – racconta Carmine Cerrato – mentre si svolgono feste con la presenza di cantanti neomelodici e comici, al Terzo Mondo e in Piazza Zanardelli, poi a colpire il padre di (un nostro affiliato che fu picchiato dai Di Lauro) e a uccidere Gabriele Carriola, zio di Lucio (il primo settembre del 2004, a Casavatore, ndr)». La cosa spinge Amato e il cognato Cesare Pagano a decidere per «scendere a Secondigliano e iniziare la guerra».
E relativamente alla decisione di Pariante? Ne parla ancora Cerrato: «A settembre di quell’anno, Vincenzo Pariante e Arcangelo Abete tornarono in Spagna e si incontrarono con Raffaele Amato a Sitges. Anche io ero presente, Pariante e Abete ci dissero che Rosario (Pariante), dal carcere aveva detto che si poteva iniziare la guerra contro Cosimo, pure Raffaele Abbinante, anche lui detenuto era d’accordo. I due ci dissero che già si stava preparando un agguato nei confronti di una persona vicinissima e di fiducia, di Cosimo Di Lauro, ossia Fulvio Montanino».
A tal proposito , sottolineano gli investigatori nell’informativa di polizia giudiziaria, «a supporto dell’ipotesi che Vincenzo Pariante fosse “informatore” del fratello Rosario e ne portasse le ambasciate dal carcere, vanno rilevati due colloqui che si tengono il 12 ottobre e il 9 novembre, del 2004, rispettivamente 16 giorni prima, e 12 giorni dopo l’omicidio di Fulvio Montanino (avvenuto appunto, il 28 ottobre del 2004. Nel corso del colloquio del 9 novembre, Rosario Pariante chiede al fratello se ha incontrato ’o Lello (Raffaele Amato, ndr), chiamandolo ’o cumpagno mio».
Fonte: stylo24.it
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