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Mafia – “Pizzini” dentro i succhi di frutta per comunicare dal carcere le estorsioni

Sono 18 gli arrestati del clan Laudani Santapaola. L’operazione delle fiamme gialle “Report” ha permesso di rintracciare un collaudato sistema di comunicazione utilizzato dal boss Orazio Scuto per impartire ordini al clan.

L’operazione della guardia di finanza etnea, con la collaborazione e il supporto dello Scico, ha portato a 18 arresti e a scoprire un calderone fatto di ordini impartiti dal carcere, estorsioni e pesanti intromissioni nelle procedure di vendita di beni all’asta. “Report”, questo il nome dell’operazione, ha portato agli arresti di membri del clan Laudani Santapaola per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, turbativa d’asta, favoreggiamento personale, detenzione e porto di armi da fuoco.

Contestualmente, è stato eseguito il sequestro preventivo, per un valore complessivo di un milione di euro, delle quote sociali e del patrimonio aziendale della “Friscus srl”, società operante nel settore della logistica per trasporti, la cui proprietà è stata fittiziamente intestata a una prestanome del clan, al fine di evitare gli accertamenti patrimoniali.

L’indagine ha riguardato 37 persone: l’apice era Orazio Scuto, detto il vetraio, reggente del clan Laudani per la zona acese e attualmente detenuto a Caltanissetta. Nonostante fosse dietro le sbarre continuava a inviare i suoi ordini attraverso dei “pizzini” occultati nelle confezioni di succhi di frutta o barrette di cioccolato e che venivano portati all’esterno del carcere grazie all’aiuto di Valentina Scuto. Il collaudato sistema di comunicazione ha consentito all’uomo di impartire all’esterno le direttive ai sodali a lui più vicini, sia per la gestione della Friscus sia in ordine ad alcune iniziative da intraprendere nell’ambito delle attività criminali riconducibili al gruppo.

Il riferimento sul territorio era Litterio Messina: si occupava in particolare di coordinare i vari episodi di estorsione nei confronti di imprenditori catanesi posti in essere da esponenti del clan. I Laudani erano molto attivi nelle estorsioni ma anche nelle procedure di esecuzioni fallimentari. Nel dettaglio, nel corso delle indagini sono stati riscontrati, in primo luogo, 8 episodi
estorsivi, in alcuni casi posti in essere dai componenti del clan a danno di imprenditori e professionisti per finanziare l’associazione mentre, in altre circostanze, gli appartenenti del sodalizio criminale hanno agito per favorire illecitamente imprenditori, i quali – a fronte di crediti commerciali non pagati – hanno preferito, invece che procedere legalmente, fare ricorso all’intermediazione degli esponenti mafiosi per recuperare le somme. Così erano gli stessi imprenditori a chiedere l’intervento del clan per recuperare il loro credito.

L’altro settore coinvolto dalle attività di indagine è quello rappresentato dalle interferenze nelle procedure giudiziarie di vendite all’asta di beni. In questo ambito, soggetti appartenenti o vicini al clan Laudani, sono intervenuti, in diverse occasioni, affinché gli imprenditori dichiarati falliti – nei cui confronti era stata attivata la procedura di esecuzione immobiliare – potessero illecitamente
rientrare in possesso del bene posto all’asta, ricavandone anche margini di guadagno. In tale contesto, esponenti del clan Laudani si sono attivati, ricorrendo a minacce e intimidazioni, in modo da inibire la partecipazione di potenziali offerenti alla procedura esecutiva, in tal modo garantendo al debitore esecutato di ottenere, sia pure attraverso intestatari fittizi, la restituzione dei beni.

In tale contesto, uno degli episodi oggetto dell’indagine, ha  riguardato una procedura di asta immobiliare effettuata presso il tribunale di Catania. Nell’occasione un imprenditore, proprietario di un appartamento oggetto dell’esecuzione fallimentare, ha richiesto ed ottenuto l’intervento di Litterio Messina, al fine di alterare la procedura di vendita del bene. In tale occasione il gruppo ha individuato un prestanome compiacente e, contestualmente, ha allontanato i potenziali offerenti, attraverso il ricorso ad intimidazioni e minacce. Così gli acquirenti del bene esecutato erano costretti con minacce a rivendere il bene, a prezzo vile, al debitore che aveva ricercato e ottenuto l’intervento del clan.

Nel corso delle investigazioni sono stati inoltre evidenziati ulteriori reati commessi da esponenti del clan Santapaola nei confronti di imprenditori catanesi. In particolare, le indagini hanno evidenziato le estorsioni di Salvatore Mazzaglia e Mirko Pompeo Casesa, i quali hanno preteso da imprenditori attivi sul territorio di Catania e provincia, il pagamento di una somma periodica di denaro per garantire la sicurezza dei cantieri edili.

In aggiunta, le indagini hanno posto in luce una importante disponibilità di armi degli affiliati all’organizzazione mafiosa, che sono state utilizzate nel compimento di episodi violenti e nelle intimidazioni. Di particolare rilievo, in questo contesto, è risultata la figura di Giacomo Cageggi (alias “il pugile” o “Rocky”), referente del clan Laudani per Lineri e Misterbianco, più volte protagonista di spedizioni punitive armate e intimidazioni nei confronti di clan rivali.

 

 

 

 

Fonte: cataniatoday.it

 

Redazione OSAPPoggi

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