L’iniziativa promossa dalla Smspe e sostenuta da ViiV Healthcare prevede di eseguire test rapidi congiunti come screening HIV-COVID 19, seguiti da test di conferma molecolari/genetici in caso di positività degli stessi, oltre ad incontri, anche in remoto tramite webinar, di educazione sanitaria sulla patologia da coronavirus e sulla malattia da HIV sia con la popolazione detenuta che con il personale sanitario e l’amministrazione penitenziaria. Ma le iniziative della Simspe non si fermano qui…
Ci sono tante sfaccettature che, giorno dopo giorno, impariamo a conoscere nella lunga maratona della pandemia Covid-19. Esistono esigenze specifiche per le diverse popolazioni, con manifestazioni di patologia che variano, aspetti sintomatologici sempre diversi, studi sui meccanismi fisiopatologici che offrono evidenze nuove, da integrare con le conoscenze acquisite.
Poi esiste una dinamica di “setting”, ovvero di realtà in cui occorre affrontare la pandemia attraverso modelli di formazione e informazione mirati, per poter rispondere alle necessità di una determinata popolazione. Gli Istituti Penitenziari rappresentano un “mondo” in questo senso.
“Le misure di contenimento applicate hanno permesso di superare la Fase 1 della pandemia – spiega Luciano Lucania, Presidente della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (SIMSPe). Ma durante il lockdown sono state sospese le consulenze specialistiche, anche infettivologiche e le attività di screening sulle malattie a trasmissione ematica (HIV, HCV, HBV) che, come è noto, sono presenti nella popolazione detenuta in percentuali maggiori rispetto alla popolazione generale. E la seconda ondata sta proponendo problematiche nuove, diverse ma estremamente impattanti”.
C’è bisogno insomma di sviluppare strategie specifiche per la popolazione carceraria, sia per i detenuti che per gli operatori. “Come SIMSPe abbiamo chiesto di attivare le vaccinazioni per Covid-19 e puntiamo sul progetto E.D.I.SON. (frEe coviD hIv priSON), sostenuto da ViiV Healthcare, come pilota per ampliare poi il modello formativo sul territorio nazionale – sottolinea Lucania”.
L’iniziativa prevede di eseguire test rapidi congiunti come screening HIV-COVID 19, seguiti da test di conferma molecolari/genetici in caso di positività degli stessi, oltre ad incontri, anche in remoto tramite webinar, di educazione sanitaria sulla patologia da coronavirus e sulla malattia da HIV sia con la popolazione detenuta che con il personale sanitario e l’amministrazione penitenziaria. E.D.I.SON, in questa fase pilota che andrà avanti per 12 mesi, si baserà su diversi strumenti di connessione e di interazione, per favorire lo scambio di informazioni ed esperienze, e coinvolgerà inizialmente alcuni Istituti di Lazio, Abruzzo e Molise.
Un impegno che dura nel tempo
L’impegno di SIMSPe nel promuovere progettualità di questo tipo non inizia però solo ora ma fa parte di un percorso di attenzione e formazione nei confronti delle persone in carcere portato avanti con il sostegno non condizionato di ViiV Healthcare.
Basti ricordare in questo senso “Free to live well with HIV in Prison”, una partnership tra SIMSPe, NPS Italia Onlus e Università Ca’ Foscari Venezia, mirata a prevenire il contagio e migliorare la gestione delle persone con HIV in un ambiente complesso com’è quello del carcere, grazie all’informazione sui rischi e all’offerta di test e assistenza. Serena Dell’Isola dell’Unità di Medicina Protetta-Malattie Infettive dell’Ospedale Belcolle di Viterbo e coordinatrice del progetto, racconta quali sono stati gli obiettivi di un’iniziativa unica ed innovativa, perché basata sull’educazione tra pari ma soprattutto perché ha introdotto per la prima volta in Italia i test rapidi per HIV negli istituti penitenziari.
“Il progetto è volto ad implementare le conoscenze dei detenuti, per consentire loro di compiere scelte responsabili e consapevoli riguardo alla propria salute già durante la detenzione, promuovendone il benessere fisico soprattutto nell’ottica del loro ritorno in società oltre ad offrire al personale sanitario, agli agenti di polizia penitenziaria, agli educatori e ai volontari presenti in carcere la possibilità di sviluppare esperienze e competenze per un’adeguata gestione in sicurezza del loro lavoro quotidiano – spiega Dell’Isola. In forma non tradizionale siamo riusciti ad offrire adeguate informazioni sui comportamenti a rischio nell’ambito di una convivenza forzata anche su temi ancora oggi molto difficili da trattare, perché permeati da stigma, come l’HIV, grazie all’alleanza tra società civile, comunità scientifica, attivisti nella lotta all’HIV e personale penitenziario”.
Una visione al femminile
“Free to live well with HIV in Prison” è stato seguito da un progetto espressamente dedicato alla popolazione femminile. Si chiama ROSE-HIV ed è basato sulla realizzazione di un network nazionale di infettivologi che seguono le donne detenute con infezione da HIV.
Nel primo anno del progetto sono stati raggiunti 17 istituti penitenziari, campione rappresentativo del 43% dell’intera popolazione carceraria femminile; è stato possibile osservare una prevalenza del 5% dell’infezione da HIV (circa il doppio di quella osservata negli uomini detenuti e quasi 30 volte la percentuale delle donne non detenute) con la presenza di coinfezione da HCV del 30%.
“Abbiamo raccolto dati che ci hanno aiutato a conoscere l’infezione da HIV in questo specifico setting per poter poi agire sulle criticità rilevate, come ad esempio il 10% di rifiuto della terapia antiretrovirale”– segnala Elena Rastrelli, medico infettivologo dell’Unità di Medicina Protetta-Malattie Infettive dell’Ospedale Belcolle di Viterbo, ideatrice della rete nazionale sulla salute delle donne detenute nell’ambito della Società di Medicina e Sanità Penitenziaria (RoSe, rete donne simspe) e coordinatrice responsabile del progetto RoSe-HIV. Dal primo progetto, che ha offerto risultati tanto significativi, è stata proseguita l’osservazione con il progetto ROSE-HIV 2 che, sebbene abbia subito delle forti limitazioni nella parte di formazione e comunicazione proattiva, ha potuto osservare l’evoluzione dell’infezione da HIV di pari passo a quella della terapia antiretrovirale, ed ha permesso un ampliamento del network dei centri partecipanti allo studio stesso”.
L’importanza della responsabilità sociale del mondo Pharma
“A sostegno di questoprogetto all’interno degli Istituti penitenziari, c’è la disponibilitàdi un’azienda come ViiV Healthcare. “Occorre combattere lo stigma attraverso la formazione e l’informazione: da qui la nostra decisione di sostenere queste iniziative di SIMSPe a favore della popolazione carceraria, consci che in questi ambiti la prevenzione e il trattamento dell’HIV e di altre malattie infettive sono particolarmente difficili – afferma Maurizio Amato, Amministratore delegato di ViiV Healthcare. La nostra strategia, dalla ricerca fino all’impegno di responsabilità sociale, prevede che “nessuno resti indietro” e consideriamo fondamentale supportare attività che fanno realmente la differenza per le persone che vivono con HIV”.
Fonte: quotidianosanità.it