
di Leo Beneduci_ Mesi fa chiesi ad un alto dirigente del Dap notizie del carcere di Avellino.
“Tutto bene” mi rispose; pensavo che fosse competente e in buona fede, da quella risposta compresi che non era così.
Il carcere di Avellino in termini di sicurezza è più di un “colabrodo” e prestarvi servizio una vera e propria “roulette russa”, la stessa cosa a Firenze-Sollicciano, Torino, Ivrea, Livorno, San Gimignano, Perugia etc. etc., l’elenco potrebbe essere particolarmente lungo e non occorre proporlo in queste pagine.
Di Avellino e di altri luoghi, peraltro, scriveremo ancora e presto, ma sta di fatto che l’Amministrazione, a parte le promesse o forse le “illusioni” di qualche Sottosegretario, non riesce a venirne a capo, neanche con le forfettarie e con l’impegno (a volte neanche mantenuto) di una promozione per meriti eccezionali.
Così come non si riesce più, nonostante disposizioni tassative, a chiudere i detenuti A.S., dal Covid in poi (ma forse anche prima) liberi di muoversi a loro piacimento, tant’è che mi si racconta che, pur di convincerli, in un carcere hanno esteso alla domenica i giorni utili per effettuare, bontà loro, i colloqui, ovviamente con ulteriore sovraccarico per il personale del Corpo.
Da tutto ciò, la presa d’atto da parte di molti e , completamente errata, che i problemi delle carceri e del personale, nell’attuale congiuntura, non possano essere risolti e che di figure migliori ai vertici non se ne possano trovare, tant’è che persino qualche sindacato si è completamente adeguato e resta in completo silenzio.
Per Noi dell’O.S.A.P.P. non è così e giorno dopo giorno stiamo constatando il concreto smantellamento della Polizia Penitenziaria frammentata in vari gruppi e “corpicini” non in grado di contrastare le emergenze criminali che affollano le carceri.
Agli attuali capi, quindi, sarebbe da porre una domanda semplice e diretta: mandereste vostro figlio in trincea sapendo che al vertice c’è qualcuno che opera come voi? Guardatevi allo specchio e rispondetevi con onestà. Mandereste il sangue del vostro sangue a servire in un sistema che voi stessi state svuotando di dignità e risorse?
La realtà è, infatti, sotto gli occhi di tutti: la tradizione intergenerazionale che ha caratterizzato per oltre trent’anni la Polizia Penitenziaria si sta sgretolando. Non è un’opinione, è un fatto. Sempre più Poliziotti penitenziari oggi sconsigliano ai propri figli di intraprendere la stessa carriera che loro hanno scelto con orgoglio anni fa.
Quella della Polizia Penitenziaria è sempre stata una grande famiglia con i limiti e punti di forza di questo nucleo fondamentale dove il passaggio del testimone rappresentava un valore fondamentale, un segno di fiducia nel Corpo e nelle sue istituzioni.
Quel padre che oggi sconsiglia al proprio figlio di indossare la stessa divisa, ci racconta una verità amara che non si può fingere di ignorare. È la condanna più severa di chi comanda al Dap e nei Prap. Non sono le proteste, non sono i sindacati, non sono le denunce pubbliche: è quel sussurro privato, da genitore a figlio, “non fare questo lavoro”, che testimonia il completo fallimento.
È tempo di interrogarsi profondamente su cosa stia accadendo. Prima che sia troppo tardi. Prima che non ci sia più nulla da salvare.
Fraterni saluti a tutti.-
Leo Beneduci – Segretario Generale OSAPP
Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria
Ufficio Stampa OSAPP