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NORME E SITUAZIONI DI SERVIZIO ATTIVO – CASO 3: I PASSEGGI – SVOLGIMENTO E SOLUZIONE

CASO 3

Durante l’immissione nel cortile passeggi un detenuto ruba un acino d’uva dal carrello del porta-vitto e viene emulato dagli altri detenuti che in un crescendo (un acino – un grappolo – l’intera cassetta) si prendono tutta la frutta gettandola sul pavimento alla presenza dell’agente.

 Rompiamo gli indugi e veniamo subito al cuore della questione: non c’è una norma che disciplina le modalità di immissione ai passeggi perché il regolamento di servizio non contempla questa articolazione detentiva e quindi le modalità di movimentazione dei detenuti che, invece, rinveniamo nella norma che disciplina la vigilanza e osservazione dei detenuti addetti alle lavorazioni esterne identificabile nell’art.40 del dpr 82/1999.

Noi stiamo esaminando l’affluenza dei detenuti dalla sezione al passeggio (permanenza all’aperto ex art.10 lp) e, viceversa, dal passeggio alle sezioni; ebbene dello spazio all’aperto ne fa espressa menzione il citato art.40 c.1 nella parte in cui contempla il personale del Corpo di Polizia penitenziaria effettua il servizio di vigilanza sui detenuti addetti ad attività lavorative all’aperto o in appositi locali.

Ora dire all’aperto o in appositi locali, significa all’aperto o al chiuso e questo approccio del legislatore alla disciplina dei servizi non è confortante.

Perché rimonta sempre alla responsabilità del personale di Polizia che in questa norma – che sarà oggetto di specifica sessione – trova la sua massima esplicazione.

In ogni caso, durante la movimentazione dei detenuti addetti alle lavorazioni il responsabile della vigilanza (sic! Abbiamo una nuova figura che non è il preposto o il coordinatore, ma il responsabile) forse perché in caso di evasione questa attribuzione consente di qualificare la responsabilità.

Insomma il responsabile deve distribuire durante l’andata e il ritorno il personale in modo che i lavoranti (così li chiama il regolamento) rimangano sempre sotto controllo.

Esiste una analoga disposizione per i passeggi?

No!

Vengono immessi nelle ore di permanenza all’aperto i detenuti con modalità analoghe a quelle contemplate dall’art.40 cit.?

No!

In ogni caso se un detenuto evade dai passeggi – evenienza tutt’altro che remota – l’addetto alla vigilanza ne è responsabile e non avrà certo vita giudiziaria facile.

Eppure, si potrebbe tentare una diversa lettura delle modalità di immissione ai passeggi, facendo una similitudine con i poliziotti di quartiere (Polizia di prossimità ) che presidiano un parco pubblico che viene aperto e chiuso da altri.

Ai poliziotti in servizio al parco competono funzioni di Polizia di sicurezza e funzioni di Polizia giudiziaria.

In carcere all’apertura dei cancelli dei passeggi potrebbero tranquillamente provvedere gli addetti alle aree trattamentali, posto che in questi spazi si svolgono attività funzionali ai loro compiti d’istituto.

Quindi partendo dal presupposto che l’art.5 della legge 395/1990 stabilisce che il personale di Polizia penitenziaria fa parte delle omonime forze e, si badi, tutela l’ordine e la sicurezza e non le “passeggiate” dei detenuti (perché quando deve aprire e chiudere i cancelli il legislatore lo dice per esempio nel presidio della portineria), appare evidente che gli stessi detenuti potrebbero, in forza dei modelli cui fa riferimento l’art.1 della legge 354/1975 raggiungere autonomamente il passeggio, presidiato da poliziotti di prossimità e verosimilmente anche dall’addetto alla vigilanza armata.

Ora se i ragazzi nel parco rubano prima una bustina di maionese e poi, in sequenza con condotte parcellizzate, tutte le confezioni sull’espositore, imbrattando il suolo pubblico, la Polizia di Stato (che non ha aperto i cancelli del parco durante l’orario di funzionamento) procederà penalmente per furto e per la contravvenzione di cui all’art.674 cp che fa menzione dell’imbrattamento.

Questo sarebbe il ruolo della Polizia penitenziaria in ambito detentivo e non hanno pregio letture diverse perché se ai detenuti della cucina vengono affidati coltelli, ai lavoranti della Mof martelli, chiavi, flex, etc., non si comprende per quale ragione non si possa prevedere se il personale dell’area educativa non può farlo, un “custode dei passeggi” che li apre e chiude “sotto il controllo della Polizia penitenziaria” che, ai sensi dell’art.40 controlla gli addetti alle lavorazioni esterne (che magari sono quelli che con una scala lavorano in prossimità del muro di cinta).

Insomma; ognuno dovrebbe lavorare secondo le proprie competenze.

Il direttore deve disciplinare il passeggio e, ai sensi degli artt. 2 e 3 del dpr 230/2000, avvalersi della Polizia penitenziaria per il presidio delle zone.

Qualora dovessero emerge fatti penalmente rilevanti (ad es. getto pericoloso di cose e furto) allora, ai sensi dell’art.112 Cost (obbligatorietà dell’azione penale ) e dell’art.3 cp obbligatorietà, la Polizia penitenziaria procederà e il direttore, per quei fatti,  agirà disciplinarmente, senza attendere l’esito del procedimento penale (che magari si conclude quando i detenuti sono usciti dal carcere – magari evadendo – perché il regime penitenziario non ha contenuti corrispondenti al paradigma della legge 354/1975).

In conclusione, la partecipazione alle attività di trattamento va letta contestualizzando le funzioni di Polizia all’interno del carcere.

By Magile

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Redazione OSAPPoggi

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