Caso 4 – Attraverso il lancio di una pallina da tennis i detenuti ricevono, dall’esterno, della sostanza stupefacente che viene subito ingerita da alcuni detenuti per eludere i controlli.
Facciamo una considerazione di carattere preliminare: la disciplina degli stupefacenti di cui al dpr 309/1990 prevede l’aumento di pena di 1/3 per i delitti di cui al precedente art.73 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti) se l’offerta o la cessione è effettuata all’interno o in prossimità di carceri.
Ora, partendo da questo dato normativo e dalla ampiezza del fenomeno dell’offerta e cessione di droga in ambito penitenziario, possiamo sviluppare le nostre considerazioni di carattere essenzialmente operativo.
I canali di approvvigionamento delle sostanze stupefacenti, in ambito penitenziario, sono molteplici (ad es. colloqui, corrispondenza, pacchi, operatori….) e le modalità sono svariate (ad es. deposito di un involucro nei bagni dei visitatori per consentire, poi, all’inserviente che effettua le pulizie – magari ammesso all’art.21 lp e quindi “sconsegnato” di recuperarlo ).
La Direzione del penitenziario dovrebbe disciplinare in modo dettagliato ogni aspetto connesso alla prevenzione del prospettato rischio interdicendo l’ingresso di alcuni generi alimentari (ad es. i formaggi a pasta morbida in cui è possibile introdurre della droga non rintracciabile nei controlli, ma di questo si è parlato in una precedente sessione).
Viceversa, quello dei lanci dall’esterno è un fenomeno in espansione e, in alcune strutture, rappresenta una modalità che ha alte probabilità di successo perché non c’è una organizzazione delle attività a monte (servizi specifici antidroga della Polizia penitenziaria, movimentazioni indiscriminate dei detenuti, assenza di adeguate risposte disciplinari, presenza di cellulari attraverso cui si concordano i lanci….).
Il controllo preventivo del cortile “passeggi” da parte del personale di Polizia, prima dell’immissione dei detenuti, è quindi una buona cautela e, qualora nel corso della perlustrazione dovesse rinvenirsi della sospetta sostanza stupefacente, occorre procedere a un sequestro a carico di ignoti.
Ora, dobbiamo esaminare la vicenda del prospettato casa 4 sotto due profili: quello della Polizia di sicurezza (e quindi attività di prevenzione) e quello della Polizia giudiziaria in termini di repressione.
A queste due attività (sicurezza e giudiziaria) se ne affianca una di natura meramente amministrativa di rilevazione delle infrazioni disciplinari a carico dei soggetti eventualmente coinvolti nel traffico e/o nell’assunzione.
Per inciso: i primi potrebbero reiterare il reato per cui sono dentro (mantenendo il ruolo nell’associazione e garantendo una “ filiale”) con buona pace della funzione della custodia cautelare (pericolo di reiterazione dei reati) o della pena definitiva (prospettiva rieducativa o risocializzante).
I secondi (consumatori) sono esposti a debiti, malattie per l’uso di strumenti non sterili e soprattutto esposti a impieghi per accaparrarsi la sostanza (ad es creare eventi per distogliere l’attenzione del personale durante i lanci: una rissa può catalizzare l’attenzione del personale, mentre è in corso un lancio nel passeggio attiguo).
Perché abbiamo definita attività amministrativa quella della Polizia penitenziaria ?
La qualificazione parte dal dato che di fronte ai lanci, l’appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria ha una moltitudine di doveri che spaziano dall’obbligo di informare i superiori (ex artt.24 e 26 dpr 82/1999 per il sequestro della sostanza, le perquisizioni, gli atti di pg ci vuole un ufficiale di pg) a quello di elevare ai sensi dell’art.81 dpr 230/2000 rapporto disciplinare a carico del detenuto.
Si badi che la norma del dpr 230 cit. fa generico riferimento all’operatore e non già esclusivo al poliziotto penitenziario quindi se dovesse accedere un fatto rilevante sotto il profilo disciplinare nell’ufficio del funzionario giuridico pedagogico, nell’infermeria i relativi operatori hanno l’obbligo di procedere.
E’ mai accaduto?
No… e questo deve far riflettere perché se l’accertamento delle infrazioni avvenisse a 360° ne guadagnerebbe il sistema e, a un tempo, si arginerebbero considerazioni malevole sulla intransigenza della polizia penitenziaria.
Nel corso delle attività trattamentali (ad es. la partita di calcio) sarebbe auspicabile se non addirittura conveniente e necessaria, la presenza del funzionario giuridico pedagogico, per una concreta e diretta percezione della adesione dei condannati ai programmi trattamentali e degli imputati alle offerte trattamentali di sostegno.
Ma torniamo al cuore della questione.
In primo luogo la disciplina degli stupefacenti impone alla Polizia giudiziaria che ha cognizione del reato di procedere penalmente (art. 112 Cost per l’obbligatorietà dell’azione penale e 347 cpp) e non ha rilevanza il quantitativo di sostanza o la sua offensività (ad es. un frammento di sostanza che non ha efficacia drogante è comunque oggetto di sequestro perché potrebbe essere indice di cessioni “consumate” o “parcellizzate” per eludere i controlli).
Del resto l’aggravante richiamata in premessa dà consistenza al regime sanzionatorio.
Di notevole rilievo è la previsione di cui all’art.103 del predetto testo unico del 1990 il cui comma 1 è riferito alla Guardia di Finanza ma le previsioni sono estese dal successivo comma 2 a tutta la Polizia giudiziaria per la prevenzione e repressione del traffico di sostanze stupefacenti.
Nei casi di necessità ed urgenza, l’attività può essere svolta d’iniziativa per poi essere comunicata al pubblico ministero.
Questa specifica modalità di controllo – che prevede il rilascio di un verbale al soggetto perquisito – non può essere soppiantata dalle perquisizioni straordinarie previste dalla legislazione penitenziaria, perché vanificherebbe la legittimità delle operazioni e soprattutto l’esito del procedimento penale.
Inoltre, le disposizioni transitorie del cpp in siffatte evenienze ammettono lo svolgimento delle attività da parte degli agenti (e non già alla presenza di almeno un vice sovrintendente)
Una perquisizione straordinaria sarebbe gravida d’inconvenienti.
Viceversa, la riconduzione delle operazioni nell’alveo del testo unico avrebbe adeguata consistenza e potrebbe agevolare una osmosi investigativa con le altre Forze di Polizia che si occupano di “antidroga” perché se i lanci provengono dall’esterno (e quindi c’è un soggetto “libero”) è tutt’altro che remota l’ipotesi che sia inserito in un contesto di trafficanti, magari “ intercettati “ e controllati nelle loro attività.
Ma vi è di più!
E’ importante capire la provenienza della sostanza, il suo principio attivo perché spesso le piazze di spaccio hanno dosi qualitativamente diverse e questo comporta un rischio per l’assuntore (overdose) se, per esempio, è abituato a un principio attivo minore.
Il servizio centrale antidroga della Polizia di Stato fornisce tali dati da cui è agevole rilevare magari che la piazza di spaccio di Napoli ha sostanze con principio attivo diverso da quella di Benevento, Trento da Padova, Firenze da Perugia, etc.….
La questione è di indubbio rilievo e sul versante dell’amministrazione e andrebbe valutata non solo sotto il profilo della organizzazione della vita penitenziaria in modo adeguato rispetto alle esigenze di sicurezza (di cui il Direttore amministrativo è responsabile nei termini di determinazione di cosa si può avere e a quali opportunità i detenuti hanno la possibilità di accedere).
La Polizia penitenziaria ha tutt’altro ruolo: di Polizia appunto e partecipa al trattamento così come quella di Stato partecipa a un evento “di piazza o allo stadio” garantendone lo svolgimento in sicurezza e segnalando i facinorosi.
Una volta delineato quello che si può fare e si può avere in carcere – da parte del Direttore – la Polizia ne garantisce il rispetto attraverso il Reparto.
Ma se questo è il presupposto di chiarezza su cosa e come manca, tutto è poi e nei fatti vanificato: nelle carceri circola droga, i detenuti mantengono la loro attività – spostando la piazza all’interno – i tossicodipendenti continuano ad assumere sostanze con rischi letali, la propagazione di malattie per mancanza di siringhe è elevata, i rischi per il personale sono esponenziali.
Si rammenta, infine, che la normativa sugli stupefacenti è posta a presidio di un reato di pericolo qual è quello della cessione di sostanze.
By Magile
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