Un fenomeno allarmante sta emergendo nelle carceri italiane: laddove mancano nelle carceri medici e conseguenti prestazioni, il “turismo sanitario” dei detenuti sta trasformando i pronto soccorso in veri e propri supermercati della droga legale, intasando gli ospedali e mettendo a rischio la sicurezza pubblica. Leo Beneduci, Segretario Generale dell’OSAPP (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), lancia l’ennesimo grido d’allarme su una realtà che sembra sfuggire a ogni controllo.
“Assistiamo quotidianamente a un esodo di detenuti verso gli ospedali, spesso per motivi futili o orchestrati ma sui quali non sussiste alcuna possibilità di astenersi e non provvedere da parte del personale di Polizia penitenziaria che esegue gli accompagnamenti” denuncia Beneduci. “Il pronto soccorso è diventato il luogo dove i detenuti vanno a procurarsi la ‘droga dei poveri’ come ad esempio il Rivotril, intasando le strutture e intralciando la gestione dei codici rossi. È un abuso del sistema che non possiamo più tollerare.”
Il quadro dipinto da Beneduci è preoccupante: i ristretti creano diversivi come simulazione di malori o gesti autolesionistici per essere trasportati in ospedale, trasformando le visite mediche in occasioni per incontrare complici o ottenere prescrizioni di farmaci d’abuso. Questo comportamento non solo mette a rischio la sicurezza delle strutture carcerarie, ma compromette anche l’efficienza del sistema sanitario nazionale.
“È un paradosso inaccettabile”, prosegue il leader sindacale. “Abbiamo detenuti che possono permettersi parcelle legali da 30.000 euro ma sono esentati dal pagamento delle prestazioni sanitarie, mentre cittadini meno abbienti faticano ad accedere alle cure gratuite. Questo ‘comunismo sanitario’ distorto nelle carceri è un insulto al principio di equità.”
L’OSAPP evidenzia una serie di criticità:
1. Personale medico penitenziario spesso giovane e inesperto, impreparato a gestire situazioni complesse.
2. Alta concentrazione di tossicodipendenti e malati psichiatrici nelle carceri, che richiedono competenze specialistiche.
3. Rischi durante il trasporto dei detenuti, con potenziale responsabilità per la Polizia Penitenziaria.
4. Abuso del sistema: detenuti che rinunciano alle visite senza penalità, spesso in concomitanza con eventi in carcere dove hanno altri impegni come la finale di calcetto o il colloquio.
5. Prescrizione eccessiva di farmaci potenzialmente d’abuso da parte dei medici del pronto soccorso.
“Chiediamo un intervento urgente del Ministero della Salute e della Giustizia”, conclude Beneduci. “Servono protocolli più stringenti per gli invii ospedalieri, un potenziamento della medicina penitenziaria e una revisione del sistema di esenzione dalle spese sanitarie. Le carceri non possono diventare un’autostrada verso un sistema sanitario già al collasso.”
L’appello dell’OSAPP è chiaro: senza un’azione immediata, il “turismo sanitario” carcerario rischia di compromettere non solo la sicurezza delle strutture detentive, ma anche l’efficienza dell’intero sistema sanitario nazionale. È tempo di ripristinare un equilibrio tra il diritto alla salute dei detenuti e la necessità di un uso appropriato ed equo delle risorse pubbliche.
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